Lotus 56
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TURBINE INDY CARS testo di Roberto Motta L’idea di utilizzare propulsori a turbina di derivazione aeronautica, ha sempre affascinato i costruttori fin dagli anni ‘50. Tuttavia il primo impiego con successo nelle competizioni, di una simile unità motrice, avviene solo nella seconda metà degli anni ’60 sul circuito di Indianapolis. Le ‘Turbo Car’ mancheranno l’appuntamento con la vittoria a causa di piccole rotture, ma le enormi potenzialità di sviluppo, e soprattutto, la loro superiorità tecnica, misero in serie difficoltà i costruttori americani, tanto da essere bandite dalle competizioni.
L’idea di utilizzare la turbina a gas di derivazione aeronautica per motorizzare veicoli stradali si concretizza negli anni ’50 con prototipi costruiti da varie industrie. Tuttavia, tale unità motrice è utilizzata con successo solo nella seconda metà degli anni ’60 sulla velocissima pista di Indianapolis con la presentazione prima della STP-Paxton e successivamente della Lotus 56. Entrambe le vetture sono state fortemente volute da Granatelli, ed entrambe sono giunte ad un passo dalla vittoria, poi, a causa di forti interessi economici e all’opposizione delle autorità sportive, la turbina viene definitivamente bandita dalle competizioni, o meglio, come prevedono i regolamenti sportivi, tutt’ora in auge, rimane in ‘purgatorio’ e verrà presa in seria considerazione una nuova regolamentazione, se, e solo quando una tale unità motrice verrà normalmente utilizzata sulle vetture di serie. Dopo questa breve introduzione, analizziamo quindi le motivazioni che spinsero Granatelli a realizzare una vettura spinta da motore a turbina, e quali furono i motivi che non le videro transitare sotto la bandiera a scacchi. Nei primi anni ’60, Andy Granatelli, oltre ad essere presidente della società STP, è un profondo conoscitore del mondo delle corse americane, ed è giustamente convinto che per coinvolgere uno sponsor, deve proporre qualcosa di estremamente interessante, ed inoltre, che un team deve avere ottenuto l’adeguato ritorno pubblicitario prima di partecipare alla competizione prefissata. In questo modo, una eventuale vittoria sportiva si trasforma in un attivo economico, mentre, nel caso di una malaugurata sconfitta, il team non subisce alcuna perdita economica. Certo di queste sue idee, Granatelli ha sempre coinvolto il team in modo tale da avere un forte impatto con il pubblico e quindi un grande ritorno pubblicitario. Per ottenere questo Granatelli ed il suo team coinvolge sempre i migliori piloti del momento, tutto il team veste in modo sicuramente vistoso e la livrea delle sue vetture è, contraddistinta dal particolare colore rosso day-light, che rende riconoscibile la vettura anche se avvolta dalla notte più buia. Naturalmente, attorno alla vettura ed al suo pilota, crea una particolare tipo di interesse per cui i media parlano della squadra il più possibile. Così, alla fine del '65 Andy Granatelli, decide di partecipare alla 500 miglia di Indianapolis con una vettura dotata di trazione sulle quattro ruote e mossa da turbina a gas. La scelta dell’utilizzo di un simile propulsore, oltre che ad essere un ottimo veicolo pubblicitario, risulta anche economica. Difatti, un propulsore a turbina, richiede una revisione completa dopo almeno 1000-1200 ore di lavoro, mentre un ‘normale’ propulsore a pistoni da competizione viene smontato e revisionato dopo ogni gara. La particolare longevità del propulsore a turbina, è dovuta al suo caratteristico funzionamento. Infatti, è opportuno ricordare che se il ciclo di funzionamento di una turbina a gas è simile a quello del motore a combustione interna, caratterizzato quindi dalla sequenza di una fase di aspirazione, compressione e