Goffredo Parise
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Goffredo Parise (Vicenza, 8 dicembre 1929 - Treviso, 31 agosto 1986) iniziò presto l'attività giornalistica, lavorando per quotidiani come l'"Alto Adige" di Bolzano, l'"Arena" di Verona e il "Corriere della Sera".
La sua opera di scrittore spazia dagli esordi surreali di "Il ragazzo morto e le comete" (1951) e "La grande vacanza" (1953) al realismo della trilogia veneta costituita dai romanzi "Il prete bello" (1954), "Il fidanzamento" (1956) e "Atti impuri" (1959, pubblicato originariamente col titolo "Amore e fervore" per volontà della casa editrice, nel 1972 col titolo scelto dall'autore). In questi tre libri Parise racconta una provincia veneta fatta di (falsa) devozione religiosa, di ipocrisia e calcolo politico: si pensi alla storia del prete fascista don Gastone Caoduro, uno dei più clamorosi bestseller del dopoguerra.
La lingua riesce a rendere tutte le sfaccettatture della realtà quotidiana, la sua ripetitività ma ne fa emergere, al tempo stesso, gli aspetti più insoliti, gli esiti più inattesi. Questo connubio di realismo e tendenza alla deformazione grottesca trova un esito significativo nel romanzo "Il padrone" (1965), parabola di un impiegato che finisce per essere plagiato dalla personalità del suo capoufficio, all'insegna di un paradossale contatto di Parise col filone della letteratura industriale che in quegli anni vedeva impegnati autori come Ottiero Ottieri e Paolo Volponi.
Seguirono i racconti di "Il crematorio di Vienna" (1969) e l'opera di teatro "L'assoluto naturale" (1967). In "Sillabario n. 1" (1972) e "Sillabario n. 2" (1982), con cui si aggiudica il premio Strega, lo scrittore dedica un breve racconto ad ogni sentimento, in ordine rigorosamente alfabetico, riscoprendo in questo modo, dopo tanti viaggi e tante esperienze, il valore più autentico delle emozioni. In quest'ottica va interpretato anche l'ultimo, discusso romanzo "L'odore del sangue", tanto sensuale e violento quanto affascinante, apparso postumo nel 1997.
La grande bravura del Parise giornalista emerge da alcuni vivacissimi reportages di viaggio, come "Cara Cina" (1966), "Due, tre cose sul Vietnam" (1967) e il libro dedicato al Giappone "L'eleganza è frigida" (1982). A confermare la grande curiosità di Parise, la sua disponibilità a confrontarsi con codici espressivi diversi sono anche numerose collaborazioni cinematografiche, in qualità di sceneggiatore, da "L'ape regina" (1963) di Marco Ferreri a "Ritratto di borghesia in nero" (1978) di Tonino Cervi.
Legato a una tradizione letteraria vicentina che parte da Antonio Fogazzaro e arriva a Guido Piovene di cui fu grande amico, Parise è riuscito a raccontare la realtà in cui fin dall'infanzia, come figlio illegittimo (fu riconosciuto a 8 anni dal giornalista che aveva sposato in seconde nozze la madre), si è trovato a vivere: una realtà fatta spesso di pregiudizi, di piccole e grandi viltà che i suoi personaggi affrontano con un feroce (spesso dolceamaro) sarcasmo e una tenace voglia di vivere.