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Dialetto salentino - Wikipedia

Dialetto salentino

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Dialetto salentino ( lu salentinu)
Creato da: {{{creatore}}} nel {{{anno}}}
Contesto: {{{contesto}}}
Parlato in: Italia
Regioni:Parlato in: Puglia meridionale, Salento
Periodo: {{{periodo}}}
Persone: circa un milione e mezzo
Classifica: non in top 100
Scrittura: {{{scrittura}}}
Tipologia: livello subregionale
Filogenesi:

Lingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Siciliano
    Salentino
     
      
       
        
         
          
           
            
             
              

Statuto ufficiale
Nazioni: nessuna
Regolato da: nessuna regolazione ufficiale
Codici di classificazione
ISO 639-1 {{{iso1}}}
ISO 639-2 {{{iso2}}}
ISO 639-3 {{{iso3}}}
SIL {{{sil}}}  (EN)
SIL {{{sil2}}}
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
(a Lecce) "Tutti li cristiani te lu mundu nascenu libberi e lo stessi pe' dignità e diritti. Tutti tenenu cervieddhru e cuscenzia e tocca 'sse comportanu comu frati l'uni cu l'autri."
Il Padre Nostro
(a Lecce) "Tutti li cristiani te lu mundu nascenu libberi e lo stessi pe' dignità e diritti. Tutti tenenu cervieddhru e cuscenzia e tocca 'sse comportanu comu frati l'uni cu l'autri."
Traslitterazione
{{{traslitterazione}}}
Lingua - Elenco delle lingue - Linguistica
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Salento
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Salento

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Il dialetto salentino è il dialetto parlato nel Salento, territorio della Puglia meridionale, in un'area che comprende quasi tre province (Lecce, Brindisi e Taranto).

La parola salentino può essere considerata come un'etichetta più che come una parola che indichi una lingua unitaria in tutto il Salento. Spesso, infatti, differenze anche sostanziali rendono quasi incomprensibili abitanti di paesi anche poco distanti fra di loro. Il dialetto salentino si presenta carico di influenze provenienti dalle dominazioni e dei popoli stabilitisi in questi territori che si sono susseguite nei secoli: greci, bizantini, longobardi, francesi, spagnoli, albanesi, arabi. Si tratta, ad ogni modo, di dialetti romanzi, che in tutto il medioevo furono contrapposti ai dialetti ellenofoni altrettanto diffusi nella regione. Il lessico salentino ha preso molti prestiti da altre lingue romanze (spagnolo e francese), risentendo solo marginalmente dell'influsso dei dialetti greci già citati. Tali parlate diedero vita per secoli ad una sorta di area bilingue, di cui oggi abbiamo ancora testimonianza nell'area della Grecìa Salentina. Il salentino si differenzia nettamente dal resto dei dialetti della Puglia, risultando lontanissimo, ad esempio, dal barese. Invece ha affinità con la lingua siciliana (specialmente il dialetto catanese) e calabrese.

Indice

[modifica] Area geografica

L'area del dialetto salentino si estende sul versante adriatico a partire dalla città di Ostuni (BR) dove la mescolanza con il dialetto pugliese crea un dialetto ibrido: sintassi salentina e accento pugliese; sul versante ionico da Lizzano (TA), a nord del quale si parla invece il dialetto tarantino. Comprende dunque gran parte della provincia di Brindisi, la parte meridionale della provincia di Taranto e l'intera provincia di Lecce.

[modifica] Caratteristiche

La distinzione tra il dialetto pugliese e il salentino si ritrova soprattutto nella fonetica: il dialetto pugliese tende a rendere sonori i gruppi latini come “nt”, “nc”, “mp” in “nd”, “ng”, “mb” come le “s” in “z”, mentre il dialetto salentino li conserva intatti. Un abitante di Bari pronuncerà: “candare” per “cantare”, “angòra” per “ancòra”, “tembo” per “tempo” e “penziero” per pensiero”. Un'altra particolarità fonetica, dovuta all'influenza sannita è stata la trasformazione dei gruppi “nd” e “ll” in “nn” e “dd” (ad esempio “quannu” per “quando”, “cavaddu” per “cavallo”).

