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San Roberto Bellarmino - Wikipedia

San Roberto Bellarmino

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Cardinale

Roberto Francesco Romolo Bellarmino
 
della Chiesa cattolica
Immagine di Roberto Francesco Romolo Bellarmino
titolo
[[Immagine:|100px|Stemma di Roberto Francesco Romolo Bellarmino]]
Proclamato 3 marzo 1599 da papa Clemente VIII
Nato 4 ottobre 1542, Montepulciano
Ordinato
Consacrato
Vescovo
Deceduto 17 settembre 1621
 
Cardinale
Titolo cardinalizio
Collegio cardinalizio · Concistoro
Tutti i cardinali
dati

Progetto Cattolicesimo · uso tabella

Roberto Francesco Romolo Bellarmino (Montepulciano, 4 ottobre 1542 - ), famoso teologo gesuita, scrittore e cardinale, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica di cui è anche "Dottore".

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] L'infanzia e la giovinezza

Suo padre era Vincenzo Bellarmino, sua madre, Cinzia Cervini, era la sorella del cardinale Marcello Cervini, futuro papa Marcello II.

Fu educato nel collegio gesuita, di recente fondazione, della sua città natia ed entrò nella Società di Gesù il 20 settembre 1560, ammesso alla prima professione religiosa il giorno dopo. Trascorse i tre anni successivi studiando filosofia nel collegio romano, dopo di che iniziò ad insegnare materie letterarie dapprima a Firenze, poi a Mondovì. Nel 1567 intraprese lo studio della teologia a Padova, e nel 1569 fu inviato a completare questi studi a Lovanio, dove poté acquisire una più completa conoscenza delle eresie più importanti.

[modifica] L'opera come professore

Dopo l’ordinazione sacerdotale a Lovanio, guadagnò rapidamente notorietà sia come professore sia come predicatore, in quest’ultima veste capace di attirare al suo pulpito sia cattolici che protestanti[1], persino da altre aree geografiche. Nel 1576 fu richiamato in Italia e gli fu affidato la cattedra di “Controversie” da poco istituita nel Collegio Romano. Si dimostrò adeguato alla difficoltà del compito e le lezioni che egli tenne confluirono nell’opera Le controversie.

Quest’opera monumentale fu il primo tentativo di presentare in modo sistematico le varie controversie dell’epoca, ebbe un’enorme risonanza per tutta l’Europa. Presso le chiese protestanti in Germania e in Inghilterra speciali cattedre furono istituite per fornire ad essa una replica.

Quest’opera non è stata ancora rimpiazzata come testo classico su tale materia[1], anche se, come si può facilmente arguire, l’avanzamento degli studi critici ha diminuito il valore di alcuni suoi argomenti storici.

Nel 1588 Bellarimino fu nominato "Padre Spirituale" al Collegio Romano.

[modifica] La missione in Francia e il contrasto con Sisto V

Nel 1590 si recò assieme al cardinale Gaetano come teologo facente parte della legazione che Sisto V stava inviando in Francia per proteggere gli interessi della chiesa coinvolta nelle difficoltà delle guerre civili. Mentre si trovava in Francia fu raggiunto dalla notizia che Sisto V, che aveva calorosamente accettato la dedica della sua opera “Le controversie”, stava per proporre di metterne il primo volume all’Indice. Il motivo era che egli aveva mostrato che alla Santa Sede è assegnato un potere indiretto e non diretto sulle realtà temporali.

Bellarmino, la cui fedeltà alla Santa Sede era intensa, ne fu profondamente dispiaciuto. Comunque questa condanna fu evitata dalla morte di Sisto, e il nuovo papa, Gregorio XIV, concesse all’opera del Bellarmino persino l’onore di una speciale approvazione.

[modifica] Il ritorno alla cattedra e la revisione della Vulgata

Quando la missione del Gaetano era oramai al termine, Bellarmino assunse nuovamente il suo lavoro come padre spirituale ed ebbe la consolazione di guidare negli ultimi anni della sua vita Luigi Gonzaga, che morì al Collegio romano nel 1591; e di cui molti anni dopo Bellarmino promuovere la beatificazione.

Nello stesso periodo egli fece parte della commissione finale per la revisione del testo della Vulgata.

