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Costituzione francese - Wikipedia

Costituzione francese

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Politica in Francia


La Politica nella Quinta Repubblica Francese






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Categorie: Politica, Diritto e Stato
Portale Francia


In diritto ed in storia, la Costituzione francese è un importantissimo testo normativo dai riflessi sociali, culturali, storici e politici di stringente importanza per l'Europa occidentale degli ultimi secoli. La storia del diritto francese annovera ben 15 costituzioni, delle quali alcune non applicate.

Nacque munita del valore giuridico di Carta suprema dell'ordinamento giuridico della Francia, il 3 settembre 1791 ed entrò in vigore il successivo 1 ottobre. Le successive modificazioni hanno nel tempo marcato i cambiamenti sociali e politici della nazione francese, dividendo la sua storia recente in epoche fra loro ben distinte e note.

Indice

[modifica] La prima Costituzione (1791)

Questa Costituzione seguiva di poco (3 novembre 1789) la Dichiarazione dei diritti dell'Uomo e del Cittadino; questa, che a sua volta seguiva di un decennio l'analoga Carta della Virginia (USA) del 1776, fu voluta dall'Assemblea Nazionale (il Parlamento unicamerale francese), che nel frattempo aveva assunto funzioni costituenti, proprio perché si ritenne che fosse opportuno raggiungere intanto un accordo sui principi fondamentali che la redigenda costituzione doveva rappresentare. La preparazione della Dichiarazione fu dunque considerata una sorta di pre-discussione di quanto, opportunamente rastremando ed affinando i principi ritenuti fondamentali, sarebbe stato contenuto nella costituzione.

Fu redatta, questa prima costituzione, da un apposito Comité de Constitution e votata da un'Assemblea nazionale costituente (derivata nella sua formazione dagli Stati Generali). Influenzata dal Terzo Stato e dai nobili, propose un sistema di monarchia parlamentare costituzionale, con buon uso (tecnicamente parlando) della separazione dei poteri di Montesquieu: il potere esecutivo era affidato al Re (allora Luigi XVI), il potere legislativo al Parlamento, il potere giudiziario era indipendente e la garanzia della sua indipendenza era affidata all'elettività della carica. Confermava, però l'esclusione del popolo dai momenti decisionali.

Prevista inizialmente per un termine di 10 anni, non sarebbe durata a lungo: sarebbe stata travolta, come le istituzioni, dall'insurrezione popolare (rivolta delle Tuileries) del 1792, frutto della contrapposizione fra Girondini e Montagnards.

L'Assemblea nazionale, in un clima incandescente, fu sostituita da un'autoproclamata Convention nationale, nella prima fase tutta influenzata dai Girondini, che il 21 settembre avrebbe proclamato la Repubblica ed in seguito istituito il Tribunale rivoluzionario ed organizzato il processo a Re Luigi.

[modifica] Costituzione dell'anno I

Nel detto clima rivoluzionario, nel giugno 1793 i Montagnards presero il sopravvento nella Convention ed il 24 giugno emanarono sia una nuova Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino, sia una una nuova costituzione, detta stavolta dell'anno I, sottintendendo "dell'era repubblicana".

Questa costituzione fu sottoposta a suffragio popolare attraverso un referendum, che però registrò 5 milioni di astensioni su 7 milioni di votanti. Proponeva un sistema repubblicano, il suffragio universale maschile ed una sorta di federalismo, detto più propriamente "dipartimentalismo" (che si focalizzava principalmente sulla contenzione del privilegiato dipartimento di Parigi alla sola influenza spettante di un ottantatreesimo sul totale degli 83 dipartimenti nazionali).

La costituzione non ebbe applicazione, sia per lo stato di guerra con l'Austria (dichiarata solo da qualche mese), sia per il "Terrore", appena entrato in applicazione. Restò però come documento ispiratore e di valore grandemente simbolico anche in epoche successive.

