Arturo Martini
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Arturo Martini (1889-1947) è stato uno scultore italiano le cui figure umane sono tra gli emblemi del Novecento in Italia: fu in scultura il banditore e l'interprete di questo mito umanistico.
Pur avendo avuto contatti con la cultura europea (studiò per qualche anno a Monaco e fu a Parigi nel 1911), restò sempre legato a forme di espressione tradizionali. In questo senso la sua esperienza futurista nel 1913 resta una breve, seppure interessante, parentesi.
Negli anni venti, aderendo a valori plastici, superò il naturalismo ottocentesco riscoprendo e facendo rivivere la solenne umanità della nostra scultura antica.
Martini fu artista ricchissimo, che si espresse con altrettanto vigore nel legno e nella pietra, nella creta e nel bronzo.
In opere come Il bevitore (1926), La pisana (1930), La sete (1934) e soprattutto La fanciulla che nuota sott'acqua (1941) procedette verso una sempre maggiore libertà espressiva, conscio che la statuaria avesse fatto il suo tempo e che la cultura se vuol vivere, deve morire nell'astrazione.
Così scrisse in Scultura lingua morta (1945), avvertendo il limite e la crisi della propria arte.
Forse avrebbe potuto liberare quel limite se fosse stato più libero di approfondire il proprio linguaggio artistico, ma tra le due guerre, divenuto lo scultore ufficiale del regime fascista, era letteralmente travolto dagli impegni: grandi opere celebrative e monumentali (per palazzi di Giustizia, chiese ed università) in cui la sua voce genuina, riconoscibile nei particolari, fu ridotta al silenzio dalla magniloquenza retorica dell'insieme.
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