È interessante notare come in alcuni paesi dell'area ellenofona della Grecìa Salentina, tra cui Martano, Castrignano de' Greci, Soleto, Zollino e in altre località come Aradeo si usi sempre il passato remoto, anche in luogo del passato prossimo, a differenza degli altri paesi del Salento. Ad esempio la frase "ho mangiato" nei paesi sopra indicati si traduce con mangiai, mentre nel resto dei comuni si traduce con aggiu mangiatu o aggiu manciatu. La particolarità, che avvicina sensibilmente il dialetto di questi paesi al siciliano, deriva dal latino, in cui non c'è differenza tra il passsato remoto e il passato prossimo, essendo entrambi traducibili con il perfetto. A conferma di questa tesi, la frase italiana "sono andato" in questi comuni si traduce con sci (dal latino "ii" o "i", prima persona singolare del passato remoto del verbo "eo", che significa "andare"), mentre altrove con su sciutu (più simile all'italiano "sono andato").

[modifica] Il salentino come lingua

Molti linguisti riconoscono alcuni dialetti parlati in Italia come delle lingue strutturalmente differenti dall'italiano, quindi non dei dialetti. Si tratta di lingue parlate prevalentemente nell'Italia Meridionale, compreso il Salento. L'UNESCO ha inserito il salentino nel Red Book on Endangered Languages.

