Villa San Martino
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Villa San Martino si trova ad Arcore, in Brianza, da poco provincia di Monza.
Con la Villa Borromeo d'Adda, attualmente sede comunale, e la Villa La Cazzola, residenza privata, fa parte del gruppo di ville sorte nel comune di Arcore a partire dal XVI secolo lungo il Lambro, che si presentano oggi come residenze di diporto («ville di delizia»), ma che erano nate come residenze padronali da dove venivano gestite grandi aziende agricole.
L'ampio edificio prende il nome dalla località San Martino, in cui sorgeva un monastero benedettino, acquisito con le sue terre a metà del '700 dai marchesi Giulini, che lo ristrutturarono in forme neoclassiche.
Per matrimonio, la proprietà passò poi alla famiglia Casati, di antica nobiltà milanese, e all'inizio del '900 al suo ramo Casati-Stampa. Fino al 1955, anno della sua morte, fu abitata da Alessandro Casati, che ne ingrandì la biblioteca e vi ospitò a più riprese l'amico Benedetto Croce.
L'ultimo Casati-Stampa, il marchese Camillo, morì suicida a Roma, nel 1970, in una brutta storia che fece epoca nelle cronache del tempo. Ma oltre a dare motivo di chiacchiere alle gazzette, il marchese aveva lasciato una figlia minorenne, Annamaria Casati Stampa, e grandi sospesi con il fisco. L'ereditiera minorenne Annamaria, avendo nel frattempo lasciato l'Italia per il Brasile, su consiglio del suo pro-tutore, l'allora giovane avvocato Cesare Previti (classe 1936), accettò di vendere l'intera proprietà San Martino nel 1974 all'allora imprenditore edile Silvio Berlusconi (la villa, completa di quadreria, biblioteca di 10mila volumi - per curare i quali venne assunto come bibliotecario Marcello Dell'Utri - arredi e parco, era all'epoca valutata circa 1.700 milioni di lire), in cambio dell'irrisoria cifra di 500 milioni di lire in titoli azionari (di società all'epoca non quotate in borsa), pagamento dilazionato nel tempo. L'ereditiera non riuscì a monetizzare, se non con un accordo con gli stessi Previti e Berlusconi, che li riacquistarono per 250 milioni, ossia la metà di quanto avrebbero dovuto valere.
All'inizio degli anni '80 la proprietà fu valutata garanzia sufficiente ad erogare un prestito di 7,3 miliardi di lire.
Per la rilevanza pubblica del suo protagonista, la vicenda fu oggetto di grande attenzione da parte della stampa, ed è ampiamente descritta, ad esempio, in:
- Giovanni Ruggeri, "Berlusconi. Gli affari del Presidente", Kaos, Milano 1994, pp. 79-90;
- Corrado Augias, I segreti di Roma, Mondadori 2005, cap. XIII, il delitto di via Puccini.