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Fatti di Reggio - Wikipedia

Fatti di Reggio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Con l'espressione Fatti di Reggio o Moti di Reggio si identifica una sommossa popolare avvenuta a Reggio Calabria dal luglio del 1970 al febbraio del 1971, in seguito alla protesta dovuta alla decisione di collocare il capoluogo di regione a Catanzaro con l'istituzione degli enti regionali.

Indice

[modifica] Premesse storico-culturali

Per approfondire, vedi la voce Storia amministrativa della Calabria.

Con l'istituzione dell'ente regione Calabria nel 1970, è sorta una discussione sulla collocazione del capoluogo, poiché più d'una città era aspirante a diventarlo.

In precedenza, in mancanza enti regionali, non c'era legalmente un capoluogo ufficiale, anche se la sede della corte d'appello era situata a Catanzaro; successivamente fu istituita la corte d'appello anche a Reggio Calabria.

Questa ambiguità ha, secondo alcuni, origini storiche: Catanzaro e Reggio Calabria facevano parte della provincia napoletana di Calabria Ulteriore, e furono entrambi capoluogo in diversi periodi, poi capoluoghi delle due provincie distinte di Ulteriore I e Ulteriore II.

Le candidate a capoluogo erano due:

  • Reggio Calabria, per il fatto che era ed è la città più popolosa della Calabria, con più del doppio degli abitanti di Catanzaro. Inoltre Reggio è un porto, è più vicina alla Sicilia, un importante snodo delle principali direttrici nazionali e una delle città più antiche d'Italia, nonché la città più antica della regione, ed è sempre stata una città molto importante per i territori che oggi costituiscono la Calabria
    (es.: Civitas foederata più importante della regione di Lucania et Brutium, Capitale del Ducato di Calabria, Metropoli dei possessi bizantini dell'Italia meridionale e nucleo principale della Chiesa Grecanica Meridionale)
  • Catanzaro, perché situata in posizione centrale, perché era l'unica sede della corte d'appello. Dal XVI secolo Catanzaro ebbe direttive politiche sulla allora Calabria Ulteriore, che comprendeva Catanzaro e Reggio Calabria
    (rimase capoluogo di questo territorio fino a che la provincia borbonica di Calabria Ulteriore fu divisa nel 1817 in Calabria Ulteriore I con capoluogo Reggio e Calabria Ulteriore II con capoluogo Catanzaro. Le due città tornarono in un'unica divisione amministrativa, solo nel 1970).

Come capoluogo i politici scelsero Catanzaro e gli abitanti di Reggio Calabria, si sentirono traditi.

[modifica] I "fatti"

Tragica immagine della vicenda
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Tragica immagine della vicenda

Inizialmente il malcontento popolare fu trasversale a livello politico (ad esclusione del Partito Comunista Italiano, dissociatosi fin da subito), ma in una seconda fase i movimenti di destra, ed in particolare il Movimento Sociale Italiano, assunsero un ruolo di primo piano. Francesco Franco (noto come "Ciccio Franco"), esponente missino, si appropriò del "boia chi molla" di dannunziana memoria e ne fece uno slogan che sintetizzò la risolutezza dei reggini ad opporsi al trasferimento di capoluogo.

Vero motore organizzativo e politico della protesta furono il Comitato D'Azione (i cui principali esponenti erano il già citato Ciccio Franco, l'ex comandante partigiano Alfredo Perna, l'armatore repubblicano Amadeo Matacena e l'industriale del caffe Demetrio Mauro) e il Comitato unitario per Reggio capoluogo (guidato dal sindaco democristiano Pietro Battaglia e da altri esponenti democristiani e missini).

Il governo, presieduto dal democristiano Emilio Colombo, negò qualunque negoziazione con i rappresentanti della protesta, e, oltre a provvedere all'invio di contingenti militari, iniziò una sistematica opera di demolizione mediatica della rivolta. I mezzi di comunicazione, infatti, dopo un iniziale interessamento, limitarono notevolmente la cronaca riguardo la rivolta di Reggio e in ogni caso descrissero come "pretestuoso pennacchio" ottenere il capoluogo da parte dei Reggini. Per mesi la città fu barricata, spesso isolata, a tratti paralizzata dagli scioperi e devastata dagli scontri con la polizia e gli attentati dinamitardi. Vennero interrotte le comunicazioni ferroviarie arrivando fino alla distruzione delle apparecchiature della stazione di Reggio Calabria Lido. Alla fine della rivolta si contarono sei morti, e migliaia di denunce. In particolare, il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro una bomba fece deragliare il treno "Freccia del Sud", provocando 6 morti e 54 feriti, a dimostrazione della deriva terrorista che aveva in parte assunto la rivolta.