scarico. Tuttavia, mentre nella turbina la combustione avviene a pressione costante, nel motore a combustione interna avviene a volume costante. Inoltre, il motore a pistoni è caratterizzato dal ciclo intermittente causato dai movimenti del pistone che scorre all’interno del cilindro, mentre la turbina, essendo costituita da un insieme di piccoli gruppi (compressore, camera di combustione, turbina e scarico) che svolgono ciascuno un lavoro completo, svolge il suo lavoro in un ciclo continuo. Il ciclo continuo consente una più uniforme rotazione del motore ed un miglior rapporto peso/potenza. Inoltre, come precedentemente accennato, il lavoro avviene a pressione costante, quindi con l’eliminazione degli stress caratteristici del motore a pistone, determinati dai picchi di pressione. Il lavoro a pressione costante, oltre a diminuire gli stress meccanici, consente l’impiego di camere di combustione molto più leggere, sebbene costruite in materiali sofisticati resistenti alle alte temperature raggiunte. La combustione continua, a pressione costante, consente inoltre l'impiego di carburante a basso numero di ottani con limitato potere antidetonante; come ad esempio il Kerosene. Quindi l’idea di Granatelli, è quella di utilizzare al meglio un propulsore con queste caratteristiche per una vettura davvero speciale. La STP-Paxton vettura viene concepita specificatamente per la gara di Indianapolis, quindi, il suo propulsore è montato a lato del pilota allo scopo di disassare la distribuzione dei pesi e migliorarne il comportamento nelle curve a sinistra che caratterizzano il catino dell'Indiana, consentendo di preservare al meglio le caratteristiche di base dei grossi pneumatici da competizione. Il propulsore prescelto per la grande sfida, è una turbina Pratt & Whitney tipo ST6B-B62 in grado di erogare 550 CV, si tratta di una turbina costruita per un impiego industriale disegnata inizialmente per elicotteri. Tra i vantaggi ottenuti dall’impiego di un simile propulsore, ricordiamo la possibilità di ottenere un ottimo rapporto peso potenza sviluppata e, grazie alla capacità della turbina di raggiungere il massimo regime di rotazione in tempi molto brevi, di ottenere accelerazioni brucianti all’uscita delle curve. Purtoppo, quando il primo telaio, realizzato in acciaio inox, viene sottoposto a trattamento termico, si producono delle distorsioni tali che lo rendono inutilizzabile, ragion per cui, la Paxton non può partecipare alle qualificazioni per la 500 miglia del ’66, e a Granatelli rimane solamente la soddisfazione di aver creato un enorme interesse attorno al team. Va tuttavia ricordato che nello stesso anno, Jack Adams, porta in pista una vettura dotata di una turbina General Eletric in grado di fornire 1250 cv, ma forti ritardi nella risposta, dovuti ad un carburante non idoneo, e freni inadeguati non gli consentono di qualificarsi. Nella stagione ’67, l’USAC, organo sportivo che emana i regolamenti tecnici e sportivi negli States, e di cui fanno parte i maggiori costruttori, si rende conto della enorme possibilità di sviluppo dei propulsori a turbina, e tende quindi a limitarne l’impiego in gara, riducendo le dimensioni di entrata dell’aria di alimentazione della turbina, e rendendo obbligatorio l’impiego di uno scudo protettivo, dello spessore di 50 mm, sotto la turbina stessa, ‘zavorrando’ di fatto la vettura. I vulcanici tecnici di Granatelli, si mettono subito al lavoro e in breve aggirano le limitazioni imposte dal nuovo regolamento. La prima restrizione non coinvolge la turbina impiegata da Granatelli, poiché la turbina usufruisce di un’area di ingresso inferiore a quella stabilita dai nuovi regolamenti (154 cm2 contro 198 cm2) mentre, per lo scudo protettivo viene impiegata una nuova lega di titanio che pesa