A Leuconoe
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L'XIª ode del I° libro delle Odi di Orazio è indirizzata a Leuconoe.
[modifica] Parafrasi della poesia
Tu non chiedere ( non è concesso sapere) Quale fine a me e quale fine a te Gli Dèi abbiano dato, o Leuconoe, e non Consultare i numeri babilonesi. È meglio patire ciò che sarà. Sia che Giove ci attribuirà molti inverni O che questo sia l'ultimo, il quale fa infrangere le onde del mar tirreno sugli scogli di pomice leggera, tu sii saggia e versa il vino e recidi ogni lunga speranza che oltrepassi il breve spazio del tempo immediato. Mentre parliamo esso è già fuggito. Cogli il giorno e credi minimamente Nel futuro.
[modifica] Il tema della poesia
Il tema dell'XIª ode del I° libro è il famosissimo tema del carpe diem, cioè cogli il giorno, o godi il presente, o vivi la giornata, (o riesci ad ottenere, o riesci a portare via con astuzia o con violenza). Carpe è l'imperativo del verbo carpere e corrisponde al verbo italiano "carpire", (verbo che deriva dal latino carpere che significa "cogliere, staccare"). L'analisi di questo verbo è fatta molto bene nell'introduzione del libro prima citato "Odi ed Epodi" (edizione BUR, Biblioteca UniversaleRizzoli,1985 edizione riveduta e corretta, ottobre 1999) scritta da Alfonso Traina a pagina 14:<< Carpo è, di tutti, il più nuovo e il più espressivo, dicendosi di un movimento lacerante e progressivo tra le parti e il tutto, come sfogliare una margherita o piluccare un grappolo di uva. Il fatto è l'aetas, il tempo maligno(invida) visto nella continuità della sua fuga: la parte è il dies, l'oggi, da spiccare giorno per giorno senza contare sul domani. Ma il concetto è quello di un poeta persiano (che ha più di un'affinità con Orazio), "Omar Khayyam":<<Passa la vita, misteriosa carovana: rubale il suo attimo di gioia!>>, o di un romanziere contemporaneo, V. Saltini:<< Come strappare un po’ di gioia a questo tempo che fugge?>>. La callida iuncutura ha dato un conio nuovo alla saggezza di sempre>>. L'ode invita a cogliere la vita nella faccia luminosa del giorno, a vivere con piacere l'ora fuggevole che passa e come dice Orazio nella XIª epistola:<< Ogni ora che la divinità ti vorrà concedere felice, tu prendila con mano riconoscente e non rimandare ad un altro anno i piaceri della vita, per potere dire di essere vissuto in qualunque luogo tu sia stato. Giacché se il raziocinio e la saggezza mandano via gli affanni, e non un luogo donde si domini l'ampia distesa del mare, quelli che corrono di là dal mare mutano cielo, ma non riescono a mutare l'anima>>. (traduzione di G.Lipparini).
[modifica] Sintesi della poesia: inizio, sviluppo e conclusione.
L'ode si apre con l'invito a Leuconoe a non chiedere (perché non è concesso saperlo) quale fine gli Dèi abbiano stabilito al poeta e a lei. Quindi l'ode inizia con la rinuncia a sapere cosa gli Dèi riservano agli uomini nel futuro e non lo potrà sapere neppure consultando le cabale babilonesi o gli oroscopi orientali. Questa rinunzia è riaffermata subito dopo:<< È meglio patire/ accettare/, sopportare/ rassegnarsi/ a ciò che sarà>>. Questo senso della Rassegnazione al destino stabilito dagli Dèi percorre tutta l'opera oraziana, ma esso è detto con un accezione nuova alla fine dell'ode n°24 dedicata a "Virgilio" per confortarlo della morte di Quintilio. Orazio dà un significato filosofico alla rassegnazione la quale da accettare e fa diventare tollerabile ciò che immutabile ed intollerabile:<<È duro; ma con la rassegnazione si fa più tollerabile tutto ciò che è impossibile mutare>>.(traduzione di G.Lipparini) (oppure nella traduzione di Enzo Mandruzzato:<<È duro. Ma un poco/ solleva sopportare/ ciò che è sacro divieto non volere>>.) Nel mezzo dell'ode Orazio insiste sull'incertezza del futuro:<<Sia che Giove ci conceda molti inverni, o sia questo l'ultimo, che fa sbattere le onde sugli scogli del mare tirreno>>. In questo crescendo di incertezza sul futuro e di fugacità del tempo e della vita Orazio, rivolgendosi alla bella Leuconoe le dice di essere saggia e di fare l'unica cosa che è concessa ai mortali:<<versa il vino e recidi ogni speranza sul futuro che oltrepassi il breve spazio del tempo immediato>>. E ad Orazio non resta altro che concludere logicamente l'Ode secondo la sua più schietta e semplice weltanschauung epicurea e stoica insieme:<<Cogli il giorno e confida il meno che puoi sul domani>>.
[modifica] Il messaggio della poesia.
