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Partito Democratico (Stati Uniti) - Wikipedia

Partito Democratico (Stati Uniti)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Partito Democratico è una delle due principali forze politiche degli Stati Uniti, insieme al Partito Repubblicano. Attualmente è la maggiore forza politica di centrosinistra nel Paese, sebbene questo non sia sempre stato vero nella storia del Partito.

Indice

[modifica] Le origini

Le origini del Partito Democratico stanno nello storico Partito Democratico-Repubblicano (inizialmente chiamato semplicemente Repubblicano, essendo il termine "democrazia" considerato all'epoca dispregiativo, quasi un sinonimo di demagogia), fondato da Thomas Jefferson nel 1793, che sosteneva una democrazia di piccoli proprietari terrieri indipendenti (soprattutto i nuovi pionieri del West) e per questo avversava il potere centrale, visto come fautore degli interessi del capitale finanziario del New England, sostenuti dal Partito Federalista; per questo fatto, peraltro, il Partito Democratico-Repubblicano si fece sostenitore di una maggiore autonomia degli Stati dell'Unione rispetto alle decisioni di Washington e trovò sostegno anche presso i latifondisti schiavisti del Sud: in tal modo il partito più "democratico" era anche il maggior sostenitore dello schiavismo.

Negli anni successivi il partito acquisì un vero monopolio sulla vita politica americana, tanto da dar vita a una sorta di "regime monopartitico": semplicemente, per fare politica a livello nazionale era di fatto obbligatorio farne parte. Per questo al suo interno comparve una corrente erede dei vecchi federalisti e degli interessi degli Stati del Nord-Est, che finì col prendere il controllo del Partito. La reazione degli Stati del Sud e dell'Ovest trovò il proprio leader in Andrew Jackson, che nel 1828 pose la propria candidatura autonoma alle elezioni presidenziali (da lui vinte).

[modifica] Dalla nascita al contrasto Nord-Sud

I sostenitori di Jackson diedero quindi vita all'attuale Partito Democratico, che continuava ad essere il partito tanto dei coltivatori indipendenti dei nuovi stati dell'Ovest, quanto dei ricchi latifondisti del Sud, avversando comunque sia il capitalismo finanziario che l'industrializzazione, rappresentati dal nuovo Partito Repubblicano Nazionale (la ex "ala destra" dei democratico-repubblicani). Non mancava comunque una componente operaia nelle città del Nord, sempre in contrasto con lo strapotere dell'alta borghesia.

Peraltro lo stile di Jackson, una volta rieletto Presidente nel 1832, divenne sempre meno rispettoso di quei "diritti degli Stati" per difendere i quali il partito era sorto, portando alcuni democratici a unirsi ai repubblicani nazionali nel Partito Whig.

Negli anni successivi i due partiti si alternarono al governo mentre la questione della schiavitù creava divisioni sempre più forti, tanto che l'ala antischiavista (nordista) dei democratici provocò una scissione dando vita al Partito del Suolo Libero (Free Soil Party).

[modifica] La guerra di Secessione

Nel 1854 sulle ceneri del Partito Whig nacque il moderno Partito Repubblicano, con un programma apertamente e risolutamente antischiavista. Mentre il Paese marciava verso la guerra civile, i democratici si spaccarono tra sudisti, difensori intransigenti dell'economia schiavistica, e nordisti, non antischiavisti ma disponibili a compromessi soprattutto sull'assetto da dare ai nuovi Stati che sarebbero nati all'Ovest.

La presenza di due diversi candidati per i democratici favorì il successo del candidato repubblicano Abramo Lincoln alle presidenziali del 1860, senza praticamente ottenere voti negli Stati del Sud: la guerra fu a questo punto inevitabile.

Durante la guerra, nel Nord il Partito si divise tra "pacifisti" e sostenitori della guerra contro il Sud, che accettarono di appoggiare Lincoln: tra questi Andrew Johnson, che fu vicepresidente e succedette a Lincoln dopo la sua morte (1865). Nell'immediato dopoguerra, comunque, la vita politica degli Stati Uniti fu monopolizzata dai repubblicani, che sospesero temporaneamente dall'Unione alcuni Stati del Sud e ammisero al voto gli ex schiavi di colore, per cui il Partito Democratico fu per qualche tempo fuori gioco.

Quando però l'occupazione militare del Sud terminò, e la segregazione razziale venne nuovamente introdotta, negli ex Stati Confederali il predominio dei democratici fu assoluto: il partito divenne quindi il partito razzista per eccellenza.