solamente 16 kg, e che costa la bellezza di 4000 $, contro gli oltre 130 kg che avevano previsto i tecnici USAC. Quindi, fiduciosi, incominciano la realizzazione della nuova vettura dando avvio alla realizzazione di un nuovo telaio in lega di alluminio 7178-T6. Il telaio é costituito da una trave centrale caratterizzata da una particolare forma ad X, completata sulla destra dalla struttura tubolare costituente l’abitacolo, e sulla sinistra dalla collocazione della turbina a gas. Le sospensioni anteriori e posteriori sfruttano triangoli sovrapposti di misura diseguale collegati ad elementi comprendenti ammortizzatori Monroe e molle elicoidali concentriche posti in posizione verticale e montati in-board. Inoltre, le sospensioni sfruttano anteriormente un sistema antiaffondamento e barre stabilizzatrici sui due assali. L'impianto frenante, particolarmente sollecitato dall’assenza dell’effetto freno-motore, è composto da quattro dischi Airheart da 305 mm di diametro abbinati a pinze a due pistoncini e sfrutta pastiglie Raybestos in materiale sinterizzato a base di rame 4528-19M. Inoltre, al pari delle sospensioni, è montato in posizione in-board per ridurre le masse sospese. La vettura utilizza cerchi Halibrand in lega di magnesio, caratterizzate da misure di 9,59x16”, fissati tramite serraggio a farfalla centrale, su cui sono montati pneumatici Firestone appositamente realizzati e caratterizzati da misure anteriori e posteriori di 12,10x 16". La STP-Paxton è caratterizzata da una distribuzione delle masse pari al 45% sull’assale anteriore e al 55% sull’assale posteriore, per un peso totale di 787 kg. Inoltre, la vettura, che risulta asimmetrica, ha una suddivisione del peso pari al 60 % sul lato sinistro e al 40% sul lato destro, un passo di 2445 mm ed una carreggiata anteriore e posteriore di 1524 mm. Durante i primi collaudi, la vettura si rivela di difficile messa a punto ed evidenzia problemi insormontabili al sistema di trazione sulle quattro ruote, problemi che inducono Granatelli a contattare Colin Chapman, proprietario e progettista del Team Lotus, nella certezza di ottenere dal tecnico inglese preziosi consigli sullo sviluppo della vettura e di potersi avvalere dell'esperienza del pilota Jim Clark. Chapman è di fatti costretto ad accettare l'invito poiché le sue Lotus iscritte alla gara di Indy sono sponsorizzate proprio dalla STP di Granatelli. Con l’aiuto della Ferguson, Chapman perfeziona quindi il sistema di trazione della vettura prima di affidarla al collaudo di Clark, il quale ne rimane tanto entusiasta da confidare ad alcuni giornalisti amici, di essere certo di aver testato la vettura destinata a vincere la gara del '67. Nonostante vari problemi di natura burocratica sorti tra la rappresentanza dei costruttori, che cerca di escludere dalla competizione la vettura di Granatelli, e gli organizzatori, che ovviamente vuole in gara la vettura, sicuri che sia una grande attrazione per il pubblico, la vettura viene affidata a Parnelli Jones. Da sottolineare che Parnelli si riserva di accettare l’incarico, solo dopo aver testato la vettura e di aver appurato che abbia realmente la possibilità di aggiudicarsi la mitica Indy 500 e, successivamente, nelle prove di qualificazione ottiene il sesto tempo assoluto. Questa prestazione, dai più ritenuta sotto tono, è in realtà dovuta ad una attenta tattica pre-gara, che mira a non evidenziare le vere potenzialità della macchina, e al fatto che la Paxton si qualifica in condizioni da gara, mentre le vetture dotate di motore a pistoni, ottengono il tempo condizioni da qualifica, ossia utilizzando alte dosi di nitrometano. Scelta che porta i propulsori a sviluppare potenze molto simili alla turbina di Granatelli su vetture decisamente più leggere. Il giorno della