[modifica] Vocaboli ed espressioni

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  • acciu, lacciu, silvio: sedano
  • addh'u sta'bbai/'vvai?: dove stai andando?
  • aju, agghiu: aglio
  • alla mbersa/smersa/mmersa: al contrario
  • alla 'mpede/'mpete: a piedi
  • angale: molare (dal longobardo anga, dente)
  • artelica/artetica: frenesia, agitazione
  • ave/ane: fa (lett. "ha", dal latino "habet"); c'è, ci sono (Martano, Castrignano de' Greci, Zollino, Soleto, Corigliano d'Otranto) (lett. "ha", dal latino "habet")
  • babbatu: addormentato, tardivo, non sveglio
  • baconchi: (scherz.) grosso, obeso
  • battezzu: battesimo
  • ballarizzu: frenesia, agitazione
  • basciu, sutta: giù
  • bbaùju, chiaùtu: bara
  • bbivìre, mbire, vivire: bere
  • bbidire, bbedire, vidire: vedere
  • bbunanima: ricordo ad un amico,parente defunto (es."e nu te ricordi bbunanima angelu!")
  • bbuscare: guadagnare, (rifl. e non) prendersi le botte (es. "mo te le buschi, mo le buschi": ora te le prendi)
  • buscrai/poscrai/piscrai/puscrai/pescrai: dopodomani
  • buscriddhi/poscriddhi/piscriddhi/puscriddhi/pescriddi: fra tre giorni
  • caddhu, jaddhu: gallo, pollo
  • (na) cagge, cauce, cavice: un calcio
  • cafè: caffè
  • cagnàtuma/tama, cagnatuta/tata, cagnatusa/tasa: mio/a, tuo/a, suo/a cognato/a
  • caleddhu, calieddhu (dal greco kalos + -ddhu): carino, belloù
  • calìme: nella locuzione "scire culla calime" (andare di fretta)
  • callifiuri, caulifiuri, cavulaffiuri: cavolfiori
  • camisola: canottiera
  • cannavozzu, cannaliri, cannaozzu: gola
  • cannavozzutu, cannaruzzutu: goloso
  • càntaru: pitale, vaso da notte; (fig.) buono a nulla
  • capasa: grosso otre
  • capiddhi: capelli
  • capu: testa
  • carcare: premere
  • carottu: buco
  • carcacoppule: colpo sulla testa, (fig.) guaio o lezione (es. "te dau nu bellu carcacoppule!": ti do una bella lezione) (lett. premicoppole)
  • carcagnata: colpo di calcagno
  • Carnivale, Carniale: Carnevale, (scherz.) spilungone
  • casette, quasetti, causetti: calze
  • castarieddhru : gufo a Carmiano
  • cavaddhu, cavaddhu, caàddhu: cavallo
  • cazzafitta: intonaco
  • cazzafittaru: intonacatore
  • cazzalora: pentola
  • cazzapede: schiaccia-piede (gioco popolare)
  • cazzare: schiacciare
  • ccene?: che cosa?
  • ccortu, 'ncortu: accorto, attento
  • celare, scelare: congelare, avere freddo (es. sta me cela: ho freddo)
  • cencu, scencu: giovenco, (fig.) persona robusta
  • centre/ chiovi : chiodi
  • cerasa, cirasa: ciliegia
  • chiangìre/chiancìre/chiancìri: piangere
  • chiaùtu: tomba, (fig.) idiota
  • chiavica: chiavica, fogna, (fig. anche declinabile) persona incolcudente ("ete nu chiavicu", è un inconcludente)
  • chiazza: piazza
  • ci/ce sta faci?: cosa stai facendo?
  • ciceri, ciciri: ceci
  • cicore, ciacore: cicorie
  • ciueddhi, ciuvieddhi, cioveddhi, cieddhi, nisciunu: nessuno
  • cine?: chi?
  • cipuddha, ciapuddha, cepuddha, cipoddha: cipolla
  • cirase, cerase: ciliegie
  • citu: aceto
  • ciucciu: asino, somaro
  • coddhu, cueddu, cueddhu: collo
  • coppula: coppola
  • crai: domani
  • cristianu: persona
  • cuccuacia : civetta a Carmiano
  • cucìnuma: mio cugino
  • culumbu: fico, (fig.) idiota
  • curcarse, corcarse: coricarsi
  • curciulu, piccinnu: bambino molto piccolo
  • curcumiddhu: camomilla (Acquarica del Capo)
  • curnutu: cornuto
  • cutursu: tronco ritorto, (fig.) sciocco
  • cujune, cujone, cugghiune, cugghione: (volg.) coglione
  • ddhai: là
  • ddicitare, ddecetare: svegliare
  • ddumare, ndumare (dal francese allumer): accendere
  • duce, doce: dolce
