Pigmalione
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Pigmalione (dal greco pygmaios, nano), re di Cipro, secondo Arnobio, Adversus nationes VI, 22), si sarebbe innamorato di una statua della dea Afrodite. Arnobio, scrittore cristiano convertitosi alla fine del III secolo dopo Cristo, mira semplicemente a polemizzare con la mitologia pagana e non aggiunge altro al vecchio mito, soddisfatto di ridicolarizzare il culto degli idoli.
Il racconto di Ovidio, (Metamorfosi, X, 243) è precedente e più complesso: Pigmalione, re di Cipro, era anche uno scultore e avrebbe modellato una statua femminile, nuda e d’avorio, che egli stesso aveva chiamato Galatea, (dal greco gala, galaktos, latte), della quale si sarebbe innamorato considerandola, come tutti gli innamorati, il proprio ideale femminile, superiore a qualunque donna in carne e ossa, tanto da dormire accanto ad essa sperando che un giorno si animasse. Nel periodo dei riti in onore di Afrodite, Pigmalione si recò al tempio della dea, pregandola di concedergli per sposa l’essere creato dalle sue mani: la dea acconsentì. Egli stesso vide la statua animarsi lentamente, respirare e aprire gli occhi. Pigmalione e Galatea si sposarono ed ebbero un figlio di nome Pafo, che fu poi nome di una città di Cipro, famosa anche per un tempio dedicato alla dea dell’amore e altro nome della stessa Afrodite.
Ovidio descrive, secondo il tema del suo scritto, la metamorfosi di un essere, ma alla base del mito non vi è, come credeva Arnobio, l’adorazione di un idolo, ma la dedizione dell’artista al prodotto della sua arte, fino alla immedesimazione, al congiungimento con esso, che si ottiene con la ricerca di Afrodite, cioè della bellezza e dell'amore.