gara il predominio della STP-Paxton è indiscutibile, e conduce la competizione fin dalla prima curva. Poi, la gara è funestata da parecchi incidenti causati dalla pioggia che costringono gli organizzatori ad interrompere la gara e a ripetere la procedura di partenza la mattina successiva. Il giorno successivo, la STP-Paxton si mostra competitiva fino a tre giri dal traguardo quando, a causa della rottura di un cuscinetto della trasmissione, rimane ‘in folle’ ed é costretta al ritiro. La STP-Paxton, non ha vinto la sua battaglia, ma la sua superiorità è stata tale che, pochi giorni dopo la gara, i dirigenti dell'USAC fanno quadrato e deliberano nuove regole che impongono ulteriori limitazioni ai propulsori a turbina. in modo da scoraggiare l’impiego di una simile unità motrice nelle competizioni americane. Desolato, ma soprattutto irritato, dalle decisioni dell’USAC, Granatelli pensa di ritornare ai propulsori a pistoni, quindi prende in considerazione la possibilità di ridurre la cilindrata totale di un propulsore Ford-Coswort da 3 litri normalmente impiegato sulle vetture di F1, e di sovralimentarlo. Poi, dopo una attenta riflessione, Granatelli avvia dei contatti con la Ferrari per ottenere un propulsore V12 ma, viene anticipato dai dirigenti dell’USAC che emanano una nuova regola che limita a 8 il numero dei cilindri. Infine, si rivolge a Colin Chapman al quale propone la realizzazione di una nuova vettura dotata di turbina Pratt & Whitney e trasmissione a quattro ruote motrici. Dopo alcune perplessità, e solo dopo aver acquisito la certezza che questo propulsore potrà essere modificato ed impiegato nelle competizioni riservate alle vetture di F1, Chapman accetta la sfida. L’accordo tra i due costruttori, viene firmato nel dicembre del ’67. La nuova vettura, denominata Lotus 56, nasce quindi come vettura adatta alle gare USAC e a quelle di Formula 1, e per questa ragione deve essere non può essere concepita con scelte tecniche radicali, come nel caso della vettura di Granatelli, che privilegiava le curve a sinistra con una ripartizione dei pesi asimmetrica delle masse. Il progetto 'Lotus turbina', che viene affidato all'ing. Maurice Phillippe, prevede la realizzazione di quattro vetture che, secondo i piani d’intesa, verranno suddivise tra i due Team: due saranno gestite dal Team Lotus, una dal team di Granatelli mentre la quarta servirà da vettura di scorta. Dal canto suo, la Pratt & Whitney fornisce una turbina ST6B-70 costruita dalla Unidet Aircraft Corporation of Canada, in grado di erogare una potenza regolabile tra i 450 e 500 CV abbinata ad un sistema di trasmissione Ferguson che consente la trazione sulle quattro ruote. Questo sistema sfrutta una scatola di trasmissione centrale a catena Morse situata dietro il sedile del pilota, che riceve il moto dalla turbina e assicura la trazione alle quattro ruote tramite due alberi di trasmissione e due differenziali. Il rapporto di trasmissione tra l'asse anteriore e quello posteriore, é ripartito con un valore di 50/50 che viene successivamente modificato con un rapporto di 45/55. Il telaio del tipo a monoscocca é costituito da una vasca realizzata con pannelli in lega leggera, che si estende anche ai lati del motore. Le sospensioni anteriori e posteriori sono identiche, con triangoli sovrapposti e gruppi molla-ammortizzatore posti in posizione verticale e montati in-board. L'impianto frenante, montato al pari delle sospensioni in posizione in-board, è dotato di dischi Girling da 260 mm di diametro abbinati a pinze a due pistoncini montate inferiormente. La vettura utilizza cerchi in lega, su cui sono montati pneumatici Firestone appositamente realizzati e caratterizzati da misure anteriori e posteriori di 9"x 15". E' caratterizzata da un passo di soli 