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Avorio

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Zanne d'elefante e vasi d'avorio incisi. XVII Secolo
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Zanne d'elefante e vasi d'avorio incisi. XVII Secolo

È detto avorio un materiale che si ricava dalle zanne degli elefanti e che viene lavorato per farne oggetti di vario uso quali gioielli, suppellettili ed oggettistica per la casa.

Si parla impropriamente di avorio anche quando ci si riferisce al materiale di cui sono composti i denti di altri animali, come l'ippopotamo e il cinghiale, o di cui sono fatti i corni del rinoceronte anche se erroneamente inquanto questi sono una conglomerazione di peli cementati. Anche alcuni mammiferi marini, come il capodoglio, il narvalo o il tricheco - con i suoi denti simili a zanne - vengono sacrificati per sottrarre loro le ossa che forniscono una sostanza simile all'avorio.

Non si è trovato alcun materiale che fosse pari per bellezza ed elasticità all'avorio fornito dagli elefanti, neanche quello che si trova nel sottosuolo della Russia e dell'Alaska e che apparteneva ai grandi mammut vissuti in quelle zone quarantamila anni or sono ed ora fossilizzati. Di questo tipo d'avorio si fa oggi un uso abbastanza copioso ma esso, dopo tanti millenni di fossilizzazione, ha sviluppato una sostanza, la vivianite, assente nell'avorio nuovo, che sottoposta ai raggi U.V. diventa rossa, alterando il colore dell'avorio antico di mammuth, il quale per altro si trova già di rado di colore chiaro, perché col tempo è diventato verde, nero, blu, rossastro.

Conosciuto e adoperato sin dall'antichità dagli egizi, dai greci, dagli indiani, dai cinesi e dai giapponesi, ha avuto una considerevole diffusione nei tre continenti del mondo antico. Il suo uso tuttavia ha comportato una continua e sempre più ingente soppressione degli elefanti, dei quali oggi rimane un numero limitato tanto che ne è stato vietato l'abbattimento se non in rarissimi casi. Ciò ha determinato sul mercato una diminuzione dell'offerta a fronte di un aumento crescente della domanda che ormai interessa soprattutto l'Asia e l'Africa.

Fra tutti i materiali con cui si è tentato di sostituire l'avorio originale si annoverano l'avoriolina, l'ivorina, la plastica e il così detto avorio vegetale, ossia un materiale ricavato dai durissimi semi di due tipi di palma, il corozo e la dum-dum, che in ogni modo possono servire solo per imitare i chicchi delle collane o per realizzare piccoli oggetti. Tuttavia il colore, la grana, la lucidità dell'avorio originale non sono facilmente riproducibili con comuni imitazioni.

Scatola cilindrica arabo-ispanica del XII secolo
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Scatola cilindrica arabo-ispanica del XII secolo

[modifica] Storia

Tra gli oggetti del passato, rinvenuti per lo più nel corso di scavi archeologici operati nel bacino del Mediterraneo, sono da considerare i più antichi finora conosciuti alcuni bracciali appartenenti ad un gruppo di reperti presumibilmente risalenti al 4000 AC.
Ritrovati a Mostagedda, in una tomba dell'Egitto predinastico, i bracciali, piuttosto piccoli, potrebbero essere stati ornamento di donne o bambini, forse come oggetti di distinzione sociale o tribale.

Documenti scritti testimoniano l'uso dell'avorio in Grecia dove lo scultore Fidia realizzò magnifiche ed enormi statue delle divinità, tra cui quella di Zeus, in oro ed avorio, dette crisoelefantine, che purtroppo non sono giunte sino a noi ma di cui l'antichità era a conoscenza. Le donne greche e romane usavano collane, bracciali, pettini, spille, fermacapelli in avorio. Una spilla per capelli, ritrovata nella Britannia romana testimonia della diffusione dell'avorio sino ai margini del mondo mediterraneo.

L'Africa che poteva godere direttamente dell'uso di questo materiale, ne faceva pur sempre oggetti di pregio che avevano spesso funzione religiosa e sociale. Di questo tipo erano certamente alcuni bracciali del Benin in cui, tra quelli più recenti, appare il tentativo di riproporre forme mutuate dai gioielli di stile europeo. Essi sono ornati con figure in altorilievo e propongono immagini di soldati con la corazza. Risalgono al XVI secolo, quando il Benin, un impero dalla struttura complessa, il cui sovrano era ritenuto di origini divine, allargò il suo dominio sui territori circostanti. Le figure militari fanno ritenere di uso virile i due bracciali.

