La vecchia ubriaca
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Motivazione: possibile copyviol. Segnalazione di Sannita
Titolo: La Vecchia ubriaca.
Autore: Mirone di Tebe.
Data di realizzazione: II secolo a.C.
Committente: ignoto.
Il marmo ritrae la figura di un’anziana donna ebbra, riconoscibile attraverso vari segni iconografici quali: un’anfora di vino abbandonata fra le braccia, lo sguardo smarrito nel vuoto, la testa gettata all’indietro e gli abiti consunti e in disordine. La scultura a tutto tondo non si trova in posizione eretta, in quanto il soggetto è accasciato al suolo con il busto proteso in avanti e la testa inclinata all’indietro con il viso rivolto verso l’alto, imprimendo così un forte senso di disequilibrio all’interno della sua staticità. Il volto, tutt’altro che atipico, esprime disperazione e pateticità attraverso le rughe scavate e profonde intorno alla bocca, aperta in un gemito o in un grido di frustrazione, e lo sguardo perso ed annebbiato a causa del liquido alcolico ingerito. L’opera de La Vecchia ubriaca è una delle dimostrazioni più palesi del nuovo obbiettivo imposto dall’età ellenistica: raggiungere, non più la perfezione, ma la realtà, per quanto questa possa mostrarsi cruda e il più delle volte grottesca, come appunto la statua in questione. Nonostante però l’evidente bruttezza del soggetto, non si può fare a meno di ammettere che questo marmo sia un opera d’arte, proprio per l’estrema fedeltà nella raffigurazione della realtà, inclusa la scrupolosità nei particolari. Citando lo storico dell’arte G.C. Argan: “Dunque non è la bellezza del modello, ma la bravura dell’artista che fa la bellezza dell’arte. La stessa civiltà che produce immagini di bellezza come l’Afrodite di Milo […] produce anche […] la Vecchia ubriaca: l’arte è un modo per interpretare la realtà e gli aspetti della realtà sono infiniti, belli e brutti; ma tutti interessano ugualmente all’artista”. La scultura, in marmo, alta 92 cm, si trova oggi nei Musei Capitolini di Roma.