Enrico di Cornovaglia
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Enrico di Cornovaglia (in inglese Henry of Almain per le relazioni con la Germania del padre, 1235 - Viterbo, 13 marzo 1271), era figlio di Riccardo di Cornovaglia, Re dei Romani e fratello minore del Re Enrico III d'Inghilterra.
«Lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola»
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(Dante Alighieri, Inferno XII, 120)
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Come cugino sia di Enrico III che di Simone V di Montfort, si ritrovò suo malgrado immischiato nella Seconda guerra dei baroni. Si schierò con i realisti e fu tra i prigionieri fatti a Lewes nel 1264, ma venne in seguito rilasciato.
Nel 1268 fu inviato dalla Sicilia, dove si trovava, in missione in Guascogna per pacificare la regione che viveva in una sorta di anarchia. Partì con Filippo III di Francia e Carlo d'Angiò.
Il 13 marzo del 1271, durante una sosta a Viterbo, mentre stava assistendo alla messa nella chiesa di San Silvestro, venne improvvisamente raggiunto dai suoi cugini Guido e Simone di Montfort il giovane, i quali desideravano vendicarsi su di lui dell'affronto subito dal re inglese che aveva ucciso e umiliato i cadaveri di loro padre e loro fratello dopo la battaglia di Evesham. Enrico fu brutalmente ucciso con ferite da spada mentre cercava di rifugiarsi all'altare, in undelitto che per l'efferatezza destò molto scalpore in tutta Europa. Dante Alighieri riprese l'episodio per una parafrasi per indicare Guido di Montofort tra gli omicidi. Egli parla del cuore di Enrico riprendendo una trattazione di Giovanni Villani, come esso fosse ancora sul Tamigi dove colasse (l'espressione è ambigua e può significare sia che il cuore è venerato, sia che non è ancora vendicato, perchè il Montfort non fu mai punito per quell'omicidio). Infatti il Re d'Inghilterra avrebbe ottenuto il cuore del cugino e l'avrebbe messo in un'urna dorata su una colonna del Ponte di Londra.