Questa revisione era stata oggetto di una richiesta del concilio di Trento, e i papi posttridentini avevano operato per questo compito portandolo quasi a realizzazione completa. Purtroppo Sisto V, per quanto non dotato di competenze in questo campo scientifico, aveva introdotto delle modifiche di sua propria volontà, quasi tutte peggiorative. Si era spinto al punto di far stampare questa edizione viziata da errori e in parte distribuirla con il proposito di imporne l’uso con una sua bolla. Tuttavia morì prima della promulgazione ufficiale e i suoi immediati successori procedettero subito ad eliminare gli sbagli più vistosi e togliere dalla circolazione la stampa piena di errori.

Il problema consisteva nell’introdurre un’edizione più corretta senza screditare il nome di Sisto e Bellarmino propose che la nuova edizione dovesse portare sempre il nome di Sisto, con una spiegazione introduttiva secondo la quale, a motivo di alcuni errori tipografici o di altro genere, già Sisto aveva deciso che una nuova edizione dovesse essere intrapresa. La sua dichiarazione, dal momento che non c’è prova contraria, dovette essere considerata come risolutiva, tenendo conto di quanto serio e responsabile egli era stimato dai suoi contemporanei. Ancor più essa non poteva essere rifiutata senza macchiare la reputazione degli altri membri della commissione che accolsero il suggerimento, e quella di Clemente VIII che, pienamente consapevole della vicenda, diede il permesso che la prefazione del Bellarmino fosse premessa alla nuova edizione.

Angelo Rocca, il segretario della commissione deputata alla revisione, scrisse di suo pugno una bozza della prefazione in cui dichiarava:

Collabora a Wikiquote
«[Sisto] quando iniziò a rendersi conto che c’erano errori tipografici ed altre opinioni scientifiche, cosicché si poteva, o meglio doveva, prendere una decisione sul problema, e pubblicare una nuova edizione della Volgata, siccome morì prima, non fu in grado di realizzare quanto aveva intrapreso.»

Questa bozza, alla quale quella del Bellarmino fu preferita, è tuttora esistente, allegata alla copia dell’edizione Sistina in cui sono segnate le correzioni della Clementina, e può essere consultata nella Biblioteca Angelica di Roma.

[modifica] La nomina a cardinale

Nel 1592 Bellarmino fu fatto rettore del collegio romano, nel 1595 superiore della Provincia di Napoli.

Nel 1597 Clemente VIII lo richiamò a Roma e lo nominò suo consultore teologo come pure Esaminatore dei Vescovi e Consultore del Sant’Uffizio. Inoltre, nel 1599, lo nominò cardinale presbitero con il titolo di Santa Maria in Via, indicando la motivazione di questa promozione: La Chiesa di Dio non ha un soggetto di pari valore nell’ambito della scienza.

A questo periodo risale anche la nomina, con il cardinale Domenicano D’Ascoli, ad assistente del cardinale Madruzzi, il presidente della Congregazione “De Auxiliis” che era stata istituita poco prima per comporre la controversia che era recentemente sorta tra Tomisti e Molinisti a proposito della natura dell’armonia tra grazia efficace e libertà umana.

Il parere di Bellarmino sin dall’inizio fu che tale questione di natura dottrinale non dovesse essere risolta con un intervento autoritativo, ma lasciata ancora alla discussione tra i diversi indirizzi e che ai contendenti di entrambi i campi fosse seriamente proibito di indulgere a censure o condanne degli avversari. Clemente VIII all’inizio era propenso ad accettare questa idea, ma successivamente cambiò completamente posizione ed era deciso a dare una definizione dottrinale. La presenza del Bellarmino era diventata imbarazzante, ed egli perciò lo nominò arcivescovo di Capua, sede resasi proprio allora vacate.

Questa nomina è stata talvolta interpretata come se si fosse trattato di una degradazione del cardinale, ma Clemente volle consacrarlo con le sue mani, un onore che abitualmente i papi concedono come segno di una stima speciale; il nuovo arcivescovo partì subito per la sua sede, e si distinse nel suo ministero.

Nel 1605 Clemente VIII morì e gli succedettero Leone XI che regnò per soli ventisei giorni, e poi Paolo V. Nell’uno e nell’altro conclave, specialmente nel secondo, il nome di Bellarmino fu spesso dinanzi alle intenzioni degli elettori, specialmente a motivo delle afflizioni subite, ma il fatto che fosse un gesuita costituì un impedimento secondo il giudizio di molti cardinali.