  • fatiare, faticare: lavorare
  • fetu: cattivo odore, puzza
  • fiaccu (dallo spagnolo flaco): 1. brutto o cattivo, malvagio, scarso 2. Stare fiaccu: stare male
  • fiàta: volta
  • figatu, ficatu, sicòti: fegato
  • figghiu, fiju: figlio
  • focalire, fucalire: focolare
  • foja: foglia
  • fojazza, fujazza: foglia (in genere quella non coltivata)
  • fommecare, fummicare: rimettere, vomitare
  • fracetana, fracicana, faumitulu: geco
  • fraima, fratama, fratema: mio fratello
  • friseddha: frisella
  • fuecu, focu: fuoco
  • furnieddhu: genere di trullo
  • futtere, fottiri : rubare, lasciar perdere
  • ngnommareddhi: involtini
  • giuedìa : giovedì
  • guastàsi, uastàsi, vastàsi: monello
  • jatu: beato (es. "jat'a tie": beato te)
  • iancu, biancu: bianco
  • iddhu, quiddhu, chiru: quello
  • ieu, meu: io, mio (a Lecce, Gallipoli, Galatone)
  • iò, mia: io, mio (a Copertino)
  • iu, miu: io, mio (a Galatina, Sogliano, Brindisi, San Vito dei Normanni, Mesagne)
  • iou, miu : io, mio (altrove)
  • leccisu : pietra leccese
  • lindinùsu: pidocchioso
  • lippu: bianco d'uovo
  • lippùsu: fangoso, viscido (anche fig.)
  • lissia : detersivo domestico ottenuto da sapone, cenere e acqua per le pulizie primaverili
  • loggia, lammia, lamia: terrazza
  • lucìscire: albeggiare (es. "sta lucìsce": sta albeggiando)
  • llentamerende: lento, tardivo, non sveglio
  • llentatu: lento, tardivo, non sveglio
  • llusciare: accarezzare
  • l'audhu, l'addhu, l'otru, l'atru, l'autrhu: l'altro
  • maledettu, malidettu, maladettu: maledetto (anche scherz.)
  • màmmima, màmmama, màmmuma, màtrima,mama : mia madre
  • i mani: le mani (a Botrugno, San Cassiano, Nociglia)
  • manu mbersa/smersa: sberla, ceffone (lett. mano al contrario)
  • marangiana, milungiana: melanzana
  • mbaliggia: valigia
  • mbersare: socchiudere, rovesciare
  • mberticare: precipitare, cadere
  • mbestire: capire, indovinare, riuscire
  • mendule, mennale: mandorle
  • mena, manìciate: sbrigati
  • menzu metà (menzu quinto nelle osterie è un bicchier di vino)
  • mesciu: maestro (anche come appellativo di artigiani, ad es. "mesciu Tore" = maestro Salvatore)
  • mieru, vinu: vino
  • milune, milone, muloni: melone
  • minare: buttare
  • mmaru: amaro
  • mmasare: socchiudere
  • mmile: contenitore di terracotta per l'acqua
  • mmiscare, miscellare: mescolare
  • mmurmurare: mormorare (fig.: sparlare)
  • muddhatu, moddhatu: bagnato fradicio
  • mpaccire: impazzire
  • mpapocchiare:prendere in giro
  • mpicciare: accendere
  • mpoddhe, mpodde, mpuddhe: bolle (sul corpo)
  • mucculone: credulone
  • muddhica: mollica
  • muerti: morti (Lecce e dintorni)
  • muiere: moglie (dal latino "mùlier": donna)
  • musciu, jattu: gatto (dal latino "mus, muris"=topo perché in origine nel chiamare il gatto si diceva "Musciu, musciu"="Topo, topo" per invitare l'animale ad acchiappare il topo)
  • ncafarcare: montare, stare sopra
  • ncarizzare: accarezzare
  • ncète, nci su: c'è, ci sono
  • ncofinare: percuotere, picchiare
  • ndormisciutu, durmisciutu: addormentato
  • ngucciare, ncucciare: coprire (anche rifl.)
  • ninni: bimbo (dallo spagnolo niño)
  • nnargiare: marinare la scuola
  • nquartanàtu, trapanatu: bagnato fradicio
  • ntronatu: rintronato
  • ntruddhare: tergiversare
  • nzartu: corda (ad es. nel proverbio: "Tira chhiui lu pilu cà lu nzartu")
  • nzuddhare: spruzzare, schizzare (anche transitivo)
  • òce: oggi
  • oju, oliu, uèjiu, uègghiu: olio
  • pampaciune, pampaciulu: lampascione, (fig.) idiota
  • pàmpane: pampini, (fig.) smancerie
  • parnacocche, vernacocche: albicocche
