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Domenico Beccafumi - Wikipedia

Domenico Beccafumi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Autoritratto, 1525 - 1530, Firenze, Uffizi
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Autoritratto, 1525 - 1530, Firenze, Uffizi

Domenico Beccafumi (Montaperti, Asciano, Siena, 1486 – Siena, 1551) fu un pittore manierista italiano.

....Il suo modo di colorire non è il più vero, avendolo ammanierato di un rossigno che pure affascina e rallegra....Sommamente poi dilettasi di alcune cose più recondite dell'arte, e meno allora divolgate, siccome sono certi riverberi di fuoco, o d'altra luce, e certi scorti difficili, specialmente di sotto in su, che in que' tempi era in Italia inferiore assai rara cosa....
Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia, 1789

Indice

[modifica] Biografia

Il padre si chiamava Giacomo di Pace, un contadino al servizio di Lorenzo Beccafumi, notabile e messo della Repubblica senese a Firenze. Questi, avendone intuito il talento artistico, gli fece studiare pittura presso un pittore senese rimasto sconosciuto. Preso il cognome dal suo primo protettore, fu noto a lungo col soprannome di Mecherino o Meccherino, che gli deriva forse dalla sua piccola statura.

Il Vasari, che conobbe personalmente il pittore e a lui chiese anche notizie sulla vita di Jacopo della Quercia, attesta che a Siena studiò il Perugino, copiando le sue due tavole allora presenti a Siena, la Crocefissione della chiesa di Sant'Agostino e una pala da tempo distrutta nella chiesa di San Francesco. È quasi certo, pur in mancanza di documentazione, che anche prima del 1510 dovette recarsi a Firenze, stanti gli indiscutibili riferimenti nelle sue prime opere ai fiorentini Fra' Bartolomeo, Albertinelli, Piero di Cosimo e anche al Berruguete, presente a Firenze nel 1508, uno dei primi se non il primo manierista.

[modifica] A Roma

Stimmate di santa Caterina, ca 1515, Siena, Pinacoteca Nazionale
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Stimmate di santa Caterina, ca 1515, Siena, Pinacoteca Nazionale

Intorno al 1510 Domenico andò a Roma per arricchire la sua istruzione con lo studio delle opere lì conservate, in particolare di Michelangelo, che stava ancora affrescando la cappella Sistina, completata nell'ottobre del 1512, e gli affreschi vaticani della Sala della Segnatura di Raffaello, terminati nel 1511.

Abita insieme con un pittore non identificato e studia, secondo il Vasari, anche le statue e i pili antichi; essendo rimasto a Roma per almeno due anni, dovette certo frequentare il conterraneo Peruzzi, da quasi dieci anni a Roma. Secondo il Vasari, il Beccafumi decorò la facciata di una casa imprecisata del Borgo, presso il Vaticano.

Tornato a Siena nel 1512, decora la facciata di palazzo Borghesi con affreschi ormai perduti; un suo disegno dell'opera mostra richiami alle soluzioni di Raffaello e di Baldassarre Peruzzi. Alla fine dell'anno comincia ad affrescare la cappella della Madonna del Manto, adiacente alla chiesa dell'Ospedale di Santa Maria della Scala. Un secolo dopo, la cappella fu sconsacrata, rimaneggiata e successivamente danneggiata da un terremoto nel 1798: resta, deteriorata, una lunetta con l'affresco dell' Incontro di Gioacchino e Anna alla Porta Aurea.

[modifica] La ricerca manieristica

Per l'altare della cappella esguì il Trittico della Trinità: primo dipinto su tavola pervenutoci dal pittore, che reca il cartiglio con la scritta: Questa tavola ha fatto fare Battista Dantonio da Ceva per sua devotione, si compone di tre pannelli con le rappresentazioni dei Santi Cosma e Damiano, della Trinità al centro e dei Santi Giovanni evangelista e Damiano a destra; se vi si individuano, a parte evidenti squilibri compositivi, influssi da Fra' Bartolomeo, Filippino Lippi e dal Sodoma, l'impronta stilistica nettamente manieristica è già pienamente individuale, nell'inquieto movimento delle figure fortemente caratterizzate e nei violenti contrasti cromatici.

