Le rane (Aristofane)
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Le Rane | |
di Aristofane
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Titolo originale | Βάτραχοι |
Lingua originale | greco antico |
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Le Rane (Βάτραχοι) è una commedia di Aristofane. Il titolo è tratto dal coro secondario del dramma, formato appunto dalle Rane della palude infernale, solcata dal dio Dioniso, a bordo della barca di Caronte, per giungere all'oltretomba, dimora di Plutone. Il coro principale è costituito da Iniziati ai Misteri, abitanti dell'aldilà.
[modifica] Trama
Il dio Dioniso, accompagnato dal servo Xantia, decide di scendere nell'Ade per riportare in vita il poeta tragico Euripide, che egli afferma essere il più grande poeta. Dapprima incontra suo cugino Eracle, al quale chiede dei consigli su come arrivare da Plutone, e decide di vestirsi come lui (indossando una pelle di leone e portando una clava, entrambi tipici segni distintivi di Eracle). In seguito Dioniso attraverserà la palude dell'Acheronte sulla barca di Caronte (mentre il servo è costretto ad andare a piedi compiendo un lungo giro). Durante il viaggio il dio è infastidito da un coro detto di rane-cigni (che dà il nome alla commedia), che nonostante cantino in suo onore lo sbeffeggiano: Dioniso quindi le metterà a tacere imitando il loro odioso verso. Ricongiuntosi con il servo, incontra il secondo coro degli iniziati ai misteri che gli mostrano la casa di Plutone.Arrivato davanti alla porta Dioniso-Eracle si decide a bussare. Chi viene ad aprire è Eaco (o un generico portinaio, a seconda della scelta dell’editore) che credendo di avere di fronte a sé Eracle lo assale verbalmente con le più terribili minacce, volendolo punire per il furto di Cerbero (si riferisce ad una delle fatiche di Eracle); detto ciò se ne va a chiamare dei servi per catturarlo. Quindi Dioniso convince Xantia a prendere il suo posto, mentre lui si travestirà da servo. A riaprire la porta è però una serva di Persefone che afferma che la dea sta aspettando Eracle con gioia e che per lui stanno apprestando un ricco banchetto in compagnia di alcune flautiste. Dioniso decide quindi di riprendere i panni di Eracle, ma fatto ciò escono due fornaie che lanciano improperi contro di lui, accusandolo di aver svuotato la dispensa durante la sua visita passata. Ciò spinge il dio a un nuovo scambio di ruoli con Xantia (il quale torna ad essere Eracle): in seguito torna Eaco con tre schiavi e cattura Xantia, spinto dallo stesso Dioniso che conferma che Xantia è Eracle. Xantia smentisce le accuse e invita Eaco a metterlo alla prova torturando lo schiavo (secondo il diritto attico si poteva dimostrare la veracità di una dichiarazione di un uomo libero attraverso la tortura del suo schiavo), quindi Dioniso. Alla fine vengono torturati entrambi ed Eaco si decide di portarli al cospetto di Plutone. Dopo la parabasi del coro entrano in scena Xantia con un servo di Plutone, che si mettono a chiacchierare e si interrompono quando sentono delle grida provenire dall’interno. Sono Eschilo ed Euripide che litigano su chi debba essere il più grande poeta tragico (costui aveva infatti diritto di sedere su un trono alla destra di Plutone). Quel posto era occupato da Eschilo, ma Euripide, da poco arrivato nell’Ade, aveva qui avuto un grande successo tra i dannati, tale da spingerlo a sfidare Eschilo. Come giudice dell’incontro viene scelto Dioniso: l’agone tra i due poeti occupa la parte restante della commedia, da una parte c’è Euripide con la sua poesia elegante e raffinata (accomunata da Aristofane con la sofistica) e dall’altra la magniloquente e didattica poesia eschilea. Alla fine Dioniso darà la vittoria ad Eschilo, che è considerato l’unico che può salvare Atene dalle disastrose condizioni in cui si trova. Il vincitore acconsente poi a tornare tra i vivi per salvare la città e lascia il trono a Sofocle, a patto però che non lo ceda mai a Euripide.
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