Sacertà
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La sacertà (lat. sacertas), secondo il diritto romano, era una sanzione a carattere giuridico-religioso inflitta a colui che determinava, con la propria condotta, una infrazione della pax deorum; ad esempio disonorava i vincoli di carattere sociale e religioso che regolavano i rapporti tra patronus e cliens, o tra tribuno della plebe e gli altri magistrati.
Colui a cui veniva inflitta la sacertà, come sancito dalle cosiddette leges sacratae era consacrato a Giove e il suo patrimonio era consacrato a divinità plebee. La consacreazione alla divinità, però, non avveniva con le modalità del sacrificio rituale, ma era conseguito in via indiretta, garantendo l'impunità a colui che uccidesse il colpevole di un comportamento contrario alle norme vigenti(scritte e non).
Il termine è usato sulla base del particolare significato che nella lingua latina assume l'aggettivo sacer (vale a dire "maledetto, colpito da una influsso negativo da parte degli dei").
[modifica] Lingua italiana
Nella lingua italiana, oltre a un significato specifico del lessico giuridico, il termine è usato anche come sinonimo di sacralità, ad indicare l'aura di presenza del divino che rende una persona, un oggetto o un luogo sacro, cioè degno di venerazione.
[modifica] Origini
La sacertas, sebbene abbia conosciuto con le leges sacratae e l'attribuzione della sacrosanctitas ai tribuni della plebe, il momento di massima diffusione, ha origini estremamente antiche. Istituti a carattere giuridico-religioso dotati di aspetti pressoché identici alla sacertà compaiono già nel primitivo diritto germanico (Friedlosigkeit) e nella grecia antica (άτιμια).