Il trionfo della morte
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Il trionfo della morte è un romanzo di Gabriele D'Annunzio.
Esso va risolutamente nella direzione del romanzo psicologico, incentrandosi tutto sulla visione soggettiva del protagonista, sull'esplorazione della sua coscienza travagliata. L'intreccio dei fatti si fa oltremodo scarno, sostituito dalla dinamica dei processi interiori: si può dire che la vicenda si svolga tutta dentro la mente di Giorgio Aurispa, e, se fatti esterni sono rappresentati, vengono offerti solo attraverso la particolare coloritura ad essi conferita dalla sua ottica.
Tale impostazione narrativa è richiesta dalla particolare fisionomia dell'eroe scelto da D'Annunzio, che nella sua debolezza psicologica rifiuta il mondo sociale e si chiude gelosamente nel suo io: per questo è inevitabile che la vicenda romanzesca si svolga tutta nella sua mente e che la realtà esterna non possa più essere fatta oggetto di rappresentazione diretta
La forma del romanzo rigorosamente soggettivo adottata da D'Annunzio è dunque una soluzione imposta dall'assunzione del protagonista "inetto", malato, intimamente corroso nelle sue forze vitali.
In secondo luogo nel Trionfo della morte viene portato al limite estremo l'impianto simbolico che già era ravvisabile nel Piacere. Il racconto è percorso da una fitta trama di immagini simboliche: si apre con un suicidio, che è una chiara prefigurazione di quello finale di Giorgio; torna periodicamente l'immagine della bocca sensuale di Ippolita, paragonata a un fiore, allusiva all'ossessione di essere inghiottito e distrutto che assilla l'eroe; questi resta profondamente turbato sia dalla vista di un bambino la cui vita è "succhiata" dalle streghe, nel paesino abruzzese in cui si è rifugiato con Ippolita, sia da quella di un bambino annegato: in entrambi i casi vi è un evidente identificazione con le vittime, e ricompare l'ossessione di essere risucchiato, inghiottito da una potenza ostile, che si associa al terrore della morte per acqua.