Primato (rivista)
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Primato è stata una rivista quindicinale di Lettere e arti d'Italia fondata a Roma da Giuseppe Bottai nel 1940 e condiretta da Giorgio Vecchietti.
La rivista proseguì il dibattito sull'identità dottrinaria del fascismo, già avviato da Critica fascista, col tentativo propagandistico di coinvolgere i letterati. Numerosi furono i collaboratori, dagli universitari ai militanti, in ogni campo.
Collaborarono per la filosofia Nicola Abbagnano, Enzo Paci, Ugo Spirito; per la letteratura e la critica letteraria Walter Binni, Enrico Falqui, Francesco Flora, Mario Praz, Pietro Pancrazi; per le scienze politiche e la storia Manlio Lupinacci, Francesco Olgiati,Luigi Salvatorelli,Nicola Valeri, Giorgio Spini; per la narrativa Corrado Alvaro, Alessandro Bonsanti, Giorgio Comisso, Vittorio Brancati, Giuseppe Dessì, Vasco Pratolini, Cesare Pavese; per la poesia, Alfonso Gatto, Mario Luzi,Sandro Penna, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti; per il giornalismo, Leo Longanesi, Paolo Monelli, Indro Montanelli; per la pittura, Filippo De Pisis, Renato Guttuso, Orfeo Tamburi.
L'articolo programmatico di Bottai, pubblicato sul primo numero della rivista il 1 marzo 1940, invitava gli intellettuali ad uscire allo scoperto ed a riprendere la loro missione di interventisti della cultura.
"Niente di strano se, fatto il confronto di quante volte la parola GUERRA prevalga, ora, sulla parola CULTURA, molti troveranno sorprendente e CORAGGIOSA, piuttosto che NORMALE e DEL TUTTO ADERENTE AL MOMENTO l'uscita di "Primato", di un rivista cioè che reca per sottotitolo lettere e arti d'Italia. Ma chi ha dimenticato o vuole dimenticare - per ricordare soltanto una giornata nella nostra storia recente - che a portare in trincea, con quell'anima e quella volontà, i combattenti del 1915, concorsero proprio le riviste e i giornali, i libri e i quaderni letterari, conservati gelosamente nello zaino e dimostrandosi necessari alla salute dello spirito quanto per la difesa del corpo furono le Sipe e i Novantuno?(...). Con questo spirito dunque, Primato chiama a raccolta le forze vive della cultura italiana; e tenta, attraverso un'azione ordinata, concorde, e, il più possibile, nobilmente popolare, di rendere concreto ed efficace il rapporto tra arte e politica, tra arte e vita; col proposito, insomma, di operare l'uninione fra alta cultura e letteratura militante, fra Università e giornale, fra gabinetto scientifico e scuola d'arte, lavorando nel nome e nell'interesse della PATRIA. Questa Patria che un tempo ricorreva frequente e spontanea nelle scritture dei letterati, nelle memorie degli artisti, nelle relazioni degli scienziati, e alla quale essi dedicarono vita e speranze, 'Amate palesemente e generosamente le lettere e la vostra Nazione, e potrete alfine conoscervi tra di voi, e assumete il coraggio della concordia'. Il corggio della concordia risultante di quel nutrito amore all'arte e alla Patria, e mezzo indispensabile per imporre il primato spirituale degli Italiani di Mussolini". "
I primi due anni di Primato non furono in grado di far sentire il peso sulla cultura. In questo periodo iniziale, l'esperienza del coraggio della concordia si esprime attraverso le grandi inchieste sull'ermetismo, anche se si augura una maggiore comunicabilità e una maggior chiarezza nell'arte.
Quando la Russia venne invasa dalle truppe naziste "Primato", ormai convinto di essere dentro la guerra, intensificò l'appello all'interventismo della cultura nel conflitto in atto. Con il termine della non belligeranza e l'entrata in guerra dell'Italia fascista a fianco della Germania hitleriana, crescono i doveri dell'intervento della cultura per contribuire alla vittoria che sarà, come dice l'articolo del 15 febbraio e del 1 marzo 1941, "immancabille".
Quando tuttavia l'assenteismo e la defezione di molti uomini di cultura, nel momento più difficile della lotta, si intensificò e le sconfitte tedesche aumentarono, mentre i bombardamenti distruggevano le città italiane, "Primato" comprese, con grande amarezza, la vuotezza sterile del fascismo universale inutilmente sognato per l'Europa e si fermò davanti all'irrimediabile crollo del regime. La rivista chiuse nel 1943.
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