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Metrica barbara - Wikipedia

Metrica barbara

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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La metrica barbara consiste nel cercare di applicare l'andamento ritmico tipico della metrica latina alla metrica italiana.

[modifica] Cenni generali

Venne utilizzata per primo da Giosuè Carducci, conscio dell'impossibilità di riportare in vita il latino ma comunque mirante a ripristinare un classicismo in letteratura per opporsi ad altre correnti a lui contemporanee o comunque immediatamente precedenti, come il romanticismo o il positivismo etc.

La poesia italiana fino ad allora era fondata sul sillabismo, cioè su schemi obbligati (il sonetto), semiliberi (la ballata e la canzone) o liberi (la canzone "libera"), formate da versi definiti in base al numero di sillabe. Alla dine dell'Ottocento due sono i metri che si propongono come alternativi al metodo tradizionale la metrica libera e la metrica barbara appunto.

Come già detto si definisce "metrica barbara" quella che tenta di imitare tramite la metrica sillabica e accentuativa (quale quella italiana), le regole della versificazione classica (cioè una metrica di tipo quantitativo cioè non fondata sulle sillabe o sugli accenti, ma sull' alternanza di vocali brevi e lunghe. Venne chiamata "Barbara" dal Carducci perché, come osserva lui stesso, un tentativo del genere sarebbe parso barbaro agli orecchi dei Romani o dei Greci.

Giosuè Carducci, il padre della Metrica Barbara
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Giosuè Carducci, il padre della Metrica Barbara

[modifica] I precursori

Gli esperimenti di metrica barbara però vennero fatti anche prima di Carducci, specialmente nel periodo dell'Umanesimo, quando gli intellettuali ed i poeti scoprirono la poesia classica ed iniziarono a studiarne la metrica.

I poeti del "Certame coronario"(un concorso organizzato da Leon Battista Alberti a Firenze nel 1441), ad esempio, tentarono di scrivere esametri italiani, alternando vocali considerate brevi o lunghe in base ad un complesso sistema di regole: queste regole vennero in seguito codificate da Claudio Tolomei nel 1500, attraverso un opuscolo di Regolette della nuova poesia toscana.

Abbiamo poi tentativi di Chiabrera, Fantoni, Rolli; tuttavia nessuno riuscì a stendere un programma sistematico di versificazione sul modello classico quale quello fatto da Carducci.

[modifica] La Metrica Barbara di Carducci

Egli non tentò di trasferire dal latino all' italiano il sistema delle vocali lunghe e brevi; decise di imitare i principali versi latini dal punto di vista ritmico e accentuativo. Per riprodurre l' esametro, ad esempio, accoppiò un settenario e un novenario, o un senario e un novenario; per riprodurre l' adonio usò il quinario e così via: ad ogni verso "classico" fece corrispondere uno (o due affiancati) versi della tradizione italiana.

Il metro barbaro piu' fortunato fu la strofe saffica, metro usato da Catullo e Orazio, basato sulla successione di tre versi lunghi e uno breve; la trasposizione italiana si compone di tre endecasillabi (in Carducci non rimati) e un quinario (corrispondente, come già detto, all' adonio latino.

Ecco un esempio:

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«Corron tra ’l Celio fosche e l’Aventino

Le nubi: il vento dal pian tristo move
Umido: in fondo stanno i monti albani

Bianchi di neve.»
(G. Carducci - Dinanzi alle terme di Caracalla, vv. 1-4, in Tutte le poesie: 451)

La fortuna della metrica barbara Carducciana fu però limitata, con varie correzioni fu recuperata da Pascoli, D'Annunzio, Thovez e altri; si trattava perlopiù di esperimenti metrici, non riuscirono a sopravvivere al nuovo corso metrico che vedrà la vittoria del verso libero.

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