Diarchia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Per Diarchia (dal greco dìs doppio, arché comando) si intende un sistema di governo in cui due persone, o due soggetti giuridici, esercitano lo stesso potere (in genere il potere esecutivo) con pari dignità e autorità. Esempi di diarchia sono ritrovabili in tutto l'arco della storia. Non sempre con esiti positivi per le popolazioni soggette a questa forma di governo. I diarchi infatti, essendo in genere espressione di fazioni o famiglie potenti, cercano di prevalere l'uno sull'altro con la concreta possibilità di generare una guerra civile.
Nell'antica Sparta si ha un esempio di diarchia quando regnarono insieme Agiadi ed Europontidi.
Passando a Roma, la prima diarchia citata dagli storici si vede già nei primi anni dalle fondazione della città. La diarchia Romolo - Tito Tazio, instaurata dopo la guerra di Roma con i Sabini che segui il famoso "ratto", si protrasse per alcuni anni, fino a quando Tazio venne ucciso da una famiglia nemica e Romolo non intervenne né in sua difesa né per vendicare il collega.
Con l'instaurazione della Repubblica Romana, il potere venne affidato a due consoli che si alternavano alla guida del governo e dell'esercito.
Pur teorizzando la parità di dignità e di diritti non sempre il potere diarchico veniva gestito alla condizioni previste. Famoso caso di prevalenza di un diarca sull'altro è quello di Giulio Cesare il cui "carisma" nel 59 a.C. fu eccessivo per il collega Marco Calpurnio Bibulo che non riuscì a sostenere la lotta, ritirandosi in casa. Si parlò allora, ironicamente, del consolato di Giulio e Cesare.
Il governo diarchico fu presente anche nel periodo imperiale con le figure di Marco Aurelio e Lucio Vero. Da non confondere con la divisione dei poteri imperiali escogitata da Diocleziano (addirittura Tetrarchia = quattro comandi) quando la gestione del troppo vasto Impero romano fu divisa fra Impero Romano d'Oriente e Impero Romano d'Occidente e ogni impero vedeva la presenza di un "Augusto" e un "Cesare". In questo caso la gestione del potere supremo all'interno di ciascuno dei due imperi non era condivisa.
Nel basso impero bizantino si verificarono alcuni casi di associazione alla massima carica come Costantino VII Porfirogenito e Romano I Lecapeno anche se probabilmente si trattava di un modo di aggirare le leggi dinastiche senza provocare la morte dello spodestato.
Altre diarchie istituzionalizzate sono i "Consoli" e i "Capitani del popolo" della medievale Repubblica di Genova e, anche ai giorni nostri, i Capitani Reggenti della Serenissima Repubblica di San Marino.
[modifica] Formazione
In genere le diarchie si formano quando nessun potere riesce a prevalere su un altro e i due più forti contendenti si accordano per la sua gestione. Ad esempio si può osservare la diarchia Imperatore-Chiesa in quasi tutta la storia dell'Impero di Bisanzio. Il potere di interdizione del Patriarca della chiesa bizantina nei confronti degli imperatori, in genere piuttosto deboli sul piano politico, fermò qualunque tentativo imperiale di trovare alleanze a aiuti in Occidente -contro gli Arabi prima e contro i Turchi Selgiuchidi poi- in cambio della riunificazione della Chiesa Ortodossa con la Chiesa Cattolica. Riunificazione che sarebbe andata a scapito del Patriarcato di Bisanzio.
Nel medioevo europeo si può osservare un tentativo diarchizzante nella Lotta per le investiture. Anche in questo caso per lungo tempo il potere è stato gestito da due centri: l'imperatore del Sacro Romano Impero e il Papato, fino alla definizione del principio cuius regio eius religio che riuscì (per qualche tempo) a decidere quale dei diarchi dovesse prevalere e su quali basi teoretiche e politiche.
Il termine diarchia è stato usato anche a proposito del regime fascista, con l'acquisizione da parte di Benito Mussolini di alcune prerogative spettanti precedentemente al re.