  • pasuli: fagioli
  • passule : prugne a Carmiano
  • pericciu, paricciu: (inter.) poverello, poveraccio
  • petrusinu, pitrusinu: prezzemolo
  • piernu: guaio, danno
  • piezzu: mattone
  • pimbidoru, pummitoru, pimmitoru, cummitoru: pomodoro, (fig.) stupido, ingenuo
  • piperussu: peperoncino
  • posperu, posparu, pospiru: fiammifero
  • preciarse: rallegrarsi, vantarsi
  • puddica: focaccia
  • ppuzzare: piegarsi, abbassare la testa (es. nel nascondino "ppuzza tie" significa "abbassa la testa", cioè "mettiti a contare")
  • pulizzare: pulire
  • purpu : polpo
  • quai: qua
  • sacca, pocia, pociu, pota, pauta: tasca
  • salamune: (scherz.) spilungone
  • sanguinazzu: sanguinaccio
  • sarginiscu, sargeniscu: cocomero, anguria (da "saraceno", proveniente dall'Oriente o dai saraceni)
  • (na) scaffa: uno schiaffo
  • scampare: smettere di piovere (es. "è scampatu, scampau": ha smesso di piovere)
  • scasciare: rompere
  • scerrare, scirrare: dimenticare
  • scerratizzu, scirratizzu: smemorato
  • schiaffare, scaffari: mettere (con violenza)
  • schiattariciare: buttare con forza, soffriggere
  • sciancatu, scancariciatu: aperto, chi cammina a gambe larghe
  • sciocare: giocare
  • scola: scuola
  • scrace: rovi
  • scundarieddhu: nascondino
  • scundire: nascondere
  • seggia: sedia
  • sgarzune: schiaffo, sberla
  • sguariarse, squariarse: divertirsi, spassarsela; ritardare (es. "m'aggiu sguariatu, me sguariai": mi sono divertito; aggiu sguariatu, "sguariai": ho tardato)
  • sìrama, sìrema, sìrma, sìerma, sìrima: mio padre
  • sire, attani: padre
  • site: sete; melograne (singolare "sita")
  • tata: papà
  • sguinciu: nella locuz. "de sguinciu": di traverso
  • sorma, sorima, soruma: mia sorella
  • sperge : albicocche a Carmiano
  • ssamìti,salimitru, stijùne, scajùne: geco
  • ssettare: assestare, dare (colpi) (es. "te ssettu nu sgarzune": ti dò un ceffone)
  • ssettarse, ssittarse: sedersi
  • stampagnare: spalancare, sbattere con violenza
  • stianu: grembiule per le faccende domestiche
  • stijatu: stellato (in alcuni paesi)
  • stisu : steso
  • straccu: stanco
  • stravvìcula, ssardìcula: lucertola
  • stutare: spegnere (dal latino "stùtare")
  • surge, surice, sorgi, sorge: topo, sorcio
  • spriculare: sbriciolare, fare a pezzettini
  • spunzali: sponzali
  • sguariare, squariare: far tardi, divertirsi (transitivo: far perdere tempo)
  • squaiare: sciogliersi, oppure nella locuzione "cu squaiu ", morire
  • subbra, sobbra, susu: sopra
  • superchiu: soverchio, a malapena (es. "superchiu me mantengu tisa": a malapena mi mantengo in piedi)
  • sutta, sotta: sotto
  • svejare: svegliare
  • svinchiulare: lanciare con forza, (fig.) liberarsi
  • tàula, tavula: tavola
  • tenere (dallo spagnolo tener): avere in alcune espressioni
  • timpagnu : coperchio (Martano)
  • tirettu, tiraturu (dal francese tiroir): cassettino
  • tarloci, tirloci: orologio (in alcuni paesi)
  • tisu: in piedi
  • tortu: monello, peste
  • tuddhu: pietruzza arrotondata utilizzata per giocare
  • tursu : torsolo dipianta senza foglie(sinonimo di inutilità)
  • ttummanata, muntòne: con la testa abbassata a mò di montone mucchio
  • tuzzare: sbattere, colpire, bussare (es. "te tuzzu li musi": ti colpisco i musi a pugni)
  • ulìe, vulìe, volìe (a Martano), aulìe: olive
  • ursìcula, sarìcula: lucertola
  • vagnone: ragazzo
  • zzangune: tipo di erbaccia selvatica
  • zziccare: prendere, afferrare
  • zzicchia: zecca
  • zzitu, zzita: fidanzato, fidanzata
  • zzitarse: fidanzarsi
  • zzumpare: saltare
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