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Francesco Moranino - Wikipedia

Francesco Moranino

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Francesco Moranino (Tollegno, 16 febbraio 1920 - Grugliasco, 18 giugno 1971) fu un partigiano e uomo politico italiano.

[modifica] Biografia

Iscritto al Partito comunista clandestino nel 1940, l'anno dopo venne arrestato e condannato a 12 anni di carcere (fu detenuto a Civitavecchia) da parte del Tribunale speciale. Libero dopo la caduta del fascismo nel 1943 venne mandato nel Biellese dove, con il nome di battaglia di Gemisto, organizzò e comandò le prime formazioni partigiane del luogo, portando a termine numerose operazioni.

Nel dopoguerra Moranino iniziò una carriera politica e divenne segretario della Federazione comunista biellese e valsesiana. Il 2 giugno 1946, fu eletto all'Assemblea Costituente, candidato dal Pci (circoscrizione di Torino) con 11.909 preferenze; il 3 febbraio 1947, nel terzo governo De Gasperi fu nominato sottosegretario alla Difesa; il 18 aprile 1948 (prima legislatura) fu eletto deputato nel Fronte Democratico Popolare con 69.452 preferenze (circ. di Torino); il 6-7 giugno 1953 (seconda legislatura), Moranino fu rieletto per il Pci con 52.647 preferenze. Nel 1951 fu nominato segretario della Federazione mondiale della gioventù democratica.

Nel 1953, sotto il governo Pella si esaminarono alcuni casi riguardanti fatti che non rientravano fra i reati amnistiati dal ministro Togliatti nel 1949.

Nel periodo della guerra civile 1943-1945 sulle montagne del Biellese, dove era forte la Brigata comunista Garibaldi-Biella che comprendeva il 6° distaccamento “Pisacane” comandato da Francesco Moranino, come in altre del Nord, si combatté una doppia guerra civile che vide tedeschi e fascisti contro i partigiani, e talvolta partigiani di un colore politico combattere una guerra privata contro partigiani di altro colore politico.

Ivi avvenne un fatto misterioso, la strage della missione Strassera: 5 partigiani della “missione Strassera”, sospettati di essere in realtà spie nazifasciste, furono fucilati e le spose di due di loro furono anche uccise. "Emanuele Strassera" era un ligure inviato dagli angloamericani, agente dell'OSS, con il compito di coordinare la lotta partigiana. Strassera aveva il compito di consegnare un rapporto agli agenti alleati operanti in Svizzera. Egli contattò Francesco Moranino, ed arruolò quattro partigiani.

Le vittime furono: Emanuele Strassera, agente del Sud, sbarcato sulla costa ligure da un sommergibile USA, all'inizio dell'estate 1944; Gennaro Santucci, partigiano; Ezio Campasso, partigiano; Mario Francesconi, partigiano; Giovanni Scimone: partigiano. Successivamente, il 9 gennaio 1945 furono liquidate le spose di due dei partigiani uccisi, Maria Santucci e Maria Francesconi; un uomo bussò di notte alla loro porta, esse uscirono, e furono uccise con un colpo alla testa, liquidate perché stavano per scoprire la verità sulla sorte dei loro mariti[citazione necessaria]. Gli assassini cercarono di far ricadere la responsabilità della morte delle due donne sui fascisti ed i loro feroci rastrellamenti.

Nel dopoguerra i familiari dei cinque partigiani fucilati e delle due spose uccise svolsero delle indagini e raccolsero delle prove che presentarono alle autorità.
Furono fatte delle indagini ufficiali che orientarono le responsabilità sul deputato comunista.
Moranino fu accusato dopo la guerra dell'eccidio della "Missione Strassera", il 26 novembre 1944 in località Portula, attirandoli in un’imboscata; stessa sorte il 9 gennaio 1945 toccò a due spose degli uccisi.

Il 27 gennaio 1955 la Camera dei Deputati, con una maggioranza di centrodestra, votò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Moranino su richiesta della Procura di Torino; l’accusa era di omicidio plurimo aggravato e continuato ed occultamento di cadavere, e Moranino fuggì nuovamente in Cecoslovacchia. Il 22 aprile 1956, il processo svoltosi in contumacia a Firenze si concluse con la condanna all’ergastolo per sette omicidi.
Si legge nella sentenza: «Perfino la scelta degli esecutori dell’eccidio venne fatta tra i più delinquenti e sanguinari della formazione. Avvenuta la fucilazione, essi si buttarono sulle vittime depredandole di quanto avevano indosso. Nel percorso di ritorno si fermarono a banchettare in un’osteria e per l’impresa compiuta ricevettero in premio del denaro». La sentenza di condanna all'ergastolo fu confermata dalla Corte d'Assiste d'Appello nel 1957.

Nel 1958 alcuni sospetti sullo svolgimento del processo, che per molti aveva come solo scopo un intento persecutorio contro il comandante partigiano, portarono il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi a commutare la pena in dieci anni di reclusione (cosa che avrebbe permesso a Moranino di rientrare in Italia). Il 27 aprile 1965 Francesco Moranino, sempre esule a Praga, venne poi graziato dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

Rimpatriò solo quando fu ufficialmente riconosciuto che i fatti di cui era accusato erano "atti di guerra" (tra l’altro non da lui ordinati), connessi con la Guerra di Liberazione e quindi giuridicamente legittimi.

Il 19 maggio 1968, Pci e Psiup annunciarono la candidatura nel collegio senatoriale di Vercelli dell’ex deputato condannato all’ergastolo, tuttavia graziato. Moranino sarà rieletto con 38.446 voti ed entrerà nella Commissione industria e commercio del Senato. Morì, tre anni dopo, stroncato da un infarto.

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