[modifica] La rinascita dei democratici

Negli anni Ottanta dell'Ottocento il Partito aumentò i propri voti grazie all'apporto di gruppi eterogenei, dal Sud al West, fino a gruppi operai nelle città industriali del Nord; spesso era determinante nell'orientare il voto l'appartenenza religiosa, in quanto i protestanti di origine britannica o nordeuropea tendevano a schierarsi per i repubblicani, laddove i cattolici (in questo periodo soprattutto di origine irlandese) erano prevalentemente democratici. Nel 1884, per la prima volta dopo trent'anni, un democratico ottenne la presidenza. In questo periodo la principale causa di contrasto tra i due partiti fu data dal tema del protezionismo, che i democratici avversavano. In questo periodo, comunque, i democratici erano dominati dalla loro ala più conservatrice e liberista, rappresentata da Grover Cleveland, che perse il controllo del partito solamente nel 1896, a vantaggio dell'ala "populista".

[modifica] L'era di Wilson

A partire dal 1896 comincia un periodo nuovo nella storia politica degli Stati Uniti, in quanto la Presidenza fu mantenuta ininterrottamente dai repubblicani, eccettuata l'epoca di Woodrow Wilson.

In questo periodo infatti l'enorme successo dell'industrializzazione, che si espanse sempre più da Est a Ovest favorì il Partito Repubblicano che dell'industria era sempre stato sostenitore: uno Stato come la California, ad esempio, divenne stabilmente Repubblicano.

Proprio questa modernizzazione, però, favorì la vittoria di Wilson, in quanto, in occasione delle elezioni presidenziali del 1912 l'ala di sinistra dei repubblicani costituì il Partito Progressista, candidando il popolare ex presidente Theodore Roosevelt, che ottenne più voti del candidato ufficiale repubblicano.

Di conseguenza i democratici, mantenendo compatto il proprio voto, riottennero la presidenza. Wilson era un conservatore che fece però passare leggi progressiste, come quella sull'antitrust e la riforma costituzionale che diede il voto alle donne; naturalmente non fece nulla per i diritti dei neri, data la posizione del suo Partito.

Wilson è ben noto per la sua decisione di far partecipare gli USA alla Prima Guerra Mondiale e per i suoi "Dodici Punti" con cui proponeva una sistemazione del dopoguerra che tenesse conto del diritto di ogni popolo all'autodeterminazione. Non riuscì, peraltro, a convincere il Congresso ad approvare l'adesione degli Stati Uniti alla Società delle Nazioni appena costituita. Dopo la sua seconda presidenza, nel 1920 il predominio repubblicano riprese.

[modifica] Franklin Delano Roosevelt

La crisi del 1929 fu l'evento epocale che trasformò completamente la vita politica americana, e lo stesso Partito Democratico. L'elezione di Franklin Delano Roosevelt (lontano parente di Theodore) nel 1932, e la sua politica del New Deal trasformarono i democratici nel partito "di sinistra" degli Stati Uniti, cosa che fino a quel momento certo non erano, se non per pochi aspetti.

Naturalmente l'ala più conservatrice del partito cercò di contrattaccare, ma le condizioni economiche del Paese in quegli anni rendevano popolare presso strati sociali amplissimi la politica di Roosevelt basata sull'aumento della spesa pubblica.

Dopo il 1934 Roosevelt accentuò la componente di sinistra della sua politica e da quel momento il Partito Democratico si legò definitivamente ai sindacati e a gruppi sociali svantaggiati come gli Ebrei e gli stessi afro-americani, che fino a quel momento votavano (se votavano) per i repubblicani.

Nel Congresso, però, molti Democratici più conservatori, soprattutto del Sud, finirono con l'allearsi ai Repubblicani per bloccare le riforme più coraggiose di Roosevelt; negli Stati Uniti, infatti, la "disciplina di partito" è molto più debole che nei parlamenti europei. Da allora, il binomio presidente progressista - Congresso conservatore rimase una costante della politica americana.

Comunque è dalla presidenza Roosevelt che il Partito Democratico è divenuto il partito della spesa pubblica e della protezione dei diritti civili delle minoranze, oltre che dei ceti intellettuali.

[modifica] Il dopoguerra

Dopo la morte di Roosevelt nel 1945, la presidenza toccò al Vice-Presidente Harry Truman, la cui politica anticomunista provocò la scissione di un nuovo Partito Progressista, che non ebbe però grande successo. I Democratici persero comunque le elezioni al Congresso del 1946.