Il messaggio della poesia è certamente un messaggio etico cioè è un invito a non sciupare la breve vita inutilmente, ma a viverla fino in fondo bene ed intensamente giorno dopo giorno. A. Traina su questo aspetto afferma:<<Il moralismo di Orazio non si chiude in se stesso, la sua saggezza è comunicativa, e perciò la sua poesia, nutrita di quella saggezza, è parenetica. La parénesi civile non è che l'aspetto sociale della parenesi etica>>. Ma questo messaggio dell'Ode è racchiuso dentro tanti divieti che rendono positivo ed urgente il messaggio etico. L'analisi del "Carpe diem" immerso tra molti raccomandazioni è fatta molto bene da A. Traina nelle pagine 14 e 15:<< L'ode 1, 11 è ricca di performativi. Ma la maggior parte di essi è, sintatticamente o semanticamente, negativa: non indagare il futuro (ne quaesieris…), è peccato sapere (scire nefas), non tentare l'oroscopo (nec temptaris…), non prolungare la speranza oltre il breve spazio della vita (spazio brevi/ spem longam resecem), non farti illusioni sul domani (quam minimum credula postero). Il carpe diem è così serrato in un cerchio di divieti, connotati dalla sacralità di nefas che ne condizionano il significato. La medesima struttura, sia pure a diverso livello, presentano gli altri carmi del carpe diem, l'ode 3,8; anche l'ode 3, 29 che al verso 29 dice:<<Ricordati di ben disporre del presente: il resto è come la corrente di un fiume>>. Il carpe diem ci appare dunque costantemente connesso col divieto complementare non pensare al domani>>, perché <<vivere il tempo, vuol dire morirne>>. Per tutti questi motivi questa ode è diventata una poesia evergreen, cioè contiene un messaggio sempre attuale ed intramontabile.
[modifica] La tesi della poesia.
La tesi della poesia è incentrata soprattutto sul messaggio positivo dell'ode il "Carpe diem" vivi la giornata e non alla giornata. "Il "carpe diem" finale non deve essere inteso nel senso grossolano in cui è divenuto proverbiale, come se fosse "godi allegramente la giornata che passa". Orazio dice:<<cogli la tua giornata, che ti è offerta dagli Dèi come un bel fiore cadùco". Vitae summa brevis: può anche darsi che la vita sembri lunga, ma Orazio pensa a ciò che in essa è veramente vita, cioè gioia, cioè primavera. Fa' un po’ il conto: è così breve la somma. E mentre noi cerchiamo di fare la somma essa già fugge. In termini più moderni credo si possa dire che la tesi sia che ognuno debba autorealizzare se stesso. Ogni uomo dal più infimo al più felice cerca, ogni giorno, di realizzare se stesso cioè di realizzare tutte le sue capacità fisiche e cognitive. La poesia è dunque un imperioso ammonimento e una dolce esortazione a godere i piaceri immediati della vita e a ridurre drasticamente le grandi speranze e le grandi illusioni che oltrepassino il breve spazio del tempo vicino perché <<La pallida morte picchia con piede indifferente ai tuguri dei poveri e alle torri dei re. O Sestio, o uomo felice, la breve durata della vita ci vieta di concepire una luna speranza; ben presto, t'incomberà la notte, e i Mani, che non sono che favola, e la vacua dimora di Plutone, dove, come vi sarai entrato, non trarrai a sorte coi dadi il regno della mensa e non mirerai Lìcida, per cui ora tutti ardono i giovani, e presto si scalderanno le fanciulle>>. (liber I°, ode n° IV, VV 13-20).
[modifica] Fatti, personaggi, tempi e luoghi della poesia.
L'ode è dedicata a Leuocone, la quale deve godersi la vita e non fidarsi del domani. Ma l'ode è indirizzata a tutti gli uomini che vivono su questa terra, i quali devono vivere ogni giorno, a godere della luce del sole, a saper vivere bene tutti i piaceri della vita e come dice Orazio nella IVª epistola inviata a Tibullo:<<fa conto che ogni giorno sia per te l'ultimo raggio di sole: sarà un piacere di più l'ora inattesa>>e lo stesso concetto è espresso molto bene nei versi 12-15:<<E non tentare invece di scoprire / cosa accadrà, cosa sarà il domani…/ma vivi come un dono ogni giornata/ che ora, quale che sia, la sorte ci concede>>. Credo che la migliore conclusione sia quella di A. Traina che così scrive nella sua introduzione nelle pagine 15 e 16:<< In Orazio il polo opposto al presente è il futuro: un futuro non sperato ma temuto, una fuga dal domani, che sull'oggi getta un'ombra di morte:<< non attenderti l'immortalità, te lo ripete la stagione che rapisce i giorni della nostra vita>> (ode 4, 7). Rapit: il verbo dell'epodo 13: rapiamus. Fra queste due rapine, quella che il tempo fa all'uomo e quella che l'uomo tenta di fare al tempo, si tende la drammatica temporalità di Orazio>>.
[modifica] Analisi della forma.
[modifica] Il genere della poesia.
