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Lingua ligure - Wikipedia

Lingua ligure

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Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, in seguito a discussione, si è deciso di usare nella nomenclatura delle pagine il termine lingua per quelle riconosciute come tali nella codifica ISO 639-1, ISO 639-2 oppure ISO 639-3, approvata nel 2005. Per gli altri idiomi, viene usato il termine dialetto. (elenco ufficiale)

Ligure (Liguru)
Creato da: {{{creatore}}} nel {{{anno}}}
Contesto: {{{contesto}}}
Parlato in: Italia
Regioni:Parlato in: Liguria, Sardegna, Corsica, Francia e Monaco
Periodo: {{{periodo}}}
Persone: oltre 1.920.000
Classifica: non in top 100
Scrittura: {{{scrittura}}}
Tipologia:
Filogenesi:

Lingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Occidentali
     Galloiberiche
      Galloromanze
       Galloitaliche
        
         Ligure
          
           
            
             
              

Statuto ufficiale
Nazioni: nessuna
Regolato da: nessuna regolazione ufficiale
Codici di classificazione
ISO 639-1 {{{iso1}}}
ISO 639-2 {{{iso2}}}
ISO 639-3 lij (lingue romanze)
SIL LIJ  (EN)
SIL {{{sil2}}}
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
Il Padre Nostro
Traslitterazione
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Lingua - Elenco delle lingue - Linguistica
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La lingua ligure è una lingua appartenente alla famiglia delle lingue romanze del gruppo occidentale: tradizionalmente integrata nel gruppo galloitalico dei dialetti italiani, si differenzia dalle altre parlate inserite in questo sistema (piemontese, lombardo, emiliano-romagnolo) per la presenza di caratteri di transizione verso le parlate dell'Italia centrale e meridionale e per specifiche caratteristiche: analogamente al veneto essa rappresenta dunque, nel contesto italiano settentrionale, una delle varietà meglio differenziate e riconoscibili.
La denominazione complessiva tradizionale delle varietà liguri è, già a partire dal sec. XIV, genovese, che fa inoltre specifico riferimento alla parlata di Genova, capitale della Liguria e ai dialetti che ad essa più strettamente si collegano. Il modello urbano del genovese è non soltanto il più diffuso e prestigioso, ma anche quello dotato di più solide e consistenti tradizioni letterarie.