Nel 1948 Truman fu eletto alla presidenza nonostante la temporanea scissione dei Democratici del Sud, con il Partito Democratico per i Diritti degli Stati, riproponendo poi una linea politica analoga a quella di Roosevelt per quanto riguardava la politica interna, ancora una volta contrastata dal Congresso.

Nel 1952 i Repubblicani candidarono con successo un eroe di guerra, l'ex Generale Eisenhower, ma i Democratici mantennero il controllo del Congresso, che avevano riconquistato nel 1948, in un quadro di sostanziale collaborazione "bipartisan".

Nel 1960 il Partito Democratico riconquistò la Presidenza con John F. Kennedy, che inaugurò una politica di fermezza, ma anche piuttosto flessibile, nei confronti dell'Unione Sovietica, e di appoggio al movimento per i diritti civili all'interno, seguita ancor più decisamente, dopo la sua morte in un attentato, dal suo successore Lyndon B. Johnson, che nel 1964 pose in pratica fine alla segregazione razziale legale negli Stati del Sud.

[modifica] La trasformazione del Partito

L'avvicinamento dei neri al Partito Democratico era incominciato già all'epoca di Roosevelt; questo fatto portò, naturalmente, ad un progressivo abbandono del partito da parte dei Democratici del Sud, i quali però solo negli anni Ottanta sarebbero passati massicciamente ai Repubblicani.

In generale in questo periodo gli abitanti bianchi del Sud continuarono a votare per il Partito Democratico nelle elezioni locali e in quelle per il Congresso, ma ad abbandonare il Partito, o a favore dei Repubblicani o di candidati sudisti indipendenti, nelle presidenziali.

Il Partito si spaccò però ancor più gravemente in seguito alla politica di Johnson di intervento in Vietnam, tanto da spingerlo ad abbandonare l'idea di ricandidarsi. Il candidato che avrebbe potuto ricompattare il Partito, Robert Kennedy, fratello dell'ex Presidente, fu a sua volta assassinato. Le elezioni del 1968 furono quindi vinte dal repubblicano Richard Nixon, anche a causa della nuova scissione di una parte dei Democratici del Sud, che diedero vita al Partito Indipendente Americano.

La base elettorale dei Democratici si spostò sempre più verso il Nord.

[modifica] Da Carter a Clinton

Negli anni di Nixon, il Partito Democratico, pur avendo perso la Presidenza, mantenne un saldo controllo sul Congresso, dove i sudisti mantenevano la loro autonomia rispetto alla leadership "liberal" del partito.

Peraltro fu paradossalmente un sudista sostenitore dei diritti civili, Jimmy Carter, a divenire Presidente nel 1976, grazie allo scandalo Watergate che aveva funestato la seconda presidenza Nixon.

La politica di Carter fu a sostegno dei diritti civili all'interno ma anche all'estero, dove si presentò come mediatore in numerose crisi internazionali, mentre in politica economica fu di fatto l'anticipatore della linea economica più liberista di Ronald Reagan.

I suoi insuccessi in politica estera (Iran e Afghanistan) favorirono però la vittoria del suo avversario repubblicano nel 1980. Negli anni Ottanta, in effetti, i Democratici persero tutte le elezioni presidenziali, e molti loro elettori, in particolare appartenenti alla classe media, votarono per i Repubblicani (i cosiddetti "Democratici di Reagan", che continuavano a sostenere il loro Partito al Congresso, dove infatti i democratici mantennero la maggioranza).

Di fatto molti programmi di assistenza sociale furono mantenuti in vita, nonostante l'abbassamento delle tasse, provocando così un forte aumento del deficit. In politica estera invece la linea dei Democratici non era molto diversa da quella reaganiana, se non per lo stile meno aggressivo. È a questo punto che il Partito si sposta più al centro divenendo ancor più di prima un partito "pigliatutto".

[modifica] L'era Clinton

Nel 1992, dopo 16 anni, gli Stati Uniti hanno eletto un nuovo Presidente democratico: Bill Clinton. In sintonia con la nuova impostazione centrista del Partito, Clinton ha contenuto la spesa pubblica, e sotto di lui gli USA hanno conosciuto una delle fasi di maggior crescita economica della loro storia, mentre in politica estera ha scelto una linea di intervento, sia diplomatico sia armato, anche in aree non considerate vitali per gli interessi del suo Paese (come in Jugoslavia).