San Paolo in trono, ca 1515, Siena, Museo dell'Opera della Misericordia
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San Paolo in trono, ca 1515, Siena, Museo dell'Opera della Misericordia

Oggi nella Pinacoteca senese ma eseguita verso il 1515 per il monastero delle benedettine di Monte Oliveto è la pala delle Stigmate di santa Caterina, opera che consacra la sua fama, più debitrice nell'impostazione a Bartolomeo piuttosto che al Perugino, con un morbido paesaggio raffaellesco tradotto nell'eccentricità che gli è ormai propria. "È una pietra angolare per il primo Manierismo toscano: per la novità del rapporto tra figure e spazio, per il contrapposto della santa in piena luce e la donna incappucciata in ombra, per l'alto cielo che brumosa, misteriosa campagna a cui porta, come per allontanarla, la prospettiva tesa del pavimento. È già manifesta l'intenzionalità religiosa, l'alternativa oratoria di speranza e minaccia che caratterizza tutta l'opera del Beccafumi" che si manifesta anche "nelle accelerazioni e scivolate prospettiche, nell'addensarsi e diradarsi della caligine, nel modo con cui la luce aderisce alle figure, discioglie la cera dei volti, trapassa di tono, forma aloni, dissolvenze, diradamenti" (Argan).

Dello stesso anno è il San Paolo in trono eseguito per l'ormai distrutta chiesa di San Paolo, e ora al Museo dell'Opera: ai lati dell'Apostolo, seduto in un trono incongruo, sono rappresentate le scene della Conversione e della Decapitazione. Numerosi sono i riferimenti individuati dagli studiosi nell'originale composizione anticlassica: il Santo richiama le figure michelangiolesche dei Profeti della Sistina, mentre le figure di fondo sono accostate a Dürer e a Paolo di Cosimo.

Il 9 febbraio 1516 acquista la casa nell'attuale via Sarrocchi, nella quale visse per tutta la vita e l'anno dopo compera un podere nel comune di Tressa.

Già attribuita al Bachiacca da Adolfo Venturi, la Sacra Famiglia di Monaco, datata variamente dal 1515 al 1525, è stata restituita al Beccafumi da tutta la critica successiva che l'ha riconosciuta come una delle opere più significative nella sua meditazione della lezione di Leonardo, rapportata alla moderna cultura figurativa fiorentina.

Natività, ca 1524, Siena, chiesa di San Martino
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Natività, ca 1524, Siena, chiesa di San Martino

Il 31 dicembre 1518 gli vengono pagati gli affreschi dello Sposalizio e del Transito della Vergine nell'Oratorio di San Bernardino, accanto alle composizioni del Sodoma e di Gerolamo del Pacchia che mostrano la continuazione di una ricerca espressiva originale, nella mescolanza di elementi tratti dalla tradizione senese con la modernità fiorentina e romana.

Nel marzo 1519 riceve dall'Opera del Duomo di Siena i primi pagamenti per cinque cartoni relativi alla decorazione del pavimento del Duomo con le Storie di Elia e di Acab, inserite nel grande esagono sottostante la cupola: insieme a un Mosè che fa scaturire l'acqua dalla roccia, sono gli unici forniti dal Beccafumi, che riceverà l'ultimo pagamento il 18 giugno 1524; se la generale impostazione si rifà agli arazzi e alle decorazioni di Raffaello delle Logge vaticane, le ampie proporzioni richiamano l'insegnamento di Michelangelo. Proprio il riferimento alle Logge, terminate nel 1519, ha fatto ritenere certo un suo secondo viaggio a Roma.

Intorno al 1521 dovrebbe risalire il suo matrimonio con una certa Andreoccia, dalla quale ha una figlia nel 1522 e un figlio l'anno successivo.

A proposito della pala della Natività nella chiesa senese di San Martino, del 1524 circa, Vasari osserva che "cominciò Domenico a far conoscere a coloro che intendevano qualche cosa, che l'opere sue erano fatte con altro fondamento che quelle del Sodoma. E in effetti, se la pala mostra riferimenti, nell'aspetto compositivo, alla Natività di Francesco di Giorgio nella chiesa di San Domenico, la tradizione figurativa senese viene aggiornata da Beccafumi all'esperienza tosco-romana ove però "le forme acquistano un significato nuovo, uno spirito di irrealtà che, costituendo il lato più vitale della visione del pittore, infirma i presupposti di classica armonia sui quali si impernia la composizione" (Sanminiatelli). È stata notata anche la possibilità che il primo pastore, raffigurato a sinistra, sia un suo autoritratto.