Indice

[modifica] Diffusione

Il ligure è una lingua in grave pericolo di estinzione: molte delle sue varianti, in particolare quelle urbane, possono già essere classificate moribonde non essendo più state trasmesse ai giovani per più di una generazione. Visto il totale disinteresse delle autorità alla situazione delle lingue regionali italiane, non sono a disposizione dati statistici recenti sull'effettiva diffusione della lingua ligure. Si può soltanto supporre che la percentuale di locutori attivi sia ancora alta tra la popolazione nata prima del secondo conflitto mondiale e che scenda rapidamente fin quasi a toccare lo zero tra le nuove generazioni.
Il ligure è parlato come seconda lingua, nelle sue diverse varianti, da circa 1.850.000 persone in quasi tutta la regione ligure con l'esclusione dell'estremità orientale della regione, intorno alla città di Sarzana, dove i dialetti lunigianesi assumono caratteristiche proprie. Varietà di transizione verso i dialetti galloitalici, ma ancora con nette caratteristiche liguri, sono quelli del cosiddetto Oltregiogo, il territorio che comprende i solchi vallivi al di sopra dello spartiacque alpino-appenninico includendo anche aree amministrativamente legate ad altre regioni italiane: in provincia di Cuneo, l'alta val Tanaro con i centri di Briga Alta, Ormea e Garessio, mentre i caratteri piemontesi si accentuano nei dialetti della Val Mongia (Viola e Pamparato) e di alcuni rami della Val Bormida (Monesiglio); in provincia di Alessandria, l'Oltregiogo storico a sud di Ovada e Novi Ligure includendo i centri di Gavi, Arquata Scrivia e Serravalle Scrivia, la val Lemme e la val Borbera; in provincia di Pavia, l'alta val Staffora; in provincia di Piacenza la val Trebbia a sud di Bobbio; in provincia di Parma l'alta valle del Taro con Bedonia e Borgo Val di Taro. Una varietà ligure occidentale denominata Monegasco viene correntemente parlata da oltre cinquemila persone nel Principato di Monaco, (17% della popolazione aborigena); in Francia, dialetti liguri di tipo alpino si parlano in val Roia (ad esempio nei centri di Briga, Tenda, Saorge, Breil-sur-Roya, a Mentone e a Roquebrune-Cap-Martin, qui con caratteri di transizione verso il dialetto nizzardo. Circa 10.000 persone in Sardegna tra Carloforte e Calasetta (Provincia di Carbonia-Iglesias), parlano il dialetto Tabarchino, in tal modo i due comuni formano un'isola linguistica ligure; ciò è dovuto ad una migrazione di coloni genovesi da Tabarqa (Tunisia), avvenuta nel XVIII secolo per motivi di ordine politico-economici connessi con l'espansione francese in Africa Settentrionale. Altra isola linguistica genovese sono Bonifacio e Calvi, in Corsica, frutto di un popolamento risalente al sec. XII (vedi lingua corsa). Determinante fu il ruolo dei dialetti liguri dell'Oltregiogo occidentale (alta val Bormida) nella formazione in epoca medievale delle parlate cosiddette galloitaliche della Basilicata (Potenza, Picerno, Tito ecc.) e anche i dialetti altoitaliani della Sicilia (Aidone, Piazza Armerina, Nicosia ecc.) presentano una sicura componente ligure la cui esatta origine resta però da determinare. Dialetti liguri importati nel sec. XV dalla zona di Oneglia furono parlati fino ai primi anni del Novecento in alcune località della Provenza orientale (Biot, Vallauris, Mons ed Escragnolles), e anche il ramo spagnolo della diaspora tabarchina, stanziato sull'isola di Tabarca presso Alicante si estinse all'inizio del XX secolo. Più a lungo è sopravvissuta la comunità di lingua genovese installatasi a partire dai primi anni del Settecento a Gibilterra (ove gli ultimi parlanti scomparvero verso il 1980), mentre sono ancora vitali diverse comunità di parlanti in America Latina, soprattutto in Cile e Argentina. Il genovese esportato per motivi storico-politici in vari ambiti del Mediterraneo e dell'Atlantico ai tempi della Repubblica di Genova e durante l'Ottocento ha influenzato notevolmente la lingua corsa (anche se tale apporto viene in genere minimizzato per motivi di ordine politico-culturale), il dialetto greco dell'isola di Chios e altre varietà; ha contribuito inoltre alla formazione di varietà miste, come il dialetto dell'isola di Capraia (a base corsa) e quello di La Maddalena (vera e propria varietà di transizione corso-sardo-ligure), oltre a una varietà di cocoliche chiamata lengua giacumina che fu parlata a Buenos Aires e che lasciò tracce significative nel lessico del gergo lunfardo.

[modifica] Storia linguistica

Dal punto di vista storico, il ligure rappresenta l'evoluzione locale del latino volgare, caratterizzata dall'emergere, insieme a fenomeni comuni con le parlate dell'Italia settentrionali, di caratteri nettamente peculiari o di raccordo con l'area italiana centro-meridionale.

Tra i caratteri settentrionali, non ugualmente condivisi da tutti dialetti liguri, si segnalano ad esempio:

- l'evoluzione in ü di ū latino (PLUS > ciü) e la presenza del fonema ö (NOVU > növu); - l'evoluzione di -CT- secondo un modello che viene riferito a influsso celtico (FACTU > faitu > fætu); - la palatizzazione di CL- e GL- in c(i), g(i) (es. CLAMARE > ciamâ, GLAREA > giæa 'ghiaia'); - la lenizione delle consonanti sorde, che può raggiungere la completa sparizione (LOCU > lögu, CEPULLA > sevulla > seulla > siòula, DIGITU > diu, ecc.);

Tra i caratteri di raccordo con l'area centro-meridionale:

- la conservazione delle vocali atone e finali tranne dopo -n e -l, -r (ad esempio in 'gattu' contro il settentrionale 'gat', 'menestra' contro 'mnestra', ma 'can' per 'cane'); - la palatizzazione "spinta" di PL-, BL- e FL- quale si ritrova anche nei dialetti italiani meridionali (PLANTA > cianta, BLASPHEMIA > giastemma, FLORE > sciua); - la maggior parte delle caratteristiche morfologiche e sintattiche.

