Furto
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Furto | |
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Art.: | 624 c.p. |
Competenza: | tribunale monocratico |
Procedibilità: | querela; d'ufficio nelle ipotesi del III° co. |
Arresto: | facoltativo |
Fermo: | no |
Pena prevista: | reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da euro 154 a 516 |
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Il furto, in diritto penale, è il reato previsto dall'art. 624 ai sensi del quale: chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé e per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a 526.
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7 e 625
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[modifica] Cenni storici
[modifica] Il furto nel diritto romano
Nella sistemazione classica del diritto romano, si ha furtum qualora qualcuno tenga nei confronti di una cosa, oggetto di un diritto reale altrui, un comportamento doloso contrario alla volontà del titolare, lesivo di tale diritto reale e tendente ad assicurarsi un lucro. Tale è la defiizione, famosissima, del giurista romano Paolo: "Furtum est contrectatio rei fraudolosa vel ipsius rei vel etiam usus eius possessionisve, quod lege naturali prohibitum est admittere. "
Ma questa nozione è il frutto di una evoluzione secolare del concetto di furtum. Nel diritto romano più risalente la repressione del furtum era affidata alla vendetta del pater familias (o pater gentis nell'età più antica), il quale poteva uccidere o fare suo schiavo colui che lo avesse derubato.
La legge delle XII tavole introdusse la distinzione tra furtum manifestum e furtum nec manifestum.
- Nel primo caso, furtum manifestum, qualora il ladro fosse un libero la pena consisteva nella fustigazione e nella addictio del derubato pronunciata dal magistrato, o, in caso di conciliazione, ad una pena pecuniaria. Qualora il ladro fosse un servo la pena era sempre capitale e comportava la fustigazione e la morte per caduta dalla rupe Tarpea.
- Nel secondo caso, furtum nec manifestum, la pena era solo pecuniaria (il duplum rispetto al valore dell'oggetto del furtum).
La disparità delle pene previste per le due categorie di furto dalle XII tavole costituiva una tale irragionevolezza che il pretore romano sentì ben presto l'esigenza di avvicinare i due regimi sanzionatori, e applicò la pena pecuniaria anche al furtum manifestum (sebbene non in duplum ma in quadruplum).
Nel diritto giustinianeo sono previste due specie di furto: il furto manifestum, punito in quadruplum e il furto nec manifestum punito in triplum.
[modifica] Elementi
[modifica] Oggetto
L'oggetto tutelato dall'ordinamento e proprio del reato in questione, è il possesso di una cosa mobile altrui. Sia il legislatore, parlando si spossessamento, sia la maggioranza della dottrina ravvisano una lesione dell'interesse del possessore, a parte qualche autore dell'idea che il furto sia una violazione della proprietà: tuttavia il reato non sempre comporta uno svantaggio per il proprietario, specialmente quando questi non è contemporaneamente il possessore. Al possessore spetta, pertanto, il diritto di querela.
L'oggetto materiale dell'azione del furto è necessariamente una cosa mobile. Tale cosa deve essere suscettibile di valore di scambio (pecuniario o affettivo). Tra le cose mobili vengono inserite anche le energie naturali (energia elettrica, gas, energia termica), purché costituiscano una sottrazione ad altri soggetti (le onde radio possono essere percepite da tutti). Da quanto detto, ne deriva che i beni immobili non rientrano nell'ambito di applicazione di questo reato, ma sono disciplinate da altri istituti giuridici.
[modifica] Azione
L'azione esecutiva che costituisce il reato, è l'impossessamento del bene altrui: questo impossessamento deve essere seguito senza minaccia o violenza, per non trapassare nell'ipotesi di rapina.
Stabilire quando si verifica l'impossessamento ha creato varie correnti di pensiero storiche:
- Porre la mano sulla cosa altrui
- Spostamento della cosa altrui dal luogo in cui si trova (teoria dell'amotio)
- Asportazione della cosa altrui fuori dalla sfera di custodia del possessore (teoria dell'ablatio)
- Trasporto da parte del ladro della cosa rubata nel luogo prestabilito (teoria dell'illazione)
L'attuale codice, all'art. 624, parla esplicitamente di sottrazione e impossessamento. La sottrazione presuppone la mancanza di possesso da parte del ladro e il dissenso ovvio del possessore. Sebbene giurisprudenza e gran parte della dottrina ritengano la sottrazione elemento unico e caratterizzante dell'azione, chiari autori come Antolisei da tempo evidenziano varie lacune di questo tipo di interpretazione, proponendo visioni più coerenti, ovvero il perfezionamento del reato che si consuma con l'impossessamento del bene già sottratto, poiché non sempre i due momenti coincidono, dando oltretutto più portata d'applicazione all'aspetto del tentato furto. Per la consumazione del reato è sufficiente che la cosa sottratta sia passata sotto il dominio esclusivo dell'agente anche se per breve tempo e senza spostamento dal luogo della sottrazione. In tal senso si è espressa la Cassazione Sez. VI, 7 aprile 2005, n.22588, fattispecie nella quale l'autore del furto, dopo aver sottratto il corpo del reato dalla cassaforte dell'ufficio, lo aveva riposto all'interno della propria autovettura posteggiata nel cortile dell'edificio, essendo poco dopo sorpreso dalle Forze dell'ordine.
[modifica] Soggetto
Il dolo richiede la coscienza, la volontà di impossessarsi della cosa mobile e l'intenzione di trarne profitto.
[modifica] Furti minori
[modifica] Testi normativi
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