Il sacrificio di Seleuco di Locri, 1524 - 1530, Siena, Palazzo Bindi Sergardi
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Il sacrificio di Seleuco di Locri, 1524 - 1530, Siena, Palazzo Bindi Sergardi

Variamente datati dal 1524 al 1530, gli affreschi che decorano la volta di una sala del Palazzo Bindi Sergardi, oggi Casini Casuccini, sono tra le maggiori espressioni della sua arte. Al centro, due grandi riquadri, con lo Zeusi che ritrae Elena e La continenza di Scipione, che simulano arazzi coprenti illusorie aperture del soffitto, di tonalità a pastello, sono circondati da sei ottagoni con episodi di storia romana tratti da Valerio Massimo e da dieci tondi con rappresentazioni mitologiche tratte da Ovidio, che mostrano un cromatismo più acceso e contrastato.

Di grande libertà espressiva e per questo giudicata dal Vasari come un'opera in cui Beccafumi "andò come capriccioso, pensando a una nuova invenzione per mostrare la virtù e i bei concetti dell'animo suo", è il San Michele che scaccia gli angeli ribelli, concepita per la chiesa di San Nicolò al Carmine e ora nella Pinacoteca senese. Per la chiesa senese il Beccafumi compose una seconda e diversa versione, più classicamente composta nella definizione dei volumi ma con i tipici effetti di luce e le fosforescenze del colore.

[modifica] Gli affreschi del Palazzo Pubblico

Il 5 aprile 1529 il Comune di Siena gli affida la decorazione delle pareti e del soffitto della Sala del Concistoro in Palazzo Pubblico, da terminare in diciotto mesi e con un compenso di 500 ducati; in realtà gli affreschi, limitati alla volta della Sala e al fregio sottostante, furono completati solo nel luglio del 1535, a causa della sua permanenza a Genova, impegnato nelle decorazioni di Palazzo Doria, delle quali non c'è però più traccia.

La Giustizia, 1530 - 1535, Siena, Palazzo Pubblico
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La Giustizia, 1530 - 1535, Siena, Palazzo Pubblico

Il Beccafumi si adeguò all'intento celebrativo della commissione, dando solenne teatralità ai gesti e alle forme, rese luminose dai colori iridescenti. Nella volta sono rapprsentate, in due grandi ottagoni e un tondo centrale, le virtù civiche dell' Amor di patria, della Giustizia al centro e della Concordia: la Giustizia è "scorta al disotto in su, tanto gagliardamente che è una meraviglia; perché il disegno e il colorito che a piedi comincia oscuro, va verso le ginocchia più chiaro, e così va facendo a poco a poco di maniera verso il torso, le spalle e le braccia, che la testa si va compiendo in splendor celeste che fa parere che quella figura a poco a poco se ne vada in fumo; onde non è possibile immaginare non che vedere la più bella figura di questa né altra fatta con maggior giudizio ed arte, fra quante ne furono mai dipinte che scortassimo al di sotto in su".

Nel fregio sono rappresentati, entro rettangoli alternati a ottagoni e quattro tondi negli angoli della Sala, fatti esemplari della storia antica: Il sacrificio di Crodo, Il pretore Celio, Caronda di Tiro, Il sacrificio di Seleuco di Locri, Marco Manilio precipitato dal Campidoglio, L'uccisione di Spurio Melio, Damone Pitagorico, Lucio Giunio Bruto, La conciliazione di Emilio Lepido e Flavio Flacco, Il dittatore Fabio Massimo, Speusippo Tegeate, Postumio Tiburzio fa uccidere il figlio, La decapitazione di Spurio Cassio, Il tribuno Publio Muzio manda al rogo i colleghi, Trasibulo Ateniese e Il pretore Genuzio Cippo.

Discesa di Cristo al Limbo, 1530-1535, Siena, Pinacoteca Nazionale
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Discesa di Cristo al Limbo, 1530-1535, Siena, Pinacoteca Nazionale

Agli Uffizi è il disegno preparatorio della tavola della Discesa di Cristo al Limbo, prodotto per la chiesa di San Francesco, danneggiata lievemente in un incendio nel 1655 e ora nella Pinacoteca Nazionale. Sempre ammirata dalla critica, a cominciare dal Vasari che ne loda l'Eva, - che sarebbe per lo storico Della Valle una nobile signora Piccolomini, "benaffetta al pittore" che l'avrebbe già rappresentata nella Sala del Concistoro di Palazzo Pubblico - il ladrone, la grotta e "i demoni e fuochi bizzarri affatto". Rilevati i riferimenti düreriani e michelangioleschi, la qualità dei colori e della luce, e l'originalità dell'impostazione ne fanno una delle opere più apprezzate dell'artista senese.

