La concessione del telefono
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La concessione del telefono è un romanzo di Andrea Camilleri, edito da Sellerio nel 1998
[modifica] Trama
La storia si svolge nel paese siciliano di Vigàta, tra il 12 giugno 1891 e il 20 agosto 1892. Filippo Genuardi, piccolo commerciante di legnami, invia tre lettere al prefetto Vittorio Marascianno per richiedere l'installazione di una linea telefonica tra il suo magazzino e l'abitazione del suocero, ricco uomo d'affari. Non ottenendo risposta, cerca degli "appigli" nel palazzo rivolgendosi a Calogero (don Lollò) Longhitano, pezzo da novanta della mafia vigatese, al quale rivela il luogo in cui si nasconde il suo ex amico Sasà La Ferlita, che aveva imbrogliato al gioco il fratello di Don Lollò e per questo era ora braccato dal mafioso. Tuttavia una serie di equivoci porteranno il Genuardi in una situazione molto pericolosa: da un lato il prefetto Marascianno, a causa di varie imprecisioni contenute nelle tre lettere ricevute e dell'atteggiamento prevenuto dei carabinieri, si convince che il Genuardi sia un agitatore socialista; dall'altro Sasà La Ferlita, grazie all'aiuto del fratello e di un altro amico, riesce più volte a scansare la cattura, al punto che Don Lollò inizia a pensare che egli e Filippo Genuardi siano in combutta tra loro e con i carabinieri per incastrarlo ed arrestarlo. Soltanto il delegato Spinoso della polizia, aiutato in parte dal questore e dal suo superiore, il commendatore Parrinello, cercherà di aiutare il Genuardi, "preso a mezzo fra lo Stato e la mafia" per usare le parole del suocero. Tuttavia a queste vicende pubbliche si vanno ad aggiungere quelle private del Genuardi, non propriamente virtuose: l'uomo infatti ha una tresca amorosa con la moglie del suocero, il quale, quando scopre la verità, pazzo di gelosia lo uccide, suicidandosi poco dopo. Di quest'ultimo avvenimento ne approfittano i generali dei carabinieri, che in precedenza erano stati puniti per la loro attività persecutoria nei confronti del Genuardi, e ricostruendo a loro modo l'evento anche con una finta esplosione riescono a sostenere che il Genuardi era morto mentre costruiva un ordigno per un qualche attentato. La storia termina con il trasferimento del delegato Spinoso, del questore e del commendatore Parrinello in Sardegna, massima punizione nella burocrazia dello stato sabaudo.
[modifica] Struttura del romanzo
La concessione del telefono non segue i canoni classici del romanzo. Nell'opera, infatti, si alternano due forme di scrittura, che Camilleri chiama "cose scritte" e "cose dette": le "cose scritte" sono lettere, siano esse richieste in carta bollata o missive fra amici o bigliettini segreti, articoli di giornale, circolari degli uffici pubblici; le "cose dette" sono i dialoghi fra i personaggi della storia, riportati come in un copione privo di indicazioni sceniche (in questo probabilmente c'è una traccia della lunga esperienza di Camilleri come autore e regista teatrale). Cose scritte e cose dette si alternano nel romanzo in maniera efficace, fondendosi solo nell'ultima parte, che vale come epilogo alla storia, non molto lunga ma intensa grazie al continuo intrecciarsi di incontri e scontri fra i personaggi principali e la fitta schiera delle comparse, che spesso appaiono per poche pagine, ma quanto basta per rendere sempre più intricata la commedia degli equivoci che domina il romanzo.
[modifica] La Sicilia del romanzo
Lo stile leggero di Camilleri, i numerosi episodi divertenti e la miriade di personaggi più o meno grotteschi non deve far pensare che La concessione del telefono sia un semplice divertissement. In realtà la finzione letteraria viene usata egregiamente dall'autore per descrivere i mali che gravavano e gravano ancora sulla Sicilia. Camilleri stesso racconta, sul frontespizio della copertina, di aver avuto l'idea per il romanzo dopo aver ritrovato tra le carte di casa un decreto ministeriale del 1892 per la concessione di una linea telefonica privata, documento che prevedeva una fitta rete di adempimenti burocratici e amministrativi. E infatti gli equivoci che creeranno la trappola mortale per il protagonista nascono appunto dalla difficoltà di districarsi nella selva degli uffici pubblici e delle loro competenze, tanto che il Genuardi fa richiesta per la linea alla Prefettura, che non ha competenza in materia. Ma non è solo la burocrazia a creare guai: l'abitudine dello Stato post-unitario di spedire in Sicilia funzionari totalmente inesperti della realtà locale, spesso poco preparati o comunque inadatti al ruolo provoca guasti fortissimi, nell'opera ben evidenziati dalla figura del paranoico prefetto Marascianno, che parla con i numeri della smorfia, vede complotti socialisti dappertutto e si crede vittima di fantomatici dileggi; dei tenenti dei carabinieri Lanza-Turò e Lanza-Scocca che dopo aver erroneamente ritenuto Filippo Genuardi un agitatore socialista cercano ugualmente di incriminarlo arrampicandosi sugli specchi e anche ricorrendo a mezzi illeciti; degli stessi superiori che di fronte alle tragicomiche vicende vigatesi non sanno reagire in altro modo che spedendo i colpevoli in Sardegna e sostituendoli con altri che si dimostreranno prevedibilmente ancora peggiori. I rari pubblici ufficiali che cercano di lavorare onestamente, impersonati su tutti dal delegato Spinoso, nonostante il loro impegno e ad alcuni effimeri successi sono destinati alla sconfitta. Non a caso Filippo Genuardi riesce ad uscire assolto da ogni accusa non grazie all'impegno delle forze dell'ordine oneste, ma per la volontà di Don Lollò Longhitano, uomo d'onore che ha amicizie in tutti i gangli della pubblica amministrazione, tanto che con la forza delle proprie raccomandazioni può imporre il proprio volere a quasi tutti gli abitanti di Vigata. E coloro che, come Sasà La Ferlita, cercano di sottrarsi ai propri impegni con lui devono vedersela con i suoi uomini, veri e propri discendenti dei bravi manzoniani. Mafia e Stato, dunque, tra cui i tre quarti dei siciliani, come nota amaramente il delegato Spinoso, sono presi in mezzo senza possibilità di salvezza. Al punto che quasi tutti i siciliani oltre al nome di battesimo hanno un soprannome ('ngiuria) totalmente diverso, utile per sottrarsi agli obblighi di legge, come viene spiegato diffusamente nella prima parte del romanzo, in una pagina non utile all'economia del racconto ma certo molto appropriata all'atmosfera che pervade il romanzo. Del resto lo stesso protagonista, Filippo Genuardi, è sì vittima di questo diabolico intreccio ma certo non è un eroe o un protagonista positivo: marito fedifrago e commerciante parassita, per ottenere la concessione del telefono è disposto a consegnare il suo ex migliore amico nelle mani della mafia, a minacciare con armi e ricatti i proprietari delle terre su cui mettere i pali, a corrompere chiunque nella pubblica amministrazione lo possa aiutare. Ma non solo lui, praticamente tutti i personaggi che appaiono nel libro, anche se per una pagina scarsa o con un ruolo positivo, hanno qualcosa di imbarazzante da nascondere. Qui, oltre alle riflessioni sui mali della Sicilia (quanto mai attuali) pare di intravedere anche un certo pessimismo più generale sull'umanità.