2550 mm, una carreggiata anteriore e posteriore di 1560 mm, e da un peso di 630 kg. La forma definitiva della carrozzeria, viene decisa da Chapman, dopo aver effettuato dei test con l'ausilio di una scatola nera di un aereo. Dalla analisi dei dati raccolti emerge che le normali carrozzerie tendono a generare portanza alle elevate velocità raggiungibili sul catino di Indy. Chapman decide di adottare una forma della carrozzeria cuneiforme che, in assenza di alettoni, garantisce una deportanza maggiore. La carrozzeria, realizzata in materiale plastico, è costituita da soli tre elementi: nella parte superiore sono realizzate delle prese d'aria NACA poste ai lati dell'abitacolo, che forniscono un adeguato flusso d'aria alla turbina mentre alle spalle del pilota, dietro il roll-bar, é ben visibile il condotto di scappamento dei gas di scarico. La 56 viene presentata ufficialmente nel marzo del '68 ed effettua i primi test sull'ovale di Indy, alla presenza di Andy Granatelli, Jones Parnelli e Jim Clark. Purtroppo, Clark perde la vita in una gara riservata alle F2, prima delle prove ufficiale della gara di Indy, e la sua vettura (telaio 03) viene affidata a Mike Spence. Il 7 maggio le Lotus ottengono i due migliori tempi alla media di oltre 272 km/orari. A meno di un'ora dalla fine delle prove, Spence viene invitato da Granatelli, ad effettuare alcuni giri con la vettura di Greg Weld, affinché aiuti il compagno nella messa a punto della vettura. Spence prende la via della pista, e poco dopo è vittima di un disastroso incidente. Il pilota britannico, perde il controllo della vettura, e colpisce violentemente il muretto di protezione a bordo pista. Nell’urto, la sospensione anteriore, si stacca parzialmente dalla vettura e, piegandosi all’indietro, consente alla ruota di urtare violentemente il capo dello sfortunato pilota. Quando la vettura si ferma, i soccorritori si rendono immediatamente conto della gravità delle condizioni del pilota. Spence è privo di conoscenza a causa del forte colpo ricevuto al capo; un colpo tanto forte, che gli ha strappato il casco dalla testa, lasciandogli il cinturino di sicurezza allacciato sotto il mento. Spence, che non riprederà mai conoscenza, spira circa quattro ore dopo l’incidente, per le gravi lesioni riportate. La mattina dopo l'incidente, le Lotus turbina, vengono confiscate per essere analizzate in ogni loro parte, ed eventualmente evidenziare qualsiasi anomalia onde scongiurare un possibile altro incidente. Tuttavia, le tre vetture rimanenti non evidenziano alcun difetto costruttivo e vengono autorizzate a proseguire i test in vista della corsa. La Lotus 56 viene quindi affidata Joe Leonard. Il giorno della gara vengono schierate tre vetture, la numero 60 affidata a Joe Leonard (telaio 01) che parte dalla pole position ottenuta alla media di 276,091 km/orari; la numero 70 di Graham Hill (telaio 02) che parte con il secondo tempo ed infine la numero 20 affidata ad Art Pollard (telaio 04) che parte dalla undicesima posizione. Alla partenza della gara, la numero 60 di Leonard conquista subito il comando seguito da Bobby Unser mentre le altre Lotus 56 risultano molto staccate. Nel proseguire della gara, Hill rompe le sospensioni a causa delle troppe vibrazioni dovute ad un set di gomme non bilanciate; Leonard si trova al comando ma è costretto a rallentare per l'accensione dei semafori gialli e a percorrere diversi giri ad andatura ridotta seguito dalla Lotus di Pollard che lo separa dalla vettura di Unser. Al 192° giro, quando si accendono i semafori verdi, le Lotus accelerano ma le due turbine si arrestano contemporaneamente per la rottura dell'alberino della pompa di alimentazione avvenuta a causa di un grippaggio, lasciando così la vittoria alla Eagle-Offenhauser di Bobby