Tra le altre caratteristiche specifiche o che connotano comunque in maniera unitaria le varietà liguri:

- il passaggio da -L- a -R- (che copre un'area peraltro assai vasta dalla Provenza all'Italia settentrionale) e l'indebolimento di -r- in -ř- palatale, che nei dialetti più evoluti, compreso il genovese, arriva fino alla caduta: CARU > cařu > câu 'caro', mařavéggia > mâvéggia 'meraviglia', ciæřu > ciæu 'chiaro', ecc. Questo fatto tra gli altri ha avuto conseguenze notevoli nella struttura delle parole: ad esempio FARINA è passato a fařin-a e da qui a faìn-a, con successiva ritrazione dell'accento in fàina e chiusura del dittongo nel genovese moderno fænn-a; PATRE ha dato in genovese medievale l'esito pàiře in seguito al quale, dopo lo sviluppo di un'appendice semivocalica alla consonante labiale (puàiře) e alla chiusura del dittongo si è arrivati al genovese moderno puæ attraverso le fasi puæře, puæe.

I dialetti liguri rappresentano un gruppo sostanzialmente unitario nel quale le forze centrifighe date dal frazionamento territoriale sono state controbilanciate, tra l'altro, dall'influsso politico e culturale di Genova su gran parte del restante territorio: se questo fatto ha marginalizzato da un lato i dialetti più eccentrici, come quelli arcaici delle Alpi Marittime o delle Cinque Terre, in alcuni casi si è verificata la conservazione nelle parlate provinciali di caratteristiche un tempo comuni al genovese urbano: ad esempio, la -ř- palatale caduta nella variante illustre a partire dal sec. XVIII è ancora saldamente presente in molte varietà della Riviera di Ponente, e i suoni / ts / e / dz / del genovese medievale si mantengono ancora in alcune aree montane. Al di là dell'influenza genovese, alcuni elementi di differenziazione interna sono comunque antichi: si distingue così l'esito di -CL- latino nell'area orientale gravitante su La Spezia (che ha 'spécio') dal tipo genovese ('spégiu') diffuso fino a Taggia verso ovest e da quello occidentale estremo che è 'spégliu'; al contrario, l'esito del nesso latino -LI- è -g(i)- in un'area che va dai confini orientali fino alla zona di Finale Ligure (FAMILIA > famiggia), mentre più a ovest si ha -gl(i)- (famiglia); la velarizzazione di -N- e il passaggio di Ē latina ad -ei- sono estesi solo nella zona più direttamente influenzata da Genova, con LANA > lan-a e BIBERE > béive 'bere' che vanno da Noli a Moneglia. Sulla base di queste e di altre differenziazioni è ormai invalso l'uso di classificare i dialetti liguri secondo lo schema seguente:

- ligure orientale (dai confini orientali fino a Levanto sulla costa, con l'area particolarmente conservativa delle Cinqueterre); - ligure genovese, da Moneglia a Noli col corrispondente entroterra al di sotto dello spartiacque appenninico e con appendici in Valle Scrivia (la varietà più diffusa e parlata, riconosciuta come genovese "illustre"); - ligure centro-occidentale, da Finale Ligure a Taggia; - ligure occidentale fino a Monaco; - ligure alpino (compreso il roiasco) nelle zone montane a nord della fascia occidentale, con caratteri conservativi; - ligure dell'Oltregiogo, al di sopra dello spartiacque, con caratteri di transizione verso il piemontese (Oltregiogo occidentale, corrispondente alla Val Bormida e alla zona tra Sassello e Ovada), il lombardo (Oltregiogo centrale, con centro a Novi Ligure) e l'emiliano (Oltregiogo orientale, dalla Val Trebbia alla Valle del Taro); - tra i dialetti coloniali, il tabarchino è sostanzialmente aderente al genovese rustico, il dialetto di Bonifacio rappresenta un'autonoma evoluzione dei dialetti liguri orientali degli originari coloni, con influssi del genovese urbano.

All'interno di questi raggruppamenti vigono differenziazioni anche sostanziali, ma in linea di massima i dialetti liguri rimangono nettamente riconoscibili nel loro insieme e risultano caratterizzati da una forte unitarietà lessicale che ne favorisce l'intercomprensione; il gruppo genovese è comunque il più compatto, anche se le differenze areali (ad esempio tra l'area del Tigullio e la varietà urbana o il savonese) e di ordine sociolinguistico (varianti rustiche, popolari, della borghesia urbana ecc.) hanno una loro importanza.