Il nuovo Papa insistette nel tenerlo con sé a Roma, e il cardinale chiese che almeno egli fosse esonerato dal ministero episcopale le cui responsabilità egli non era più in grado di adempiere. A questo punto egli fu nominato membro del Sant’Uffizio e di altre congregazioni, successivamente consigliere principale della Santa Sede nel settore teologico della sua amministrazione.

Tra gli interventi particolarmente associati al suo nome i seguenti sono i più importanti. La disputa “De Auxiliis”, che alla fine Clemente non aveva avuto modo di portare a termine, fu conclusa con una decisione che ricalcava le linee dell’originaria proposta del Bellarmino. Il 1606 segnò l’inizio della contesa tra la Santa Sede e la Repubblica di Venezia, che consultare il Papa, aveva abrogato la legge di esenzione del clero dalla giurisdizione civile e tolto alla Chiesa il diritto di possedere beni immobili. La disputa portò ad una guerra di libelli durante la quale la parte repubblicana fu sostenuta da Giovanni Marsiglio e da un monaco apostata, Paolo Sarpi, la Santa Sede dal Bellarmino e dal Baronio.

Contemporaneamente alle vicende della Repubblica Veneziana furono quello concernenti il Giuramento inglese di lealtà. Nel 1606, in aggiunta alle vessazioni già imposte, ai cattolici inglesi fu chiesto, sotto pena di prœmunire, di prestare un giuramento di fedeltà abilmente formulato con tale astuzia che un cattolico, nel rifiutarlo, sarebbe potuto apparire come un cittadino che si sottraeva ai suoi doveri civili, mentre, se lo avesse effettuato, avrebbe non solo rifiutato ma persino condannato come empio ed eretico l’insegnamento sul potere di deporre, ossia, del potere, che, giustamente o erroneamente, la Santa Sede aveva rivendicato ed esercitato per secoli con la piena approvazione della cristianità, e che, anche in quel periodo, la stragrande maggioranza dei teologi continuava a sostenere.

Poiché la Santa Sede aveva proibito ai cattolici di prestare questo giuramento, il re Giacomo si presentò come suo difensore, in un libro intitolato Tripoli nodo triplex cuneus, a cui Bellarmino replicò nel suo Responsio Matthei Torti.

Altri trattati seguirono dall’uno e dall’altro campo, e, risultato di uno di essi, scritto a confutazione del potere di deporre i sovrani da parte di William Barclay, giurista inglese, residente in Francia, fu che la replica del Bellarmino a tale scritto fosse poi adoperata dal Parlamento parigino, di orientamento regalista.

La conseguenza fu che, a seguito della dottrina della via media del potere indiretto di deporre i sovrani, il Bellarmino fu condannato nel 1590 come troppo incline alle posizioni regaliste e nel 1605 come eccessivamente papalista.

[modifica] Il caso Galilei

Per approfondire, vedi le voci Processo a Galileo Galilei e Galileo Galilei.

Bellarmino non visse fino al punto di affrontare l'ultimo episodio della condanna a Galileo Galilei, ma nel 1615 egli prese parte alla prima fase. Il cardinale fece parte della commissione vaticana che ammonì Galileo dal continuare a proporre la teoria eliocentrica nel 1616 e fu proprio lui a comunicargli l'ammonizione che conteneva con una lettera rimasta famosa.

In precedenza aveva sempre mostrato interesse nelle scoperte dello scienziato e si era trattenuto in amichevole corrispondenza con lui. Aveva pure assunto, come testimoniato dalle sue lettere all'amico di Galileo, Foscarini, un atteggiamento aperto verso le teorie scientifiche, ammonendolo, tuttavia, di non cercare una dimostrazione della loro esattezza limitandosi a porle come ipotesi.[1].

[modifica] La morte ed il culto

Bellarmino visse ancora per assistere ad un altro conclave, quello che elesse Gregorio XV (febbraio 1621). La sua salute stava declinando e nell’estate dello stesso anno gli fu permesso di ritirarsi a Sant’Andrea e di prepararsi alla fine.

