Alessandro Pavolini
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Alessandro Pavolini (Firenze, 27 settembre 1903 - Dongo (Como) 28 aprile 1945).
Giornalista e uomo politico italiano. Fu ministro della Cultura popolare e segretario del Partito fascista repubblicano.
Figlio del poeta e filologo Paolo Emilio Pavolini (studioso di lingue nord orientali europee e professore di sanscrito), si iscrive nel 1920 al Fascio di Firenze, partecipa a varie azioni squadristiche e due anni dopo alla "Marcia su Roma".
Nel 1924 Alessandro Pavolini si laurea in legge e in scienze sociali; successivamente ricopre vari incarichi negli istituti di cultura e negli organismi giovanili fascisti. Collabora a “Battaglie fasciste”, “Rivoluzione fascista” e a “Critica fascista”.
Dal 1929 al 1934 è segretario della federazione provinciale del PNF di Firenze e direttore de “Il Bargello”, settimanale della stessa federazione. Tra il 1926 e il 1932 fa tre sporadici interventi su “Solaria” e collabora saltuariamente a riviste letterarie.
Nel 1934 è eletto deputato e collabora con Giuseppe Bottai all’ideazione dei Littoriali della cultura e dell’arte. Dal 1934 al 1942 collabora stabilmente al “Corriere della sera” come inviato speciale.
Dal 29 ottobre 1934 al 23 novembre 1939 è presidente della Confederazione fascista dei professionisti e artisti e membro del consiglio nazionale delle Corporazioni. Partecipa alla guerra d'Etiopia come tenente osservatore nella squadriglia comandata da Galeazzo Ciano, denominata “la Disperata”, e come inviato speciale del “Corriere della sera”. Dal 31 ottobre 1939 è ministro della Cultura Popolare, incarico che lascia l’8 febbraio 1943 quando diventa direttore de Il Messaggero.
All'attività politica di Pavolini si accompagna l'attività letteraria con la pubblicazione di saggi come Disperata (1937) e racconti o romanzi come Scomparsa d’Angela (1940).
Dopo l’8 settembre 1943 aderisce alla Repubblica Sociale Italiana. Diventa segretario del Partito Fascista Repubblicano, partecipa alla stesura del Manifesto di Verona e fonda le Brigate Nere. E’ un "irriducibile" (a tale proposito lo si ricorda come "il Superfascista") ed è sostenitore della proposta di ritirare in Valtellina tutte le truppe ove sostenere l’ultima disperata resistenza contro gli Alleati.
Insieme ad alcuni militi e al comandante della Brigata Nera di Lucca, Idreno Utimperghe, si unisce all'autocolonna di Mussolini in ritirata verso Como. Una volta che i partigiani bloccano l'autocolonna nei pressi di Dongo, Pavolini rifiuta di arrendersi e si rifugia nelle acque del lago di Como continuando a sparare da uno scoglio. Viene però ferito e catturato dai partigiani. Sarà fucilato insieme agli altri nel porticciolo di Dongo (Como) il 28 aprile 1945.