Del resto Clinton ha dovuto fare i conti con una maggioranza repubblicana alla Camera e al Senato, mentre forze tradizionalmente democratiche come i sindacati hanno perso sempre più peso nel Paese. In effetti, una delle caratteristiche più evidenti nella situazione politica degli Stati Uniti in questi anni è un generale calo della partecipazione dei cittadini alle urne e un peso determinante della capacità di raccogliere fondi da parte di partiti e uomini politici, fattori che hanno spiazzato l'ala più di sinistra del Partito.

[modifica] Il Partito Democratico oggi

Nel 2000, i Democratici hanno candidato l'ex vice di Clinton Al Gore, contro il repubblicano George W. Bush. Gore è stato sconfitto, in parte per il relativo successo del candidato dei Verdi Ralph Nader, in parte per le regole elettorali che lo hanno beffato nonostante avesse ottenuto più voti dell'avversario, e che hanno provocato molte polemiche.

Dopo questa sconfitta sul filo di lana, i Democratici hanno faticato a riprendersi, anche per il nuovo clima creato dagli attentati dell'11 settembre, che hanno favorito il compattarsi dell'opinione pubblica intorno al Presidente Bush. Solo dopo alcuni anni i Democratici hanno fatto sentire la loro voce critica su certi aspetti della cosiddetta "guerra al terrorismo" di Bush, oltre che sulla politica economica, soprattutto per l'aumento della disoccupazione e il drastico peggioramento del deficit. Comunque, anche il candidato del 2004 John Kerry è stato battuto nella corsa alla Presidenza.

Alle elezioni politiche di "midterm" del 2006 i democratici hanno conquistato 229 seggi alla Camera dei Rappresentanti (29 in più), conquistandone il controllo dopo dodici anni. Nancy D'Alesandro Pelosi diverrà probabilmente speaker della nuova Camera, che inizierà a riunirsi nel gennaio 2007. La Pelosi sarà la prima donna e il primo politico italo-americano a ricoprire tale carica, seconda nella linea di successione presidenziale. Anche al Senato il partito Democratico è diventato, nei fatti, il partito di maggioranza. Se i seggi del partito sono, infatti, 49 come quelli dei Repubblicani, due senatori indipendenti (Joseph Lieberman - eletto nella lista Connecticut for Lieberman, in quanto non aveva ottenuto la candidatura democratica a causa delle sue posizioni considerate troppo moderate e vicine all'Amministrazione - del Connecticut e l'indipendente di sinistra Bernie Sanders del Vermont) si iscriveranno al gruppo democratico. A determinare il successo dei Democratici, è stata anche la decisione del partito di presentare candidati con idee conservatrici nei seggi fino ad allora controllati da repubblicani. Dopo questa competizione elettorale, il partito ha anche ripreso la maggioranza delle cariche di governatore (in 28 stati su 50). Il presidente Bush si è reso disponibile a politiche concordate con i Democratici e il segretario della difesa Donald Rumsfeld, considerato responsabile politico di una strategia militare fallimentare in Iraq, si è dimesso.

Il gruppo democratico alla Camera ha eletto come leader Steny Hoyer (carica a cui era anche candidato John Murtha, appoggiato da Nancy Pelosi. Murtha, favorevole ad un ritiro immediato dall'Iraq, era stato coinvolto in un affare di corruzione negli anni '80). Al Senato, il leader della maggioranza sarà Harry Reid, primo mormone a raggiungere tale carica.

[modifica] Membri del Partito Democratico eletti alla Presidenza degli Stati Uniti

  1. Andrew Jackson (1829-1837)
  2. Martin Van Buren (1837-1841)
  3. James Knox Polk (1845-1849)
  4. Franklin Pierce (1853-1857)
  5. James Buchanan (1857-1861)
  6. Grover Cleveland (1885-1889)
  7. Grover Cleveland (1893-1897)
  8. Woodrow Wilson (1913-1921)
  9. Franklin Delano Roosevelt (1933-1945)
  10. Harry S. Truman (1945-1953)
  11. John F. Kennedy (1961-1963)
  12. Lyndon Johnson (1963-1969)
  13. Jimmy Carter (1977-1981)
  14. Bill Clinton (1993-2001)
Nomination alle Presidenziali per il Partito Democratico USA

Jackson | Van Buren | Polk | Cass | Pierce | Buchanan | Douglas/Breckinridge (SD) | McClellan | Seymour | Greeley | Tilden | Hancock | Cleveland | Bryan | Parker | Bryan | Wilson | Cox | Davis | Smith | Roosevelt | Truman | Stevenson | Kennedy | Johnson | Humphrey | McGovern | Carter | Mondale | Dukakis | Clinton | Gore | Kerry

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