In Europa, alla fine del primo millennio, l'avorio era sfruttato per creare oggetti non solo ornamentali ma anche liturgici.

In Sicilia e Spagna gli Arabi, che vi si erano insediati, facevano un grande uso dell'avorio che trattavano in maniera particolare, riuscendo a tagliare circolarmente le zanne degli elefanti in fogli sottili con cui poi ricoprivano cofanetti in legno che istoriavano e su cui incidevano le sure del Corano o scrivevano testi sacri. La Chiesa richiedeva lavori particolari, come reliquiari, pastorali, immagini della Madonna e dei Santi, crocifissi, acquasantiere. Principi e re collezionavano oggetti d'ogni genere tra cui straordinari avori preziosamente incisi.

La tendenza al collezionismo si fece più frequente dal XVI secolo in poi, anche per il desiderio di acquisire raccolte di naturalia e artificialia, ovvero di oggetti strani prodotti spontaneamente dalla natura e di oggetti originali creati dalle mani dell'uomo che vanno a confluire nelle così dette Wunderkammer, ossia le Camere delle meraviglie, che ospitavano mostri di natura e opere d'arte ricercate, perle, coralli, zanne di elefante al naturale e oggetti d'avorio abilmente lavorati.
Dal 1600 in poi, almeno per quattro generazioni, alla corte dei re di Danimarca non solo fu collezionata una quantità incredibile di oggetti acquistata o ricevuta in dono dai sovrani ma essi stessi si dilettarono a lavorare l'avorio servendosi del tornio, cosa che anche le dame di corte consideravano un passatempo prediletto. Il Castello di Rosenborg, presso Copenaghen, custodisce ancora il banco da tornitore appartenuto a Sofia Maddalena moglie di Cristiano V.

Dalla Germania e dalle Fiandre giunse, nei secoli di cui parliamo, sino in Sicilia una copiosa produzione di oggetti in avorio acquisita sia dai privati sia dalla Chiesa.

Dal XII al XVII secolo vengono creati oggetti di varia destinazione, come per esempio degli agorai, che erano considerati indispensabili componenti dei corredi delle fanciulle nobili. Di grandezza variabile dai 14 ai 40 centimetri, erano tutti minuziosamente intagliati e istoriati con immagini della vita dei Santi e con gli stemmi della famiglia a cui apparteneva la damigella proprietaria dell'oggetto. La parte superiore dell'agoraio recava i buchi per gli aghi che vi dovevano essere conservati.

Nella produzione tedesca talvolta ai motivi sacri si sostituivano quelli profani, tratti dal mondo classico, come la scultura, opera di un anonimo maestro del XVII secolo, che riproduce il cavaliere romano Marco Curzio nell'atto di immolarsi agli Dei per salvare Roma. La scultura, come altre di pregevole fattura, è ospitata nel Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, a Firenze.

Altre opere di carattere devozionale furono create in Sicilia tra il XVII e il XVIII secolo: sculture riproducenti l'immagine della Madonna, soggetti ispirati ad argomenti o personaggi delle Sacre Scritture, presepi o parti di essi.
Sebbene di tali opere non si conoscano i nomi degli autori, per molti riferimenti è possibile attribuirle a maestranze trapanesi abituate a lavorare anche il corallo.

Molte di esse, pervenute sino al XX secolo come tanti altri oggetti da wunderkammer, si trovavano nel Museo di S.Martino delle Scale presso Palermo, il cui contenuto è ora stato suddiviso tra la Galleria Regionale della Sicilia e il Museo Nazionale di Palermo.

Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo l'interesse per la lavorazione dell'avorio andava diminuendo.
L'unico filone lavorativo che resisteva era quello riferibile agli interessi femminili.
Agorai di limitate dimensioni, oggetti posti in vendita come souvenirs, collane, braccialetti, orecchini, monili di poco prezzo avevano ancora un certo mercato, come crocifissi, rosari, cornici.

Oggi in Europa la maggior parte di questi oggetti è andata in disuso: l'avorio è ricercato solo se di esso si trova qualche pezzo realizzato nel passato e che perciò rientra nel mercato dell'antiquariato.
La domanda odierna è comunque notevole in Asia e in Africa e il prezzo si mantiene ovunque piuttosto alto per l'impossibilità di reperire la materia prima, vincolata dai divieti imposti per legge.

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