Paradosso di Berry
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La formulazione del paradosso risale ad una lettera inviata da G. G. Berry (da qui il nome), un bibliotecario dell'Università di Oxford a Bertrand Russell. Esso può essere descritto nei seguenti termini
Sia N il numero (evidentemente finito) di parole (non importa se articoli, sostantivi, verbi, preposizioni, ecc.) in un dato dizionario della lingua italiana, cui aggiungiamo l'insieme di simboli contenuti in un dato testo di matematica e sia H l'insieme (anch'esso finito) delle frasi componibili con al più, diciamo, 50 parole e simboli.
Consideriamo ora in H tutte quelle frasi che definiscono correttamente dei numeri interi positivi (un esempio è: tre è il numero immediatamente successivo a due, un altro: tre è il secondo numero che incontriamo nella successione dei numeri primi e così via). Sia K il numero di frasi con meno di 50 parole che definiscono correttamente numeri naturali. Poiché K è finito l'insieme dei numeri definiti che troviamo in esso è anch'esso finito e possiamo individuare il più grande di tali numeri: chiamiamolo b.
Consideriamo ora la frase:
- b+1 è il numero naturale successivo al più grande numero definibile con una frase contenente al massimo cinquanta parole.
Essa è una frase con meno di 50 parole (19, per la esattezza) che definisce b + 1, dunque anche b + 1 dovrebbe appartenere alla classe dei numeri definibili con meno di 50 parole!
È stato osservato che il paradosso dipende dall'utilizzo non rigoroso della espressione numero definibile attraverso n parole; se si connota esattamente l'espressione, mettendo al bando le trappole dell'autoreferenzialità, il paradosso scompare.
Allo stessa tipologia delle antinomie linguistiche, appartiene il paradosso di Richard, che sta in qualche modo alla base del teorema di incompletezza di Gödel.
[modifica] Collegamenti esterni
- The Berry Paradox di Gregory Chaitin