Testamento di Lenin
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La Lettera al Congresso, conosciuta sotto il nome di "Testamento" fu scritta da Lenin nel dicembre 1922 .
Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politica.
Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più importanti.
In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del Comitato Centrale portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro Comitato Centrale nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).
Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan , andando così incontro, fino a un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotski.
Per quel che riguarda il primo punto, cioè l'aumento del numero dei membri del Comitato Centrale, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del Comitato Centrale, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del Comitato Centrale possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.
Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del Comitato Centrale e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da parte di essa.
Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.
Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia MysI aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.
Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla stabilità del nostro Comitato Centrale. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.
Intendo stabilità come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di considerazioni di natura puramente personale.
Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del Comitato Centrale come Stalin e Trotski.
I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del Comitato Centrale a 50 o a 100 persone.
Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il Comitato Centrale nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale Comitato Centrale, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.
Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale Comitato Centrale possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente.
Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.
Dei giovani membri del Comitato Centrale, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica
Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.
Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.