Steven Bradbury
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«Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L'ho vinta dopo un decennio di calvario.»
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(Steven Bradbury dopo l'oro a Salt Lake City)
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Steven Bradbury (nato a Brisbane, Australia, il 14 ottobre 1973) è un ex-atleta australiano di short track, campione olimpico sui 1000 metri alle Olimpiadi invernali 2002 di Salt Lake City.
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[modifica] Inizi della carriera e infortuni
La carriera di Steven Bradbury (1,78 m per un peso forma di 80 kg) pareva destinata a buoni risultati, grazie alla vittoria della medaglia di bronzo nella staffetta 5000 m alle Olimpiadi di Lillehammer nel 1994. Ma subito dopo i Giochi subisce un gravissimo infortunio: in una gara individuale di short track ai campionati mondiali di Montreal, riporta una profonda ferita causata dalla lama di un pattino di un avversario con cui si era scontrato. La lama giunge fino all'arteria femorale e Bradbury perde 4 litri di sangue, rischiando addirittura la morte per dissanguamento: occorrono ben 111 punti di sutura e 18 mesi di riabilitazione, ma l'incidente ne mina irreversibilmente il talento. Altro grave infortunio lo subisce in allenamento nel 2000, quando si frattura il collo e deve passare sei settimane con un collare ortopedico. Le chances di vittoria di un grande titolo paiono svanite per Bradbury, che tuttavia decide di proseguire, fino ai Giochi del 2002.
[modifica] La clamorosa apoteosi
È con un bagaglio di sfortuna come questo che l'audace Bradbury non demorde, e decide lo stesso di coronare la propria carriera con la partecipazione alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, prendendo parte ai 1500 m (dove esce al secondo turno) e ai 1000 m short track. Qui l'australiano viene già dato per spacciato ai quarti di finale, dove i due posti per la qualificazione alle semifinali sembrano "prenotati" dallo statunitense Apolo Ohno e dal canadese Marc Gagnon, candidati all'oro. Dopo un avvio disastroso Bradbury guadagna terreno, riesce a superare il giapponese Naoya Tamura e strappa il terzo posto, che però non basta per qualificarsi. Sennonché Marc Gagnon, giunto primo con il tempo di 1'28"66, viene squalificato, rimettendo dunque Bradbury in corsa.
In semifinale per l'australiano ci sono il cinese Li Jiajun, il canadese Mathieu Turcotte, il sudcoreano Kim Dong-Sung e il giapponese Satoru Terao. Bradbury come al solito parte male dalla corda, restando nelle retrovie per quasi tutta la gara. All'inizio dell'ultimo giro cade Terao, ma per Bradbury pare finito tutto, finché Turcotte e Kim si ostacolano a vicenda, cadendo ad un passo dalla fine e lasciando strada sgombra a Bradbury, che giunge secondo dietro Li Jiajun (primo col tempo di 1'29"10).
In finale l'australiano ritrova Jiajun e Turcotte e l'idolo di casa e favoritissimo Apolo Ohno (che aveva eliminato con una spallata l'italiano Fabio Carta in semifinale), oltre al sudcoreano Ahn Hyun-Soo. Per Bradbury, che parte dall'esterno, stavolta il miracolo pare non ripetersi: gli avversari, troppo più forti, si staccano subito, lasciando Bradbury con diversi metri di svantaggio già alla fine del primo giro. Ma all'ultimo passaggio il colpo di scena: dopo un capitombolo di Jiajun, restano a contendersi l'oro Ohno, Turcotte e Ahn, con Bradbury lontanissimo. Lo statunitense commette una scorrettezza, sferrando una gomitata ad Ahn che allarga, investendo Turcotte e coinvolgendo nell'impatto lo stesso Ohno. Quest'ultimo tenta disperatamente di rialzarsi, ma in quell'istante sopraggiunge in tutta tranquillità Bradbury che coglie l'oro con il tempo di 1'29"109, il primo titolo olimpico invernale per un atleta dell'emisfero australe. La gioia dell'australiano viene purtroppo accompagnata dal comportamento poco sportivo del pubblico statunitense che, piccato per la sconfitta di Ohno, fischia il neocampione olimpico.
Dirà Bradbury: «Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L'ho vinta dopo un decennio di calvario». Molti hanno riso sul modo in cui è arrivata quella vittoria, ritenuta la più fortunata di sempre; ma occorrerebbe anche riflettere sulle sfortune agonistiche che ha avuto questo atleta e per quale motivo era giunto a Salt Lake City sfavorito.
Immediatamente Bradbury conquista la simpatia di centinaia di tifosi e di tanti atleti che gareggiano alle Olimpiadi.
Dopo la vittoria Bradbury non tornerà indietro sulla sua decisione di ritirarsi dopo i giochi di Salt Lake City. L'australiano decide con grande coerenza di non trascinare la sua carriera in una difesa del titolo che sarebbe stata un certo "bagno di sangue".
[modifica] Il ritiro dall'agonismo
Raggiunto l'obiettivo della medaglia d'oro, Bradbury decide di lasciare il mondo dell'agonismo. Nel 2003 torna a Salt Lake City per i mondiali di short track, ma nelle vesti di commentatore televisivo. Divenuto una celebrità in patria (le Poste australiane emisero addirittura un francobollo da 45 centesimi di dollaro a commemorare l'impresa), nel 2005 ha preso parte come concorrente al programma TV australiano di pattinaggio "Dancing with the stars". Attualmente ha ripreso il lavoro di commentatore. È regolarmente presente nella "corsa delle stars" che si tiene a corollario della Gara di Formula Uno a Melbourne.
[modifica] Palmares
- Alle Olimpiadi invernali: nei 500 m, 8° a Lillehammer 1994 e 19° a Nagano 1998; nei 1000 m, 24° a Lillehammer 1994, 21° a Nagano 1998 e 1° a Salt Lake City 2002; nella staffetta 5000 m, 7° ad Albertville 1992, 3° a Lillehammer 1994 e 8° a Nagano 1998.
- Ai Campionati del Mondo: sulla distanza, 23° nel 1998 e 26° nel 2000; nei 500 m, 17° nel 1999 e 24° nel 2000; nei 1000 m, 18° nel 1998, 13° nel 1999 e 24° nel 2000; nei 1500 m, 11° nel 1998, 6° nel 1999 e 46° nel 2000; nei 3000 m, 8° nel 1999; nella staffetta 5000 m, 3° nel 1993, 2° nel 1994.
- Alla Coppa del Mondo: 36° nella classifica generale del 2001.
[modifica] Bibliografia
"Steven Bradbury: Last Man Standing" di Gary Smart e Steven Bradbury, 2005.