[modifica] Storia linguistica esterna

Accanto all'originale evoluzione linguistica, che denuncia l'alternarsi nel periodo di formazione di fasi di apertura verso il settentrione a momenti di maggiore orientamento verso sud (coincidenti probabilmente con la fase della resistenza bizantina all'espansione longobarda tra il VI e il VII secolo), un aspetto costitutivo della personalità attuale della lingua ligure è dato dalle conseguenze della precoce espansione politico-commerciale di Genova nell'Oltremare: più ancora che Venezia, interessata al controllo di un settore significativo del proprio retroterra, Genova, unificato lo stato regionale lungo l'arco rivierasco, si dimostrò poco attratta dai modelli culturali e linguistici del settentrione, al punto che l'alterità etnica rispetto ai "Lombardi" è un luogo comune costantemente rappresentato nella letteratura medievale. Le dinamiche dell'espansione mediterranea introdussero dunque precocemente, in genovese e nei dialetti liguri, una serie di elementi lessicali di provenienza araba, bizantina e neoellenica, turca, iberoromanza e provenzale che contribuirono in maniera decisiva allo sviluppo di una personalità linguistica autonoma rispetto al retroterra: al contempo, il diretto raccordo con la Toscana eludeva la partecipazione dell'area ligure ai modelli di koinè italiana settentrionale, isolando Genova e le riviere anche dai più recenti processi evolutivi in ambito galloitalico: "lingua del mare" quanto poche altre, il genovese ha lasciato inoltre una quantità notevole di prestiti non soltanto nelle lingue con le quali ha avuto più lunghi e durevoli contatti, come il corso, ma anche in idiomi orientali, in spagnolo, in francese e naturalmente nell'italiano, che dal genovese ha mutuato una parte importante del proprio lessico marinaresco (parole come scoglio, cavo, gassa, bolentino, tra le altre, sono di derivazione ligure). Va inoltre considerato che il genovese godette in epoca medievale e moderna di un notevole prestigio come lingua commerciale, diffusa fino all'Ottocento nei grandi porti del Mediterraneo orientale e occidentale e lungo le coste americane dell'Atlantico: non solo le colonie commerciali genovesi, da Pera presso Costantinopoli a Caffa in Crimea videro assistettero a questa espansione linguistica (puntualmente rintracciabile nei documenti), ma ancora in pieno Ottocento il genovese ebbe un ruolo preminente nei contatti commerciali tra operatori locali ed europei ad esempio a Tunisi, e fu lingua tecnica della navigazione fluviale lungo il Rio de la Plata in Argentina. Questa diffusione ebbe come riflesso interno una crescita del genovese come lingua scritta a partire dalla fine del XIII secolo. Atti ufficiali redatti in volgare genovese appaiono con sempre maggiore frequenza fra il Trecento e il Quattrocento, e solo a partire dalla metà del Cinquecento si può parlare di una generalizzata sostituzione dell'italiano negli usi scritti (ove peraltro a prevalere fu sempre il latino). In questo modo il genovese finì per rappresentare un elemento caratterizzante nella rappresentazione retorica della "diversità" genovese, denunciata da Dante nella "Divina Commedia" ma assunta dalla classe dirigente locale come punto di forza della propria prassi politica: le peculiarità istituzionali della Repubblica, soprattutto a partire dal 1528 furono associate strettamente all'utilizzo di una lingua che gli umanisti italiani, come il Varchi, definirono "barbara" e "da tutte l'altre diversa", ma che proprio per questo gli intellettuali locali, come Paolo Foglietta non cessarono di promuovere come espressione originale di un senso di autonoma appartenenza nazionale. Il rapporto lingua-identità divenne particolarmente vistoso tra il Sei e il Settecento, prima in polemica con l'italiano e lo spagnolo lingue "forestiere" rifiutate da una parte dell'aristocrazia locale, poi come elemento di coesione interclassista ai tempi della guerra di liberazione dall'occupazione austro-piemontese del 1745-1748. Se a differenza dei vicini stati sabaudi l'italiano, per quanto molto diffuso nei ceti intellettuali, non ebbe mai prerogative di ufficialità durante l'ancien régime, con l'occupazione piemontese (1815) il suo uso pubblico incise profondamente il prestigio del genovese, sempre più relegato al rango di linguaggio tecnico della navigazione e del commercio: la reazione autonomista sviluppatasi soprattutto prima della proclamazione del Regno d'Italia (1861) si servì comunque del genovese in funzione anti-monarchica, e tracce significative di questo atteggiamento, che confermava il nesso imprescindibile tra identità linguistica e senso di appartenenza, si ritroveranno nella prassi di scrittori e studiosi attivi fino ai primi decenni del Novecento. A partire da allora, il regresso del genovese e dei dialetti liguri segue modalità analoghe a quelle che contraddistinguono il progressivo calo di prestigio dei diversi dialetti regionali italiani, per quanto in Liguria l'uso delle varietà locali non sia mai stato accompagnato, come altrove, da un atteggiamento svalutativo nei loro confronti. Restano tuttavia incerte e contraddittorie le iniziative di promozione e tutela, per il disinteresse delle istituzioni politiche e culturali e per la frammentazione dei movimenti di iniziativa, che hanno promosso comunque attività di ricerca, di valorizzazione didattica, di recupero della visibilità pubblica del ligure in diversi contesti.