Dalla sua denuncia dei beni, fatta l'11 settembre 1531 risulta proprietario di due case e di due poderi e padre di due figli: la figlia si farà suora nel 1537; rimasto vedovo, sposa nel 1533 Caterina Cattaneo, figlia del libraio Jacopo, che gli porta in dote 400 fiorini.

Nel 1537, anno in cui nasce la sua terza figlia, compone per l'Oratorio di San Bernardino la grande tavola della Madonna col Bambino, angeli e santi, dove sembra voler sperimentare una formula arcaicizzante, ma non persuasiva, con una luce diffusa che appiattisce le figure; si impegna a produrre per il Duomo di Pisa sette tavole, il Mosè che spezza le Tavole della Legge, Il castigo di Core, San Giovanni evangelista, San Luca, San Marco, San Matteo e una Madonna col Bambino andata distrutta in un incendio nel 1596: nel Mosè e nel Castigo di Core accentua l'enfasi degli atteggiamenti e la ricerca di una drammatizzazione espressa con effetti e accostamenti di luce e di colori. Questi nuovi contrasti di luce e il nuovo vigore coloristico sembrano derivare in parte dallo studio dell'opera fiorentina del Sogliani, mentre l'accentuarsi dei movimenti viene fatto risalire alla conoscenza, a Genova, del Pordenone.

Il Beccafumi è ancora a Pisa il 22 febbraio 1541 ma questa volta rinuncia alle nuove commissioni dell'Opera del Duomo.

[modifica] Le decorazioni del Duomo di Siena

Annunciazione, ca 1546, Sarteano, chiesa di San Martino
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Annunciazione, ca 1546, Sarteano, chiesa di San Martino

Le decorazioni dell'abside del Duomo di Siena, iniziati nel 1535, proseguirono con interruzioni fino al 1544: descritti dal Vasari, comprendevano, in alto, un'Assunzione e una Gloria d'angeli, al centro una Madonna con i santi Pietro e Paolo e in basso cinque gruppi di apostoli sovrastati da angeli in volo. Un terremoto danneggiò gravemente nel 1798 gli affreschi: restano, con pesanti ridipinture effettuate da Francesco Mazzuoli nel 1812 la Gloria d'angeli, due guppi di apostoli e due angeli. Giudicati negativmente dal Vasari e dai critici successivi, la critica moderna ne apprezza la libertà compositiva applicata dal Beccafumi ai modelli michelangioleschi.

Nel 1544 l'Opera del Duomo gli versa il saldo degli affreschi e il compenso per il fregio, in marmo graffito, che decora con storie bibliche il pavimento antistante l'altare maggiore: di poco più tardo è il Sacrificio d'Isacco, un grande riquadro pavimentale, di notevole effetto per l'inserzione di molti tasselli marmorei di diverse tonalità.

È tra le sue ultime opere l'Annunciazione di Sarteano, riconosciuta al Beccafumi solo nel 1932 ma di alta qualità cromatica e luministica.

Unica testimonianza della sua attività di scultore sono gli otto Angeli reggicandelabro, in bronzo, alti 150 centimetri; composti dal 1548 al 1551, non particolarmente apprezzati dalla critica, essi mostrano l'adesione di Domenico alla tradizione plastica senese.

L'ultimo acconto documentato per i suoi Angeli risale al 14 gennaio 1551; il 15 maggio l'Opera del Duomo paga al figlio Adriano "la sepoltura di esso Domenico".

[modifica] La fortuna critica

Apprezzato dal Vasari, che ne loda le capacità di invenzioni prospettiche e i "riverberi molto artifiziosi" dei suoi colori, pur con riserve - l'"ariaccia di volti spaventata" - riguardo all'espressività delle sue figure, il giudizio si raffredda nei tre secoli successivi, nel raffronto costante con l'opera classicheggiante del Sodoma: così per il Della Valle "il principal merito di Meccherino consistendo in una certa energia d'immaginare copiosamente, e di esprimersi con facilità in aria gaja e brillante" e per quanto "non possa mettersi del paro con Sodoma, ha però il suo gran merito per esser posto vicino ai grandi Maestri".

