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Tortura - Wikipedia

Tortura

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La tortura è un metodo di coercizione fisica o psicologica, talvolta inflitta con il fine di punire o di estorcere delle informazioni o delle confessioni; molte volte accompagnata dall'uso di strumenti particolari atti ad infliggere punizioni corporali.
Essa comprende:

  • in senso proprio, la torsione delle membra, con riferimento al barbaro tormento corporale che si infliggeva anticamente all'imputato, perché confessasse il delitto e rivelasse il nome dei complici, e anche, ma più raramente, ai testimoni per farli parlare;
  • per estensione, ogni forma di costrizione fisica o morale ai danni di qualcuno per estorcergli qualche cosa o per pura crudeltà.

Ampiamente presente sin dall'antichità e presso tutte le culture, ebbe diffusione anche in Europa dal Medioevo all'età moderna. Nel corso dei secoli, furono inventati nuovi metodi di tortura, cercando di rendere quest'ultima sempre più efficace. In tempi moderni, ad esempio, si fa anche ampio ricorso all'elettricità, sia con apparecchiature complesse sia con strumenti più "semplici" come la picana.

Il primo a vietare l'uso della tortura fu Federico II di Prussia nel 1740; a seguire furono molti i pensatori e gli scrittori che cominciarono a denunciarne l'uso come pratica barbara e sanguinosa (per l'Italia ricordiamo Cesare Beccaria e il suo scritto Dei delitti e delle pene del 1764). Nei primi anni dell'Ottocento quasi tutta l'Europa aveva abolito l'utilizzo di questa pratica.

Nonostante tutto, in molti paesi del mondo la tortura è tuttora usata sia come soluzione per punire criminali che come mezzo per estorcere informazioni, come denunciato da varie associazioni che si occupano della difesa dei diritti umani, tra le quali Amnesty International.

Particolare impressione e polemiche nell'opinione pubblica mondiale hanno di recente sollevato le torture consumate da parte di personale militare degli Stati Uniti d'America presso la prigione di Abu Ghraib in Iraq nel 2003 e i sospetti che trattamenti assimilabili alla tortura siano applicati nel carcere statunitense di Guantanamo Bay, base militare in territorio cubano; tra queste sicuramente vi è la privazione del sonno e l'esposizione al freddo, per ammissione delle autorità statunitensi.

[modifica] La tortura nell'antichità greco-romana

La tortura nel mondo greco e romano trova applicazione come strumento giuridico nella duplice veste istituzionale di mezzo per ottenere testimonianze valide e di strumento di punizione.

Nel primo caso viene applicata nei confronti degli schiavi, la cui testimonianza, a parte rare e determinate eccezioni, non avrebbe valore nel corso di un dibattimento o nelle fasi preparatorie dell'acquisizione della prova, se non fosse estorta tramite la tortura, essendo lo schiavo niente altro che uno strumento dotato di anima che risponde con il proprio corpo nel momento in cui deve dare conto all'autorità. Nel secondo caso la tortura è il metodo attraverso il quale viene applicata una condanna a morte nei confronti degli schiavi, ma anche nei confronti di cittadini liberi, ma stranieri. Ad esempio, il diritto attico, nei casi in cui prevede la condanna a morte, ne prescrive l'applicazione tramite l'avvelenamento con la cicuta per i cittadini, come nel caso di Socrate, ma consente che l'estremo supplizio sia applicato con metodi violenti se il condannato è di un'altra città.

Due sono le forme di tortura più gravi conosciute: l'inchiodamento a un palo e la gogna applicata su una tavola.

La prima forma, che consiste sempre in una condanna a morte, è attestata da Erodoto (VII, 33) contro un nemico in guerra: quando gli Ateniesi, alla conclusione della seconda guerra persiana, si dedicano a consolidare il proprio controllo sull'Asia Minore, "al comando dello stratego Santippo figlio di Arrifrone, catturarono il governatore di Sesto, il persiano Artaucte, e lo inchiodarono vivo ad un palo".

Anche il sistema della gogna può trovare applicazione per mezzo di un palo (σανίς) come descritto dallo storico Duride di Samo, ripreso da Plutarco (Duride 76F67 Jacoby = Plutarco, Pericle, XXVIII), anche in questo caso in riferimento a scene di guerra: in occasione della guerra tra Atene e Samo e dopo la sconfitta di questa nel 439 Pericle "fece portare nella piazza di Mileto i trierarchi e i marinai di Samo, li fece legare a dei pali per dieci giorni e, quando erano ormai in condizioni miserevoli, diede ordine di ammazzarli a bastonate in testa".

La gogna può anche essere applicata su una tavola e in questo caso presenta cinque ceppi, uno per il collo e quattro per braccia e gambe. In questa posizione è costretto Parente, catturato dalle donne, nelle Tesmoforiazuse di Aristofane (vv. 930-1014).

La tortura della gogna, sia applicata al palo che su una tavola, consente l'applicazione di supplizi aggiuntivi quali bastonate, frustate, scorticamenti e altri sistemi di sofferenza che Aristofane elenca ironicamente nelle Rane (vv. 618-621): "Crocifiggilo, appendilo, frustalo, scuoialo, torturalo, mettigli l'aceto nel naso, porta i mattoni ...".

A questi due sistemi le fonti ne accostano un altro, l'apotympanismos, ma si è incerti se sia una forma diversa di tortura, o un altro modo per definire le pratiche già viste: nel discorso giudiziario di accusa Contro Agorato, scritto da Lisia (XIII, 56), si parla di un certo Menestrato che, giudicato colpevole, venne affidato al boia e "ἀπετυμπανίσθη", che molti interpretano come "venne bastonato a morte", sulla base del lessico di Fozio in cui apotympanismos è appunto spiegato come bastonatura. In questo caso si avrebbe una terza forma di tortura, distinta dall'inchiodamento e dalla gogna, e applicata in maniera indipendente da queste. Altri, più debolmente, ritengono che il termine sia da riferirsi alla pratica della gogna su tavola.

Una forma più leggera di tortura è la marchiatura utilizzata come strumento di sfregio per il nemico vinto: durante la guerra tra Atene e Samo Plutarco (Pericle, XXVI) informa che i Sami marchiarono i prigionieri ateniesi con il disegno delle navi cosiddette "samene" (imbarcazioni panciute tipiche di Samo) in risposta agli Ateniesi che precedentemente avevano marchiato i prigionieri sami con il simbolo della civetta, cara ad Atena.

[modifica] Riferimenti bibliografici

J. Bonner - G. Smith The Administration of Justice from Homer to Aristotle, Chicago 1930
K. Latte s.v. Todesstrafe in Real Enzyklopädie suppl. VII, coll. 1606-1608.

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