[modifica] Letteratura

Quella in genovese presenta caratteri insoliti nel quadro delle letterature regionali italiane: è dotata anzitutto di una propria continuità storica e contenutistica, verificabile a partire dai testi delle origini, e si distingue per il deciso prevalere di temi che esulano da quelli che si considerano tipici dell’espressione dialettale. Il primo testo, risalente al 1190, è il contrato bilingue di un trovatore provenzale, Raimbaut de Vaqueiras, nel quale una dama genovese risponde per le rime a un corteggiatore occitanico. Questo esperimento letterario isolato, tra i primi a prevedere l’uso di un volgare di area italiana, spicca tra i documenti di carattere notarile anticipando solo dal punto di vista linguistico i successivi frammenti epico-lirici e la complessa opera poetica di Luchetto, meglio noto come l’Anonimo Genovese, che tra la fine del Duecento e i primi del Trecento sviluppa nelle sue Rime temi di carattere religioso e morale, ma soprattutto l’esaltazione patriottica delle vittorie navali sui Veneziani: è l’iniziatore di un robusto filone di poesia civile che continuerà nei secoli successivi accanto alla produzione lirica, orientata in un primo tempo su contenuti religiosi (le Laudi di tradizione tosco-umbra, primo embrione del teatro in volgare). Ma il Trecento vede soprattutto una notevole fioritura di testi in prosa (prevalentemente anonimi, ma anche di autori come Gerolamo da Bavari o Antonio de Regibus), opere originali o tradotte dal latino, dal francese, dal toscano e dal catalano con le quali Genova si propone quale centro di ricezione e di trasmissione per un tipo di letteratura moraleggiante, a carattere narrativo, cronachistico e dottrinale, che tocca i suoi vertici nella "Passion de lo Segnor Gexù Christe" e in alcune raccolte di vite di santi e leggende mariane ("Miràcori de la biâ Verzem"). Questo filone continua nel Quattrocento arricchendosi di contenuti escatologici nella "Istòria de lo complimento de lo mondo e avegnimento de Antechriste", ma intanto l’uso del genovese come lingua cancelleresca implica la trascrizione di orazioni politiche e altre prose civili. La poesia in volgare stigmatizza in quell’epoca le discordie intestine, ma celebra anche, con Andreolo Giustiniani, le più recenti vittorie d’oltremare. Nel corso del Cinquecento la lirica religiosa cede progressivamente il passo a quella di carattere amoroso, condotta tra gli altri da Paolo Foglietta e da Barnaba Cigala Casero sui registri sostenuti del petrarchismo. Con Foglietta in particolare riprende vigore la poesia civilmente impegnata che riflette il complesso dibattito istituzionale interno della Repubblica: nasce in quell’epoca anche un teatro plurilingue, destinato a grande fortuna nel secolo successivo grazie all’opera di Anton Giulio Brignole Sale, in cui i personaggi che si esprimono in genovese rappresentano dietro metafora le problematiche politiche che si agitano in quel periodo. Gian Giacomo Cavalli è l’autore più rappresentativo del concettismo barocco della prima metà del Seicento e il poeta che più di ogni altro sviluppa, con la sua lirica amorosa e i poemetti encomiastici e patriottici raccolti nella "Çìttara zeneize" (1636) una lingua letteraria nettamente distinta dalla parlata popolare fatta propria tra gli altri, nello stesso periodo, da Giuliano Rossi. Dopo la crisi di metà Seicento l’espressione in genovese riprende vigore su temi politico-patriottici, prima con le opere di Carlo Andrea Castagnola e Gio. Agostino Pollinari (il "Genio lìgure trionfante") che celebrano la resistenza genovese al bombardamento francese del 1684, poi con la fioritura intorno al 1745-1748 di un’ampia produzione epica dedicata alla guerra di liberazione