Unser. Al termine della gara i dirigenti USAC prendono la decisione di vietare l'utilizzo in gara, a partire dal '70, delle vetture dotate di motore a turbina, riservandosi di riammetterle in gara solo quando questo propulsore verrà utilizzato sulle vetture di normale produzione. Mentre tre vetture rimangono negli USA, la Lotus 56 telaio 03, vettura danneggiata da Leonard, torna mestamente nelle officine di Chapman, dove rimane abbandonata per un lungo periodo prima di essere riparata e convertita nella 56 B, e poter quindi prendere parte alle competizioni riservate alle vetture di F1. Purtroppo, anche questa avventura si dimostrerà tanto avvincente quanto sfortunata. Nel frattempo, la storia delle vetture rimaste negli USA continua senza particolari affermazioni sportive; la vettura contraddistinta dal telaio 01 viene acquistata da Parnelli Jones, mentre le altre due, telaio 03 e 04, vengono utilizzate dal team di Granatelli, in alcune gare di campionato. Sul circuito di Milwaukee, dove sono affidate a Leonard e Pollard terminano la gara rispettivamente in 18a e 26a posizione. Successivamente, la Lotus 56, compete sul circuito stradale di Mosport con Grahamm Hill, e al Castle Rock, dove affidata a Pollard, conquista un 5° posto assoluto. Dopo queste gare, la Lotus turbina partecipa alle competizioni di Trenton, Irish Hill, Hanford, Phonix ed infine sul circuito stradale di Riversade, in occasione dell’ultima prova del campionato USAC. In seguito, una delle vetture del Team di Granatelli viene dotata di un propulsore Crysler stock-block ed infine, in occasione della Indy 500 del ’69, di un propulsore Offy. La vettura, affidata a Pollard, si classifica in 12 posizione, poi, nel corso della gara, è costretta al ritiro nel coso del 9° giro. Alla fine del campionato, i dirigenti dell’USAC, emanano nuovi regolamenti che di fatto bandiscono dalle competizioni le vetture dotate di propulsore a turbina, motivando la decisone con il fatto che nessuna vettura di serie adotta una simile unità motrice. Successivamente, la Lotus 56 contraddistinta dal telaio 03, partecipa anche ad alcune gare del campionato F1 nel ’71. Ma, alla fine della stagione, nonostante abbia dimostrato grandi potenzialità e grandi margini di miglioramento, Chapman ne arresta lo sviluppo, certo che qualora fosse diventata vincente, sarebbe stata bandita, anche dalla F1, dai nuovi regolamenti.
Dati tecnici
Modello: STP-PAXTON Periodo di produzione: 1967-1968 Motore: Turbina Pratt & Whitney tipo ST6B-62 Compressore assiale a doppio stadio con flusso orizzontale, montata in posizione laterale sinistra Potenza: 550 CV ad un regime di riduzione dell’albero a 6230 giri Copia: 138 kgm Alimentazione: kerosene Trasmissione sistema Ferguson a 4 ruote motrici con marcia avanti-folle-retromarcia, autobloccante a slittamento controllato tra i due assi Telaio: trave centrale cruciforme in lega di alluminio 7178-T6 Sospensioni: triangoli sovrapposti, ammortizzatori con molle elicoidali concentriche. Geometria antiaffondamento anteriore. Barre stabilizzatrici sui due assi Ruote e pneumatici: ant. e post. 9,50/16" – 12,10/16” Freni: ant. e post. a disco autoventilanti di Ø 305 mm, pinze a 2 pistoncini Capacità serbatoio benzina: 180 lt Passo: 2445 mm Carreggiata: ant. e post. 1524 mm Peso: a secco 787 Kg
Modello: Lotus 56 Periodo di produzione: 1968 Motore: Turbina Pratt & Whitney tipo ST6B-70 Compressore assiale unico e camera di
combustione anulare, montata in posizione longitudinale posteriore
Potenza: 450-480 CV a 40000 giri 500 CV versione da qualifica Alimentazione: kerosene, benzina senza piombo Ruote e pneumatici: ant. e post. 9/15" Freni: ant. e post. a disco autoventilanti di Ø 260 mm, pinze a 2 pistoncini Capacità serbatoio benzina: 230 lt Peso: a secco 630 Kg