Sacra Famiglia con san Giovannino, 1515 - 1525, Monaco, Alte Pinakothek
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Sacra Famiglia con san Giovannino, 1515 - 1525, Monaco, Alte Pinakothek

Mentre gli studiosi dell'Ottocento arricchiscono di documenti la biografia del pittore, del clima positivista risente lo studio del Guaita che crede di individuare in una presunta turba visiva del Beccafumi le caratteristiche del suo cromatismo.

Nel Novecento si rivaluta lentamente l'esperienza manierista; per il Dami, "il Beccafumi è la negazione di quella che potrebbe chiamarsi la tendenza architettonica della pittura....Niente di architettonico: cioè di costruito sopra una base certa e immutabile che impedisce deviazioni....Il modo di essere della sua visione non si manifesta sotto l'influsso di una direttiva principale....È vivido di movimenti bruschi in estensione e in profondità. La sua fantasia, quando è in atto e opera, manca di un principio e di un fine. Il diagramma della sua pittura non è una linea ma una serie di punti. E fatalmente egli è l'uomo del particolare. Compone un quadro secondo le modalità correnti, ma si svia dietro una spezzatura che gli piace, si delizia ad attenuare, fino a spegnerla, una demarcazione....".

Per la Becherucci, "per il Beccafumi, l'opposizione classico - anticlassico ha avuto poco valore, poiché immediatamente l'adozione di moduli classicistici si subordinava alla sua personale concezione della luce. E di essa sola era fatale conseguenza il ritmico irrealismo delle forme, la costruzione spaziale senz'altra profondità di quella richiesta dall'effetto pittorico".

Secondo il Briganti, il Beccafumi è del tutto indipendente dal Rosso e dal Pontormo; vicino a loro "per l'estro bizzarro dell'invenzione e la particolare temperatura sentimentale del rapporto con le forme rinascimentali" se ne allontana in virtù delle "esperienze visive romane, in particolare il contatto con il connazionale Peruzzi e poi una sua interpretazione manieristica di certi modi raffaelleschi....una visione personale e, ciò che più conta, squisitamente toscana che si concreta in forme precise di stile fin dalle prime opere condotte dopo il ritorno in patria. Sì che ricordi compositivi di Fra bartolomeo e dell'Albertinelli ritornano ancora per tutto il secondo decennio, unita alla vena sottile e sconcertante sgorgata da antiche impressioni leonardesche, arricchiti ma non cancellati da deformazioni di pensieri raffaelleschi o di nuove clausole michelangiolesche, accompagnati sempre alla tempra vitale della cultura senese, rinvigorita dal Sodoma....".

Natività della Vergine, 1540 - 1543, Siena, Pinacoteca Nazionale
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Natività della Vergine, 1540 - 1543, Siena, Pinacoteca Nazionale

"L'ammirata pala con la Nascita della Vergine della Pinacoteca di Siena, eseguita agli inizi del quinto decennio, sta a dimostrare, nella sapiente composizione ambientata in una stanza illuminata dall'alto con effetti di luce in certo senso anticipatori di future soluzioni, con quanta vitalità il Beccafumi riuscisse a esprimere le inquiete immagini della sua fantasia. Tale libertà fantastica compiutamente espressa fino ad allora solo nei quadri di piccole dimensioni....caratterizza tutte le ultime creazioni del pittore. Non decadenza, come spesso è stato suggerito, ma potente tentativo di sciogliere la compattezza dei volumi in vibrazioni di luce è l'aspetto che distingue l'estrema attività del maestro senese" (Sanminiatelli).

Per la Francini Ciaranfi il Beccafumi risolse "quella lotta antitetica ed aspra che avvenne nel Cinquecento fra la forma e la misura classiche del pieno Rinascimento, in cui si sentiva raggiunto il colmo della perfezione, ma si aveva, insieme, coscienza di aver raggiunto con questo qualcosa di invalicabile, cui si sarebbe potuto dare nuova vita solo cambiandone i termini, in un linguaggio diverso, che era quello degli irriducibili effetti al limite di ogni realtà (Becherucci), e cioè del colore, della luce, della fantasia idealizzatrice, del ritmo fine a sé stesso. Nel Beccafumi tutti questi fermenti, questa anelata nuova via, sembrano ottenere subito o quasi subito una loro soluzione, come senza fatica, anzi con piena felicità, armonia, coerenza. Il colore e la luce elementi fra i più inafferrabili - egli li accorda e risolve con la poesia di una sua fantasia raffinata e sensibilissima....la realtà, la plasticità, superate, divengono per lui solo qualcosa di essenzialmente indicativo, risolte spesso nel simbolo, nell'allusivo, nel ritmo. Una luce cruda e diretta avrebbe tolto ovviamente quelle vaghe impersonalità; ma la luce deve e vuole essere per lui un potenziamento fantastico....un mezzo per conciliare il dissidio del tardo Rinascimento fra forma, luce e colore: e risolvere l'assoluta, umana - e sovrumana - armonia di Raffaello in un'animazione di vita irreale, di colore irreale, di luci irreali".