dall’occupazione austro-piemontese (la cosiddetta guerra di Balilla) e alle ultime vittorie sui corsari barbareschi: a opere anonime come la "Libeaçion de Zena" e il "Trionfo dro pòpolo zeneize" si associa in particolare la multiforme attività poetica e teatrale di Stefano de Franchi, autore aristocratico che apre tuttavia al gusto popolaresco nelle sue traduzioni da Molière ("Comedie transportæ da ro françeize in lengua zeneize") e nelle poesie originali di contenuto lirico e patriottico. Questa vena sarà continuata con accenti diversi durante la breve stagione della poesia rivoluzionaria legata all’instaurazione (1797) del regime filofrancese. L’Ottocento si apre all’insegna dello scoramento per l’annessione forzata alla monarchia sabauda, che genera da un lato il disimpegno, risolto in chiave introspettiva e moraleggiante, di Martino Piaggio ("Esòpo zeneise"), dall’altro la reazione patriottica e liberal-repubblicana di autori come Giovanni Casaccia e soprattutto Luigi Michele Pedevilla, che col poema epico "A Colombìade" si inserisce a pieno titolo nel clima delle rinascenze culturali delle lingue minoritarie europee. Giovanni Battista Vigo (1844-1891), poeta, autore teatrale, carbonaio e maestro elementare comunale, raccolse in "Fili d'erba" (1889), la sua produzione poetica, molto vicina alle esperienze del crepuscolarismo italiano. Riprende vigore nell’Ottocento anche la produzione in prosa: sia la narrativa, per lo più legata alle appendici di giornali in genovese come "O Balilla" e "O Staffî", dove compaiono le opere di Edoardo M. Chiozza e il romanzo anonimo di ambientazione americana "Ginn-a de Sanpëdænn-a"; sia il teatro, che vede in Nicolò Bacigalupo il primo autore in genovese di gusto schiettamente dialettale. Ai primi del Novecento, mentre cresce la scrittura in alcune varietà dialettali periferiche (spezzino, ventimigliese, alassino), Angelico Federico Gazzo con la traduzione integrale della "Divina Commedia" si inserisce, rinnovandolo, al seguito del filone regionalista ottocentesco; il clima poetico del Novecento è dominato però dalla figura di Edoardo Firpo, autore attento al recupero della tradizione classica ma aperto al decadentismo e al rinnovato gusto della poesia dialettale italiana contemporanea. Nel secondo dopoguerra la poesia in genovese e nelle varietà liguri cresce per qualità e quantità con autori come l’imperiese Cesare Vivaldi, i ventimigliesi Renzo Villa e Andrea Capano, il lericino Paolo Bertolani e soprattutto i genovesi, da Alfredo Gismondi e Aldo Acquarone, a Plinio Guidoni (anche drammaturgo), Roberto Giannoni, Luigi Anselmi, Vito Elio Petrucci, Silvio Opisso, Giuliano Balestreri, Sergio Sileri, Sandro Patrone, Angelo de Ferrari, Daniele Caviglia, Alessandro Guasoni, Enrica Arvigo, Anselmo Roveda, Giovanni Conte, Enrico Mozzone, Elena Burgio, Giuse Casai, Luigi Cornetto, Antonio Fioravanti, Giovanni Murchio, Filippo Noceti, Carlo Tardito, ecc. Una certa sclerosi riguarda negli ultimi tempi il teatro, legato ai modelli farseschi imposti dall’attore Gilberto Govi, mentre la canzone d’autore ha toccato punte di eccellenza con Fabrizio De Andrè; recente è la rinascita della prosa giornalistica e la ricerca di altri ambiti espressivi, come la prosa scientifica e divulgativa.

[modifica] Caratteristiche linguistiche

Oggigiorno mantiene una forte caratterizzazione linguistica propria di una lingua romanza di sezione occidentale, come il provenzale, mostra solamente alcune variazioni fonetiche abbastanza pronunciate dal levante (Nervi, Quinto, Quarto) al ponente di Genova (Voltri, Pra', Pegli, Sestri), o dal centro alle valli del Polcevera o del Bisagno, dovute alla differenziazione orale comune a tutti gli idiomi non ufficialmente adottati.