Il genere della poesia è di genere lirico, perché il poeta esprime i suoi sentimenti e in parte la sua Weltanschauung, ma è anche di genere formale, perché il poeta ha fatto un'accurata e attenta scelta delle parole, ed è, infine, una poesia sociale e conativa, perché la poesia è parenetica, cioè esortativa ed ammonitiva.
[modifica] La metrica della poesia.
La metrica della poesia è l'Asclepiadeo maggiore.
[modifica] Le figure retoriche della poesia.
Le figure retoriche della poesia sono: l'inversione, l'allitterazione e la callida iunctura, cioè un'insolita associazione di parole, creatrice di nuove analogie.
[modifica] Il tono emotivo della poesia.
La poesia esprime una forza positiva dovuta al messaggio del "Carpe Diem", ma ha anche un tono elegiaco e mesto dovuto al messaggio della rassegnazione e della fugacità del tempo che la poesia afferma. Il tono emotivo della poesia è soffuso da una velata melanconia, dovuta al concetto del tempo che fugge via, "un tempo che inghiotte tutto, tranne la fama del poeta". A. Traina afferma:<<La malinconia è il prezzo che la poesia di Orazio paga alla sua saggezza>> e poco oltre scrive:<<E perciò la corda più autentica della sua lira non è la gioia del possesso, ma la malinconia della rinunzia>>.
[modifica] Il linguaggio poetico.
Il linguaggio poetico della poesia è ricercato e raffinato.
[modifica] La sintassi della poesia.
La sintassi della poesia contiene sia periodi paratattici sia periodi ipotattici.
[modifica] La lexis della poesia.
La lexis della poesia è chiara e di "semplice di una eleganza senza artifici". A. Traina su questo punto così scrive a pagina 36 ;<<La conclusione è evidente: la presenza dei componenti nominali caratterizza lo stile delle odi di contro allo stile umile delle satire e delle epistole, a la loro scarsezza, a sua volta, lo caratterizza rispetto allo stile alto dell'epos e della lirica ditirambica, sporadicamente attinta da qualche punta espressiva: è lo stile medio-alto della lirica oraziana.
[modifica] Le espressioni più belle della poesia.
Le espressioni più belle sono: "Sapias, vina liques et spatio brevi/spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida/ aetas: carpe diem, quam minimum credula postero". <<Tu sii saggia e versa , comunque:/versami un po’ di vino e riconduci tutti i tuoi progetti/ e le speranze ardite alla misura breve della vita mortale. Mentre parliamo, vedi, è già fuggito il tempo7 che ci invidia la vita e la rapisce./Cogli dunque il giorno, senza illusioni, meno che puoi fidando nel futuro>>.
[modifica] Gli aspetti estetici della poesia.
La poesia è molto bella sia per il contenuto sia per la forma. L'imperativo esortativo del "Carpe diem" invita a vivere bene e subito e pone gli uomini di fronte a se stesso, agli altri e affida agli uomini che si trovano dinanzi alla natura e alla vita un compito diretto e drastico: vivere bene senza sottrarsi alla ricerca della felicità. Coloro che si sottraggono a questo compito di riducono a vivere come bestie o come oggetti, privi di coscienza e di volontà. La forma della poesia è anch'essa molto bella, sia per la scelta delle espressioni, come la bellissima iunctura "Carpe Diem" che è diventata una frase proverbiale del sentire comune e una delle espressioni più delle di tutta la letteratura latina. Anche la lexis è, secondo me, molto bella perché ha un tono soave e leggero.
[modifica] Un giudizio critico
Questa celebre e bellissima poesia mi piace molto perché mi suscita molte sensazioni piacevoli e positive. La prima sensazione piacevole è quella di condividere il Carpe diem di Orazio. E ogni giorno cerco di godere tutti i piaceri della giornata, perché so che se lascio quel piacere lo perdo. Un proverbio dice per l'appunto:<Ogni cosa lasciata è perduta>>. La seconda sensazione piacevole è quella che effettivamente sento di provare ogni giorno il senso della brevità della vita e di sentirmi piccolo di fronte alla immensità della natura e di fronte all'infinità dell'universo. La terza sensazione piacevole e positiva è quella di sentire dentro di me una forte spinta a vivere bene e a godere di tutte le bellezze della vita: dalle bellezze della natura alle bellezze artistiche, dalle bellezze filosofiche alle bellezze scientifiche, dalle bellezze poetiche alle bellezze cinematografiche , dalle bellezze delle donne alle bellezze paterne, dalle bellezze emotive alle bellezze cognitive, che gli altri riescono a produrre ed io ad ammirarle e a contemplarle. In una sola parola io cerco di autorealizzare tutte le mie capacità cognitive e fisiche per poter dire un istante prima di morire quello che ha scritto Orazio nella bellissima ode no XXIX del terzo libro nei versi 41- 48:<< Chi vive signore di se stesso e lieto, al quale, per ogni giorno che passa, è lecito dire: "ho vissuto", domani, il padre nasconda pure il cielo con un'atra nube o col pure sole, ma non potrà tuttavia fare vano ciò che rimane dietro a noi, né muterà né renderà non fatto ciò che una volta l'attimo fuggente portò via con sé>>.