La rivolta si concluse solo dopo 10 mesi di assedio con l'inquietante immagine dei carri armati sul lungomare della città. Oltre alla forza, per la soppressione della rivolta si ricorse anche a mediazioni e compromessi politici (il cosiddetto "Pacchetto Colombo") che portarono ad una insolita divisione degli organi istituzionali della Calabria (la giunta regionale a Catanzaro, il consiglio a Reggio Calabria) e all'insediamento nel territorio reggino di apparati produttivi che non furono mai realizzati o furono subito oggetto di speculazioni da parte della 'Ndrangheta (es. i poli industriali di Saline Joniche e di Gioia Tauro).

[modifica] Conseguenze

I moti, nati pacificamente, anche in seguito all'azione repressiva dello stato sfociarono in vera e propria rivolta, e furono duramente repressi dal massiccio intervento di carabinieri, polizia e reparti dell'esercito, con un bilancio complessivo di cinque morti (in circostanze ignote ancora da verificare), centinaia di feriti e migliaia di arresti.

Tuttavia Reggio è oggi sede del Consiglio Regionale della Calabria, l'unico fra i compromessi politici mantenuti dal governo, gli altri riguardanti impianti per il rilancio industriale e commerciale infatti non furono mai attuati, rivelandosi quindi secondo l'opinione pubblica mere promesse di circostanza. Gli investimenti vennero fondamentalmente dirottati dalla classe politica di centro-sinistra verso la direttrice Catanzaro-Cosenza, facendo pagare a Reggio lo scotto di non essere collusa coi poteri alti dello Stato, e di essere da sempre città ribelle e controcorrente.

Dal punto di vista politico, la risposta più significativa alla rivolta dei boia chi molla la diedero i sindacati dei metalmeccanici e degli edili, che con Bruno Trentin e Claudio Truffi organizzarono una imponente manifestazione il 22 ottobre 1972 a Reggio, nella convinzione che la rivolta fosse motivata da un reale bisogno di riscatto e sviluppo, e che la solidarietà dei lavoratori del nord potesse essere utile. Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 otto bombe furono fatte esplodere sui treni diretti a Reggio Calabria, tanto che Giovanna Marini compose sul tema una celebre canzone politica (I treni per Reggio Calabria). Naturalmente, le opinioni politiche su questa manifestazione sono leggittimamente le più diverse, ma essa sembra in qualche modo concludere, sia pur provvisoriamente, tutta una fase della storia reggina.

[modifica] Bibliografia

  • Felice Borsato, "Guerriglia in Calabria. Luglio 1970 - Febbraio 1971"
Prima edizione: 1972;
Nuova edizione: Settimo Sigillo, 2001;
  • Franco Bruno - Luigi Malafarina - Santo Strati, "Buio a Reggio"
Prima edizione: Edizioni Parallelo 38, Reggio Calabria, 1971;
Nuova edizione: Città del sole edizioni, Reggio Calabria, 2000;
  • Fabrizio D'Agostini, "Reggio Calabria. I moti del luglio 1970 - febbraio 1971", Feltrinelli, Milano, 1972;
  • Aldo Sgroj, "La rivolta di Reggio vent'anni dopo", Gangemi editore, Reggio Calabria, 1990;
  • Gianni Rossi, "La rivolta. Reggio Calabria: le ragioni di ieri e la realtà di oggi", 1990;
  • Fortunato Aloi, "Reggio Calabria oltre la rivolta", Il Coscile, 1995;
  • Pasquale Amato, "Reggio capoluogo morale. La rivincita della Storia a 28 anni dalla Rivolta", Città del sole edizioni, Reggio Calabria, 1998;
  • Francesco Catanzariti, "Ripensando la rivolta di Reggio Calabria", Luigi Pellegrini Edizioni, 1999;
  • Pietro Battaglia - Enzo Laganà, "Io e la Rivolta. Una città, la sua storia", Falzea editore, Reggio Calabria, 2001;
  • Fabio Cuzzola, "Cinque anarchici del sud (una storia negata)", Città del sole edizioni, Reggio Calabria, 2001.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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