Dies irae (film)
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Dies irae | |
Thorkild Roose e Lisbeth Movin. |
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Titolo originale: | Vredens Dag |
Paese: | Danimarca |
Anno: | 1943 |
Durata: | 105' |
Colore: | B/N |
Audio: | sonoro |
Genere: | drammatico |
Regia: | Carl Theodor Dreyer |
Soggetto: | Hans Wiers-Jenssens |
Sceneggiatura: | Carl Theodor Dreyer |
Produzione: | Carl Theodor Dreyer, Tage Nielsen |
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Fotografia: | Karl Andersson |
Montaggio: | Anne Marie Petersen, Edith Schlussel |
Musiche: | Poul Schierbeck |
Scenografia: | Erik Aaes |
Costumi: | Karl Sandt Jensen, Olga Thomsen |
Si invita a seguire lo schema del Progetto Film |
Dies irae fu girato da Carl Theodor Dreyer, nel 1943 mentre la Danimarca era occupata dai nazisti.
Tratto dal romanzo Anne Pedersdotter(1906) del norvegese Hasn Wiers-Jenssen, è il quarto film sonoro di Dreyer ed è considerato come una delle massime espressioni del suo cinema.
Indice |
[modifica] Trama
Nella Danimarca del 1623, il pastore di una piccola comunità, Absalon Perderssön è sposato con la giovane Anne.
Quando Anne era ancora una bambina, sua madre venne scagionata dall'accusa di stregoneria, proprio per intervento del rispettatissimo pastore.
Marte Herlofs è un'anziana che, accusata di essere una strega, evita il linciaggio rifugiandosi in casa di Absalon.
È convinta di ricevere protezione perché sa del segreto di Absalon. Il vecchio pastore infatti salvò la mamma di Anne pur sapendo che fosse una strega, proprio per poter avere un giorno la mano di sua figlia.
Marte invoca l'aiuto di Anne, rendendola cosciente delle sue ascendenze da strega, poi confessa e viene portata al rogo, senza svelare il segreto di Absalon.
Absalon è sempre più tormentato dal suo passato mentre Anne, che intanto mostra interessi per le arti magiche, si lascia andare all'amore per il figliastro Martin.
Quando rivela a suo marito la verità, il suo desiderio di liberarsene si avvera: Absalon muore improvvisamente. Merete, l'anziana madre del pastore, la accusa di maleficio e finisce per convincere lo stesso Martin della natura di strega della sua amante/matrigna.
Il dolore dato dalla fiducia mancata del suo amante fa venir meno ad Anne la voglia di lottare di fronte ad accuse ingiuste e oltraggiose. Così in un finale tragico e sorprendente, la donna si autoaccusa e, con un coraggio esemplare, si prepara al rogo.
[modifica] Commento
Il rigore stilistico di Dreyer raggiunge una delle vette più elevate in questa perfetta ricostruzione storica della Danimarca del seicento.
Ricorrono alcuni temi cari al regista e già presenti ne La passione di Giovanna d'Arco.
Esplicita la condanna all'intolleranza, alla superstizione e all'insensibilità umana, ma è nel gioco psicologico molto profondo e pieno di ambiguità che questo film sorprende continuamente concludendo con un atto eroico la vita di un personaggio che, sino a quel momento, tutto aveva fuorché dell'eroina.
Non risulta riduttiva nell'analisi dei tanti significati di questo film, la contestualizzazione con il momento nel quale la pellicola è stata girata. La Danimarca era sotto il dominio nazista, dopo che, tre anni prima, aveva subito un'invasione con una rassegnazione che fa il paio con l'accettazione del dolore di Anne, condannata ingiustamente.
[modifica] Curiosità
- Il titolo lo si deve al canto da requiem che accompagnava al rogo i condannati, appunto il Dies irae, il cui testo è citato in apertura e in chiusura.