Attualmente la lingua viene insegnato come tradizione nelle scuole elementari a Genova da parte di insegnanti volontari di una organizzazione onlus, mentre sono molteplici, dalle Cinque Terre fino al nizzardo in Francia, le iniziative che riportano le iscrizioni locali che individuano carrugi (o carruggi, ovvero i caratteristici vicoli del centro storico), vie, zone, quartieri e paesi con la loro toponomastica originale in lingua.

[modifica] Brevi Nozioni

[modifica] Ortografia e fonologia

pronuncia dei grafemi

  • a - simile a a nell'inglese car
  • b - simile all'inglese bat
  • c - diversa dall'inglese cat, in quanto non aspirata.
  • ç - /s/ (variante grafica, etimologica, di s)
  • d - dentale, molto diversa dall'inglese day (in cui è alveolare)
  • e - diversa e più chiusa dell'e inglese in net
  • f - come nell'inglese fat
  • g - simile all'inglese gap
  • x - simile a z (/ʒ/) nell'inglese measure
  • i - simile a i inglese in ski
  • j - come y nell'inglese yet
  • l - intermedio tra il suono iniziale e quello finale dell'inglese lull
  • m - come nell'inglese map
  • n - come nell'inglese net
  • n- - velare (/ŋ/), simile a ng dell'inglese hanger, singer
  • o - simile a u inglese in flu
  • ò - come nell'inglese corner
  • p - diversa dall'inglese, in quanto non aspirata.
  • q - diversa dall'inglese, in quanto non aspirata (variante grafemica di "c")
  • r - diversa dall'inglese, in quanto apicale (alveolare)
  • s - simile all'inglese set
  • t - dentale, non-aspirata, molto diversa dall'inglese (in cui è invece alveolare e aspirata)
  • u - simile a u inglese in flu
  • v - simile all'inglese volt
  • z - simile all'inglese zed

la resa dei grafemi composti

  • c+vocale e/i - diversa dall'inglese ch (/ʧ/) nell' inglese chat, in quanto non aspirata
  • g+vocale e/i - simile a j (/ʤ/) nell' inglese jet
  • sc+vocale e/i - come sh (/ʃ/) nell' inglese shoot
  • s-c+vocale e/i - indica la sequenza /ʃʧ/ (/ʃ/ + /ʧ/)
  • gn - simile a ñ (/ɲ/) nello spagnolo niño

digrammi e dittonghi grafici

  • æ - come (/ɛ(ː)/) nel francese mtre (forse addirittura fonema indipendente /æ/ in genovese, diverso da /ɛ/)
  • œ o eu - intermedia fra le vocali eu (/ø/) del francese deux e œu (/œ/) di œuvre

gli accenti

  • acuto
  • grave
  • circonflesso - chiude la vocale, ad es.: ô suona come u
  • dieresi - prolunga il suono generando un dittongo, ad es. in näe allunga a separando la e

altri grafemi

  • u con accento circonflesso (pronunciata come in francese) spesso viene resa graficamente con y, ad es. a te piaxe a fygassa (ti piace la focaccia)
  • vista la diffusione ed il vastissimo uso di ô, sempre più spesso per comodità viene impropriamente reso graficamente come u, ad es. u scitu insce l'internet (il sito su internet)
  • in alcune parole per rendere il suono duro di c, g e sc, quando seguiti da vocale e/i, si aggiunge il grafema h prima della vocale, ad es. m'atastu se ghe sun (mi tocco per rendermi conto se sono vivo)

