L'infinito
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L'infinito è una poesia composta da Giacomo Leopardi tra il 1819 e il 1821 (si stima, più precisamente, tra la primavera e l'autunno del 1819), cioè nel periodo della sua giovinezza a Recanati, il suo paese natale, nelle Marche.
Il testo, pubblicato per la prima volta insieme ad altri Idilli nel 1825, confluì poi nell'edizione dei Versi del 1826, quindi nei Canti del 1831. Gli Idilli leopardiani, diversamente da quelli greco-ellenistici, non presentano animate scenette di vita campestre sullo sfondo di paesaggi stilizzati, bensì esprimono, secondo le parole del poeta, "sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo animo". E proprio "avventura dell'animo del poeta" potrebbe essere definito questo testo poetico.
Egli si riferisce ad un colle che era meta abituale delle sue passeggiate, dal quale non poteva spingere lo sguardo fino all'orizzonte perché la vista era limitata da una siepe. Questa situazione di limite fisico genera però un procedimento tutto interiore di contemplazione, che si spinge sempre più lontano, fino a concepire l'inconcepibile, ovvero l'infinito nello spazio e nel tempo. Secondo la concezione espressa nello Zibaldone, e definita "teoria del piacere", l'animo umano non può essere appagato da piaceri finiti, limitati, ma va in cerca di piaceri infiniti per numero, per estensione e per durata; tali piaceri però non si incontrano nell'esperienza comune. Perciò la condizione particolare, di solitudine, silenzio, contemplazione, diventa la via d'accesso ad un sentimento che, se dapprima appare quasi di paura, si rivela poi come un piacere assoluto nella fusione con il mare infinito dell'essere.
L'uso delle figure retoriche contribuisce alla particolare espressività e musicalità del testo poetico. È frequente l'uso di iperbato (figura retorica che consiste nello scambio delle parole rispetto all'ordine convenzionale), di metafore (l'istituzione di un confronto per aspetti anche diversi senza l'uso di espressioni correlative), di similitudini (simile alla metafora ma distinguibile da quest'ultima per la presenza di espressioni correlative), di enjambements (distribuzione di una frase tra due versi, che crea una separazione tra periodo metrico (andamento dei versi) e periodo sintattico [ad esempio: Così tra questa / immensità s'annega il pensier mio].
Il metro è costituito da endecasillabi sciolti. La misura (15 versi) eccede di un solo verso quella consueta del sonetto; l'assenza di un sistema di rime, il disporsi del testo in quattro ampi periodi dei quali soltanto il primo si conclude a fine verso, la presenza di numerosi enjambements, assonanze, allitterazioni costituiscono gli elementi chiave di una musicalità raccolta, interiore, in armonia col tema e con la situazione espressa nel testo.
Il lessico è, secondo la poetica di questa fase dell'opera di Leopardi, caratterizzato da parole "vaghe, indefinite", che sollecitano l'immaginazione. Il linguaggio è caratterizzato dalla presenza di qualche parola aulica (ad esempio "ermo"). Prevalgono sostantivi su verbi ed aggettivi; sul piano sintattico prevale la paratassi sull'ipotassi. È degno di nota l'uso dei dimostrativi "questo" e "quello" che denotano vicinanza e distanza sul piano soggettivo e non sul piano oggettivo.
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