Aonio Paleario
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Aonio Paleario (Veroli, 1503 - Roma, 3 luglio 1570) fu un umanista e un riformatore religioso italiano, bruciato sul rogo come eretico.
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[modifica] Biografia
Aonio Paleario, latinizzazione di Antonio della Pagliara, nacque dal magister, artigiano salernitano, Matteo della Pagliara e da Clara Jannarilli. Fino a diciassette anni studiò sotto un amico di famiglia, il notaio verulano Giovanni Martelli, che lo istruì nella grammatica e nei classici latini.
Nel 1520 è a Roma, per studiare, fino al 1527, nell'Università della Sapienza, letteratura greca e latina e filosofia. Dovette avere per professore di latino il poeta Pierio Valeriano, autore di un De litteratorum infelicitate, per professore di greco Pietro Alcionio, e come insegnante di filosofia l'averroista Ludovico Boccadiferro.
Introdotto nell'ambiente romano dallo stesso vescovo di Veroli, Ennio Filonardi, Aonio frequentò le nobili case dei Cesarini, dei Maffei e dei Frangipane, ove dovette ascoltare ed esprimere le proprie convinzioni su temi dibattuti come quelli dell'immortalità dell'anima, del libero arbitrio o della lingua letteraria. Un incidente nella casa del cardinale Alessandro Cesarini, che lo cacciò accusandolo di avergli sottratto dalla biblioteca certe note filologiche sulla Storia di Roma di Livio, fu forse decisivo per fargli abbandonare la città nel 1529 per andare a Perugia a visitare il Filonardi, governatore da quello stesso anno della città umbra su incarico di papa Clemente VII.
[modifica] Il soggiorno a Padova
Il Paleario declina la proposta del Filonardi di un incarico di insegnante di latino nell'Università perugina: diretto a Padova, il 27 ottobre 1530 giunge a Siena dove si trattiene per un anno, ospite della ricca e importante famiglia di Antonio Bellanti. Ma è l'importante Studio di Padova, centro della filosofia aristotelica in Italia, che attira gli interessi del giovane che conta di intrattenervisi a lungo: per questo motivo, fatti vendere i beni posseduti a Veroli, nell'autunno del 1531 giunge nella città veneta.
Si tratterrà a Padova fino all'11 febbraio 1536, con un'interruzione di poco più di un anno, nel 1533, richiamato a Siena per assistere il Bellanti, dei quattro figli del quale sarà precettore. A Padova frequenta il noto Pietro Bembo, Lazzaro Bonamico, molto amico del cardinale Reginald Pole il quale risiedette tra Padova e Venezia dal 1532 al 1536, e in particolare dell'umanista Benedetto Lampridio.
È nel circolo intellettuale patavino che era maturata l'iniziativa di tradurre in italiano, dall'allievo del Bembo Emilio degli Emili, l' Enchiridion militis christiani di Erasmo da Rotterdam, apparsa per la prima volta nel 1531 a Brescia, dove l'umanista indicava, a soluzione per un'autentica riforma della Chiesa, il ritorno al Vangelo quale unico testo di ispirazione per il cristiano. Ed alta era la considerazione del Paleario per Erasmo tanto che, subito dopo l'elezione di papa Paolo III si diffuse la notizia della prossima convocazione di un concilio Aonio, il 5 dicembre 1534, da Siena, dove era tornato l'anno prima, scrisse a Erasmo una lettera invitandolo a prendere l'iniziativa di un accordo con i teologi tedeschi nella comune volontà di giungere a una riforma della Chiesa condivisa da tutti i cristiani.
Il Paleario non crede che un concilio a cui partecipino solo persone preda «della ricchezza, dell'adulterio, dell'incesto, della corruzione, della superbia, della crudeltà» e che non possono neanche essere considerati cristiani: la soluzione sarebbe un concilio di rappresentanti della Chiesa «in quanto comunione dei santi, assemblea di coloro che conducono una buona vita cristiana».
Tornato a Padova, conclude il suo poemetto De animorum immortalitate, che viene stampato, nel 1536 a Lione: dedicsto a Ferdinando d'Asburgo, fratello dell'imperatore Carlo V, è accompagnato anche da una lettera indirizzata a Pier Paolo Vergerio, vescovo di Capodistria e allora ambasciatore pontificio presso Ferdinando, nella quale Aonio insinua il suo desiderio di poter ottenere un impiego nella corte imperiale.
Il poemetto utilizza tanto le sue conoscenze della filosofia stoica e aristotelica che le suggestioni del neoplatonismo ficiniano, nell'espressa convinzione che l'anima umana, rivestita di divinità, tenda naturalmente all'immortalità. Scritto in forme lucreziane, non è opera originale nel panorama filosofico umanistico, ma ebbe successo nei circoli intellettuali, non solo italiani, ma anche francesi e spagnoli.
[modifica] Il ritorno in Toscana
Lasciata Padova, ritorna a Siena nel 1536, dove insegna privatamente e si occupa anche dell'educazione dei figli dell'amico Antonio Bellanti, morto quello stesso anno. Compra una casa a Colle Val d'Elsa e si sposa l'11 ottobre 1537 con Marietta Guidotti, figlia di una famiglia di piccoli proprietari terrieri; con la dote della moglie e contraendo un forte debito, compra un'altra casa e un terreno nella vicina Cercignano. Nasceranno cinque figli, Aspasia, nel 1538, Sofonisba, nel 1540, Lampridio, così chiamato in ricordo dell'amico umanista, morto da poco, nel 1544, Fedro, nel 1548 e un'altra Sofonisba, così chiamata quando l'altra figlia dallo stesso nome si fa suora nel 1555.
Si lega di amicizia con l'ambiente della cultura fiorentina, che mostra attenzione e anche simpatia per la riforma protestante, come l'umanista Pier Vettori, Francesco Verino il Vecchio, professore di filosofia, il letterato Bartolomeo Panciatichi, il segretario del duca Cosimo I de' Medici, Pier Francesco Riccio, il diplomatico Francesco Campana, l'umanista Pietro Carnesecchi.
[modifica] Bibliografia
[modifica] Opere
- Aonii Paleari Verulani, De animorum immortalitate Libri III, Lugduni apud Seb. Gryphium, 1536
[modifica] Studi
- G. Saitta, Il pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento, Firenze, 1961
- N. Badaloni, R. Barilli, W. Moretti, Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma, Roma-Bari, 1973