[modifica] Elementi Grammaticali

  • Articoli determinativi-indeterminativi
ô/i =il-lo/i-gli
a/e =la/le
un/u-na =un-uno/una
  • Pronomi personali-possessivi
eu/mi/me =io/me/mio-a
ti/te/to =tu/ti/tuo-a
le/se/le =lui-lei/si/suo-a
nuiatri/ne/nostrô-a =noi/ci/nostro-a
vôscià/ve/vostrô-a =voi/vi/vostro-a
lô/se/se =essi/si/loro
  • Numeri
ün/primmu-a =uno/primo-a
duì/segundu-a =due/secondo-a
tréi/terzu-a =tre/terzo-a
cuattrô/cuartu-a =quattro/quarto-a
çinque/chintu-a =cinque/quinto-a
séi/sestu-a =sei/sesto-a
sette/settimu-a =sette/settimo-a
oettu/oettavu-a  =otto/ottavo-a
noeve/noennu-a =nove/nono-a
dexe/deximu-a =dieci/decimo-a
unze/deximuprimmu =undici/undicesimo
duze/deximusegundu =dodici/dodicesimo
treze/deximuterzu =tredici/tredicesimo
catorze/deximucuartu =quattordici/quattordicesimo
chinze/deximuchintu =quindici/quindicesimo
seze/deximusestu =sedici/sedicesimo
dexesette (dinsette)/deximusettimu =diciassette/diciassettesimo
dexioettu/deximuoettavu =diciotto/diciottesimo
dexenoeve/deximunoennu =diciannove/diciannovesimo
vinti/venteiximo =venti/ventesimo-a
trenta/trenteiximu-a =trenta/trentesimo-a
cuaranta/quaranteiximu-a =quaranta/quarantesimo-a
çinquanta/çinquanteiximu-a =cinquanta/cinquantesimo-a
sciuscianta/sciuscianteiximu-a =sessanta/sessantesimo-a
settanta/settanteiximu-a =settanta/settantesimo-a
oettanta/oettanteiximu-a =ottanta/ottantesimo-a
nuvanta/nuvanteiximu-a =novanta/novantesimo-a
çentu/çenteiximu-a =cento/centesimo-a
mille/mileiximu-a =mille/millesimo-a

[modifica] Verbi e Vocaboli base

  • sono, sei, ero, stato, essere = sun, é, eu(ea), stétu(sto), ese
  • ho, hai, avevo, avuto, avere = go/tegnu, ghè/tegni, gavieivu (ghêe)/tegneivu, gaviùo (aüu)/tegnùo, aì/tegnì

[modifica] Curiosità

[modifica] Citazioni Celebri

  • Che l'inse ? = Si incomincia ? Celebre frase con cui il ragazzino undicenne di Portoria Giobatta Perasso (famoso col nome abbreviato in Genovese Balilla) diede il la alla sassaiola contro gli austriaci, che portò alla ribellione, che culminò con la liberazione dagli invasori d'oltralpe.

[modifica] Scioglilingua

  • Ao mœ nœu gh'é nœe näe nœe e a ciu nœa, de nœe näe nœe, a n'œ anâ = Il tipico uso delle vocali viene magistralmente esemplificato da questo stornello Al molo nuovo ci sono nove navi nuove e la più nuova, delle nove navi nuove, non vuole andare.
  • So asæ s'a sâ a sâ asæ pe sâ a säsissa = non so se il sale basterà per salare la salciccia.
  • Sciâ scie scignua, sciando sciâ xœa 'nscî scî = scii, signora, sciando vola sugli sci.
  • G'angiei gan gi'oggi gi'uegge e gi'unge cume gi'atri? = gli angeli hanno occhi orecchie ed unghie come gli altri? (variante tipica del comune di Cogorno).

[modifica] Modi di dire

  • Mi son zeneize, rizo ræo, strenzo i denti e parlo ciæo = La carta d'identità del vero Genovese viene riassunta in sono genovese, rido poco (riso rado) e stringendo i denti dico ciò che penso (parlo chiaro).
  • Al bambino che si lamenta G'ho famme, facilmente la mamma gli risponde: Grattite e zenogge e fattite e lasagne = grattati le ginocchia e fatti le lasagne. D'altronde è noto anche ai bambini di ogni età che Chi no cianze, no tetta (=Chi non piange, non viene alimentato dalla mamma)
  • Pòscito êse alûghetòu = Possa tu essere portato via (?): è una imprecazione con cui si manda a quel paese qualcuno che l'ha fatta grossa. Esiste la variante nell'imprecazione pòscito moî òrbo (possa tu morire orbo)
  • Chi veû vive da bon crestian, da-i begghin o stagghe lontan = Antico proverbio che mette in guardia da fanatici ed ipocriti: Chi vuole vivere da buon cristiano, dai beghini (i falsi devoti) stia lontano.
  • A sfôrtu-na a l'é 'n grifun, ch'u gia in gîo ä testä dô belinôn = Saggezza popolare che riflette il carattere risoluto ed alcuni simboli e luoghi comuni propri del popolo Genovese La sfortuna è un grifone che gira intorno alla testa dell'incapace Citazione utilizzata anche da Fabrizio De Andrè nella canzone Sinan Capudan Pascia dell'album Creuza De Ma.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • Toso, Fiorenzo. La letteratura in genovese. Ottocento anni di storia, arte, cultura e lingua in Liguria (3 vol.) , Le Mani-Microart'S 1999-2001.

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Grafia della lingua ligure

[modifica] Varianti della lingua ligure

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