Alla sua morte sorse l’attesa che la sua causa fosse rapidamente introdotta. E così fu, all’epoca di Urbano VIII nel 1627, allorché egli diventò venerabile. Tuttavia un ostacolo di natura tecnica, proveniente dalla legislazione generale sulle beatificazioni emanata da Urbano VIII, richiese una dilazione. Anche se la causa fu reintrodotta in numerose occasioni (1675, 1714, 1752, 1832), e anche se ad ogni ripresa la grande maggioranza dei voti era favorevole alla beatificazione, una conclusione positiva arrivò solamente dopo molti anni. Il motivo fu in parte legato al carattere influente di alcuni che diedero un voto negativo, come Barbarigo, Casante, Azzolino nel 1675, e Passionei nel 1752, ma più ancora per ragione di convenienza politica, dal momento che il nome del Bellarmino era strettamente associato con una dottrina dell’autorità pontificia dannosissima per i politici regalisti della corte di Francia. papa Benedetto XIV al cardinale de Tencin scrisse:

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«Noi abbiamo confidenzialmente detto al Generale dei Gesuiti che il ritardo della causa è motivato non da materie di poco conto attribuite a suo carico dal cardinale Passionei, ma dalle infelici circostanze dei tempi»
(Études Religieuses, 15 aprile 1896).)

Fu beatificato nel 1923 e canonizzato nel 1930 al termine di un processo molto lungo e nominato Dottore della Chiesa nel 1931 da papa Pio XI. È il santo patrono dei catechisti.

[modifica] Opere

La lista completa degli scritti di Bellarmino e di quelli diretti contro di lui può essere rintracciata nella Bibliothhque de la compagnie de Jésus di Sommervogel. I seguenti sono i più importanti:

Scritti polemici:

  • Disputationes de Controversiis Christianae Fidei adversus hujus temporis hereticos, che ebbe innumerevoli edizioni di cui le principali sono quelle di Ingolstadt (1586-89), Venezia (1596), riviste personalmente dall’autore, ma piene di refusi di stampa, di Parigi o "Triadelphi" (1608), Praga (1721), Roma (1832)
  • De Exemptione clericorum, e De Indulgentiis et Jubilaeo, pubblicate come monografie nel 1599, ma successivamente incorporate nel De Controversiis
  • De Transitu Romani Imperii a Graecis ad Francos (1584)
  • Responsio ad praecipua capita Apologiae [...] pro successione Henrici Navarreni (1586)
  • Judicium de Libro quem Lutherani vocant Concordiae (1585)
  • quattro Risposte agli scritti a nome della Repubblica Veneziana di Giovanni Marsiglio e Paolo Sarpi (1606)
  • Responsio Matthaei Torti ad librum inscriptum Triplici nodo triplex cuneus 1608
  • Apologia Bellarmini pro responsi one sub ad librum Jacobi Magnae Britanniae Regis (1609)
  • Tractatus de potestate Summi Pontificis in rebus temporalibus, adversus Gulielmum Barclay (1610).

Opere catechetiche e spirituali:

  • Dottrina Cristiana Breve e Dichiarazione Più Copiosa Della Dottrina Cristiana (1598), due opere catechetiche che hanno ricevuto più di una volta l’approvazione del papa e sono state tradotte in varie lingue; sono state in uso fino al XIX secolo.
  • Dichiarazione del simbolo (1604), ad uso dei preti
  • Admonitio ad Episcopum Theanensem nepotem suum quae sint necessaria episcopo (1612)
  • Exhortationes Domesticae, pubblicate solo nel 1899 dal Padre van Ortroy;
  • Conciones habitae Lovanii, la cui edizione più corretta è del 1615;
  • De Ascensione mentis in Deum (1615)
  • De Aeterna felicitate sanctorum (1616);
  • De gemitu columbae (1617)
  • De septem verbis Christi (1618);
  • De arte bene moriendi (1620).

Le ultime cinque sono opere spirituali scritte durante i ritiri spirituali annuali.

Opere esegetiche e di altro genere:

  • De Scriptoribus ecclesiasticis (1615)
  • De Editione Latinae Vulgatae, quo sensu a Concilio Tridentino definitum sit ut ea pro authenticae habeatur non pubblicate fino al 1749
  • In omnes Psalmos dilucida expositio (1611).

Edizioni complete dell’Opera omnia di Bellarmino sono state pubblicate a Colonia (1617), Venezia (1721), Napoli (1856), Parigi (1870).

[modifica] Fonti

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