[modifica] Opere

Trittico della Trinità, 1513, Siena, Pinacoteca Nazionale
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Trittico della Trinità, 1513, Siena, Pinacoteca Nazionale
  • Siena, collezione privata, Il ratto d'Europa, ca 1514, attribuito
  • Pesaro, Musei civici, Sacra Famiglia, ca 1514, attribuito
  • Siena, Pinacoteca Nazionale, Santa Caterina da Siena riceve le stimmate fra i santi Benedetto e Gerolamo, ca 1515
  • Siena, Museo dell'Opera della Metropolitana, San Paolo in trono, ca 1515
  • Henfield, Sussex, collezione privata, Sacra Famiglia, ca 1517
  • Firenze, Uffizi, Sacra Famiglia, ca 1517
  • Siena, Oratorio di San Bernardino, affreschi, ca 1518
  • Siena, Collezione Chigi - Saracini, Madonna col Bambino e sant'Anna, ca 1520
  • Siena, chiesa di San Martino, Natività, ca 1524
  • Siena, Duomo, Decorazioni del pavimento tratte da suoi cartoni, 1519 - 1524
  • Siena, Palazzo Bindi Sergardi, affreschi, 1520 - 1524
  • Siena, Pinacoteca Nazionale, San Michele scaccia gli angeli ribelli, ca 1524
  • Firenze, Uffizi, Autoritratto, 1525 - 1530
  • Siena, chiesa di San Nicolò al Carcere, San Michele scaccia gli angeli ribelli, 1526 - 1530
  • Siena, Collezione Chigi - Saracini, Nozze mistiche di santa Caterina, 1528
  • Siena, Palazzo Pubblico, affreschi, 1529 - 1535
  • Siena, Pinacoteca Nazionale, Discesa di Cristo al Limbo, 1530 - 1535
Madonna col Bambino, angeli e santi, 1537, Siena, Oratorio di San Bernardino
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Madonna col Bambino, angeli e santi, 1537, Siena, Oratorio di San Bernardino
  • Pisa, Duomo, Mosè spezza le Tavole della Legge, 1537
  • Pisa, Duomo, Il castigo di Cori, 1538
  • Pisa, Duomo, San Giovanni evangelista, 1538
  • Pisa, Duomo, San Luca, 1538
  • Pisa, Duomo, San Marco, 1538
  • Pisa, Duomo, San Matteo, 1538
  • Siena, Pinacoteca Nazionale, Natività della Vergine, 1540 - 1543
  • Siena, Duomo, affreschi, 1535 - 1544

[modifica] Bibliografia

  • Luigi Dami, Domenico Beccafumi, in "Bollettino d'Arte", 1919
  • Jacob Judey, Domenico Beccafumi, Freiburg, 1932
  • Maria Gibellino Krasceninnikowa, Il Beccafumi, Firenze, 1933
  • Cesare Brandi, Disegni inediti di Domenico Beccafumi, in "Bollettino d'Arte", 1934
  • Bernard Berenson, La pittura italiana del Rinascimento, Milano, 1936
  • Luisa Becherucci, Manieristi toscani, Bergamo, 1944
  • Evelyn Sandberg Vavalà, Sienese studies, Firenze, 1953
  • Giuliano Briganti, La Maniera italiana, Roma, 1961
  • Anna Maria Francini Ciaranfi, Domenico Beccafumi, Milano, 1967
  • Donato Sanminiatelli, Domenico Beccafumi, Milano, 1967
  • Giulio Carlo Argan, Storia dell'arte italiana, Firenze, 1968
  • Edi Baccheschi, L'opera completa di Domenico Beccafumi, Milano, 1977
  • Mino Gabriele, Le incisioni alchemico-metallurgiche di Domenico Beccafumi, Firenze, 1988
  • Da Sodoma a Marco Pino, Pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento, catalogo, Firenze, 1988
  • Beccafumi e il suo tempo, catalogo, Milano, 1990

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