Le fate ignoranti
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Le fate ignoranti | |
Titolo originale: | Le fate ignoranti |
Paese: | Italia |
Anno: | 2001 |
Durata: | 106' |
Colore: | colore |
Audio: | sonoro |
Genere: | drammatico |
Regia: | Ferzan Ozpetek |
Sceneggiatura: | Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli |
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Fotografia: | Pasquale Mari, Pascal Marti |
Montaggio: | Patrizio Marone |
Effetti speciali: | Pasquale Catalano, Massimo Ciaraglia, Fabio Traversari |
Musiche: | Andrea Guerra Tiromancino Due destini Joan Baez Gracias a vida Stefania Rotolo Cocktail d'amore |
Scenografia: | Bruno Cesari |
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Le fate ignoranti è un film di Ferzan Ozpetek del 2001, con Margherita Buy e Stefano Accorsi.
Indice |
[modifica] Il film
Con Le fate ignoranti Ozpetek, il regista di origine turca ma da lunghi anni trapiantato in Italia torna sul tema della omosessualità ricorrendo a modalità estremamente tenui e delicate che arrivano a trattare aspetti composti e diversificati della umanità dei protagonisti come la solitudine, la famiglia, il distacco causato da una scomparsa; aspetti che vengono affiancati, integrati e trattati con risultati pero' non sempre soddisfacenti e che spesso non superano quella che potrebbe definirsi una piacevole sensazione di calore e di generica simpatia.
Coprodotto con capitali francesi, il film è uno dei grandi successi della stagione cinematografica 2001, un'annata che qualcuno indichera' come particolarmente prolifica per il cinema nostrano e che oltre al film di Ozpetek vedrà primeggiare in incassi le pellicole di Gabriele Muccino e di Nanni Moretti.
Il film sancisce la consacrazione di Stefano Accorsi come nuova icona maschile del cinema italiano e conferma Margherita Buy come dotata interprete di ruoli drammatici, i due riceveranno il Nastro d'argento come migliore interpreti maschile e femminile.
Dal punto di vista della sceneggiatura e dello sviluppo narrativo, la pellicola sembra terminare nella prima parte le aspettative e le spinte propulsive che si erano andate accumulando nelle prime scene; il film si arena palesemente nella seconda parte quando trovano eccessivo spazio nel racconto sentimentalismi spiccioli, cospicue incertezze irrisolte e ingenui luoghi comuni che quasi testimoniano una conoscenza contradittoria da parte dell´autore del contesto umano trattato. Inspiegabilmente alcuni elementi che avevano arricchito sostanziosamente la prima parte della pellicola, scompaiono, si dileguano nella seconda, come ingenuamente dimenticati dalla voglia di dire dell'autore, dalla foga di raccontare il misto di insicurezza ed attrazione dei protagonisti circondati dalla umanità nuova e pulsante che abita la casa. È il caso ad esempio del quadro, il dipinto che dà il titolo al film e che sembrerebbe essere opera personale del regista, ispiratosi forse ad un schizzo omonimo di Magritte. Esso scompare totalmente una volta espletata la sua funzione. Indubbiamente il quadro sostiene tutta la tensione della prima parte, si carica del mistero e delle domande che circondano la vita della protagonista ed il titolo del dipinto a sua volta, nel suo quasi ossimoro, nasconde in filigrana la visione del film, la visione di un gruppo di emarginati, di ignoranti che nella loro specificita' e nella loro irregolarita', riescono a infondere magia ad una esistenza che per i piú rimane solo dramma.
Alcuni critici severi parlano, forse malevolmente, di melodramma decoroso ma è indubbio che il film riesce egualmente a proporre sentimenti e visioni anche se il rigore della prima parte non viene confermato nella seconda. Il regista, in alcune interviste rilasciate sull'onda del successo riscosso, parla di autobiograficitá di molti riferimenti, soprattutto quelli che coinvolgono la famiglia e il modello alternativo di famiglia allargata che nella pellicola viene proposto, ecco che allora le superficialità conclusive potrebbero spiegarsi con la foga eccessiva che coglie a volte chi vuole narrare, raccontare una universalita' vissuta, mediante un linguaggio cinematografico non sufficientemente strutturato.
Il film viaggia su continui richiami ad altre opere registiche che sicuramente rappresentano il background culturale dell' autore. L'avvio è segnato da una reminiscenza di Vestito per uccidere, di Brian de Palma, mentre a pochi sara' sfuggita l'analogia tra la ricerca che Antonia compie nella prima parte del film e quella di Julie in Tre colori: Film Blu di Krzysztof Kieślowski. Piú in là il film sposa atmosfere di commedie decisamente almodovariane mentre alcune composizioni cromatiche e la rappresentazione urbana volutamente labile ricordano le atmosfere positive di Silvio Soldini.
Il film si fa apprezzare anche per il suo finale irrisolto che lascia spazio ad un originale invito alla tolleranza e alla solidarietá umana, quando tutti i veri protagonisti della pellicola, abbandonati i panni della finzione, partecipano alla sfilata del Gay pride che si svolse a Roma nel giugno del 2000.
La colonna sonora è un sapiente collage di brani leggeri contemporanei, sonorità latine, turche e dimenticati successi degli anni 80.
[modifica] Trama
Antonia (Margherita Buy), un medico specializzato nella cura dell'AIDS, e suo marito Massimo sono una giovane coppia di ultra trentenni, socialmente affermati, che sembrano vivere un legame intenso e perfetto seppur abbastanza routinario, disturbato solo dal difficile rapporto che la donna vive con la propria madre (Erika Blank).
La tranquilla quotidianità di Antonia viene irreparabilmente sconvolta quando Massimo muore improvvisamente, travolto da un auto. Il distacco violento dal marito getta la donna in un cupa disperazione, in un lutto profondo che le impedisce di reagire e rende ancora più difficili i rapporti con il genitore, anch´essa vedova da lungo tempo.
Tra gli oggetti personali che, in una pausa della depressione, ritira presso l´ufficio dove Massimo lavorava, Antonia scopre un quadro con dedica che la pone sulle tracce di una amante misteriosa della quale naturalmente la giovane donna ignorava l'esistenza.
Le ricerche che Antonia conduce la porteranno a scoprire una realtà assai lontana da ogni immaginazione, una realtà parallela che Massimo viveva da tempo in perfetta clandestinitá e che lo vedeva legato ad un uomo, Michele (Stefano Accorsi), un giovane operaio impiegato presso il mercato ortofrutticolo generale e alla variopinta comunità di omosessuali della quale Michele è membro, una vera e propria famiglia allargata che abita una mansarda accogliente in un edificio popolare al centro di uno dei quartieri piú caratteristici della Roma contemporanea: il quartiere Testaccio.
Attraverso il contatto e l'impatto con la realtà scomoda rappresentata dal gruppo di omosessuali, mitigati però dalla condivisione del ricordo di Massimo, Antonia subisce un processo di maturazione personale e di affrancamento dagli schemi borghesi che rappresentavano certamente la sua gabbia dorata. La donna si ritroverà in certi momenti a condividere a tal punto con Michele l'immagine del marito scomparso che sarà tentata di trasfigurare nel giovane omosessuale il sentimento che le è stato negato con la morte del congiunto.
Sarà solo il viaggio lungo e liberatorio di Antonia l'esperienza che ristabilirà equilibrio tra i due e che confermerà la donna in una visione rinnovata e più aperta della propria esistenza.
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