Astrattismo
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[modifica] Crisi delle leggi e dei valori intorno al 1900
Sullo scorcio del secolo, le scoperte della scienza e della tecnica e le conseguenze che lo spirito umano ne aveva tratto, avevano considerevolmente ampliato il campo della realtà “rappresentabile” (con Pascoli abbiamo parlato di un allargamento del “poetabile” per analoghi motivi). L’artista non s’accontenta più di dipingere ciò che vede, sia che voglia rappresentarlo secondo rigidi canoni “naturalistici” (neoclassicismo) o che preferisca lasciarsi impressionare dalla luce del momento (impressionismo). Il tema, inteso come l’oggetto concreto rappresentato, passa in secondo piano, diventa lo spunto iniziale per rappresentare il “messaggio dell’opera”, ovvero quello che l’artista vuol dire di un paesaggio, una persona, una forma qualsiasi. L’emozioni dell’artista non sono più elementi che determinano la tecnica figurativa (espressionismo), ma diventano il soggetto stesso dell’opera.
[modifica] L’astrattismo
Una delle correnti artistiche più discusse del Novecento è senza dubbio l'Astrattismo per il completo capovolgimento della secolare concezione dell'arte come imitatrice della realtà. L'astrattismo spinge questa tesi del “messaggio” fino in fondo: se l'arte non è rappresentazione del mondo esteriore, ma solo estrinsecazione di quello intimo (sia pure originato dal continuo impatto con ciò che ci circonda), allora bisogna avere il coraggio di andare oltre ciò che già è stato fatto (dall'espressionismo, per esempio) e non limitarsi a proiettare la nostra vita interiore negli oggetti reali dipinti, ma abolire completamente questi ultimi, visualizzando con forme, linee e colori il complesso oscuro dei sentimenti che si agitano dentro ciascuno di noi, agendo psicologicamente sull'inconscio dello spettatore attraverso il suo occhio, così come il musicista agisce sull'udito dell'ascoltatore mediante il rapporto reciproco delle note. In altri termini, il pittore deve svincolarsi dalla riproduzione di una tematica oggettiva esteriore per comunicare unicamente ente il proprio IO.
[modifica] I suoni in musica, pittura e architettura
L'analogia fra pittura e musica è comune, come si è visto, nella concezione artistica europea fra Ottocento e Novecento, ed è analogia spontanea. Esiste una tale parentela fra musica e immagine che si giunge perfino a scambiarsi reciprocamente i termini: prendendo in prestito aggettivi della figurazione, si parla, in musica, di suoni «chiari» o «scuri» e, viceversa, mutuando le parole dalla musica, si parla, nelle arti visive, di «tonalità», di colori «squillanti», «cantanti» e cosa via. Ma è soprattutto quando si giunge agli inizi del Novecento che il problema viene affrontato direttamente non soltanto da parte dei pittori - soprattutto da colui che, più di tanti altri contemporanei, viene ritenuto il creatore dell’astrattismo, Vasily Kandinsky (Mosca 4 dicembre 1866 - Parigi 13 dicembre 1944)- ma anche dei musicisti. Fra questi Alexander Scriabin, Wladimir Baronoff Rossiné, Arnold Schónberg (dodecafonia). La musica è astratta. Anche la pittura dovrà essere astratta, come la musica; o come l'architettura; perché anche l'architettura, malgrado la funzione cui è destinata (casa, chiesa, teatro) sembri dichiararne la pratica concretezza, è una libera composizione di volumi e di spazi senza nessun obbligo imitativo: un capitello, una colonna, un arco non copiano nulla, non rappresentano nient'altro che se stessi. Così la pittura dovrà essere solo se stessa, non copia di qualcosa di estraneo, pittura pura.