[modifica] Costituzione dell'anno III

La Convention nel 1794 prese il nome dal Termidoro nel quale si era posta fine al governo rivoluzionario di Robespierre, e si preparò all'insediamento di un Direttorio. Rigettando la radicalità della Costituzione dell'anno I, fece approvare nel 1795 (con un plebiscito) la Costituzione dell'anno III, nella quale il suffragio universale era sostituito da un suffragio per due livelli di censo, e con la quale si riformò il sistema parlamentare instaurando un bicameralismo il cui Senato (Conseil des Anciens) aveva funzione di controllo (e veto) sulla legislazione della Camera (Consiglio dei 500).

Questa costituzione, però, non prevedeva modalità di risoluzione delle eventuali conflittualità fra i poteri dello stato, né fra gli organi di questi poteri, aprendo la strada a possibili situazioni di stallo di cui terzi avrebbero potuto giovarsi. Terzi come Napoleone.

[modifica] Costituzione dell'anno VIII

Dopo la presa di potere di Napoleone, con il colpo di stato del novembre 1799, fu presto promulgata una nuova Carta, il 13 dicembre (poi ratifiicata da plebiscito nel febbraio del 1800). Questa istituì la funzione esecutiva del Consolato, ed indebolì i poteri legislativi a tutto vantaggio dell'esecutivo: al posto di Camera e Senato, si ebbero Senato, Tribunato, Consiglio di Stato e Corpo legislativo. Fu ristabilito il suffragio elettorale maschile.

Il Consolato, la più visibile innovazione, cosnisteva di un collegio di tre consoli eletti per 10 anni dal Senato, senza limiti alla loro eventuale rieleggibilità, ma di questi tre, due avevano solo funzioni consultive in favore del Primo Console, che aveva anche diverse attribuzioni legislative.

[modifica] Costituzione dell'anno X

Il 2 agosto 1802, con un senatoconsulto, si apportarono alcune non essenziali modifiche alla carta vigente.

Con tali previsioni Napoleone di fatto divenne Primo Console a vita ed al Senato fu conferita la facoltà di sciogliere il Tribunato e il Corpo legislativo.

[modifica] Costituzione dell'anno XII

Con quest'altro senatoconsulto del 18 maggio 1804, ratificato da plebiscito il successivo 6 novembre, fu istituito l'impero di Francia, di cui era titolare Napoleone.

Il titolo di imperatore era ereditario, in linea di discendenza maschile (ed eventualmente da continuarsi per adozione in mancanza di eredi). Furono inoltre create alcune cariche di grandi dignitari (che un po' si rifacevano alle rappresentanze istituzionali nobiliari) e di grandi ufficiali dell'impero.

Furono istituite anche due commissioni senatoriali, una per la repressione degli abusi di polizia, l'altra per la libertà di stampa e la repressione degli abusi della censura.

[modifica] Costituzione del 1814

Con la Prima Restaurazione, Re Luigi VII fu "indotto" a promulgare una costituzione di fatto redatta dalle potenze vincitrici che, avendo sconfitto l'imperatore, avevano insediato per monarca il fratello cadetto di Luigi XVI, di nuovo un Borbone. Questa costituzione, emanata il 4 giugno 1814, era quindi diretta figlia del Congresso di Vienna e delle speculazioni politiche del Talleyrand.

La Carta, nel ristabilire la monarchia, apprendeva morbidamente talune innovazioni nel frattempo apportate dalla Rivoluzione e dall'Impero. Ad esempio, anche il Re era dichiarato sottomesso alla legge prevista dalla carta medesima, questione che, nella sua novità, fece discutere i giuristi su quale fosse il potere supremo, se il monarca o la Carta; si propese poi, deferentemente, per attribuire la supremazia al Re, poiché la Carta era stata da lui emanata e gli era dunque subalterna per fonte.

Si restaurò un bicameralismo nel quale il Senato (Camera dei Pari) era di nomina regia, mentre la Camera dei Deputati era eletta a suffragio per censo.

[modifica] Costituzione del 1815

Rincasato Napoleone dall'esilio dell'isola d'Elba, mise mano alla Carta suprema per riproporre concetti ordinamentali già introdotti nel periodo imperiale. Questa carta confermava infatti le disposizioni delle precedenti costituzioni ed espressamente apportava modifiche alle stesure dell'anno VIII, dell'anno X e dell'anno XII.

Sancì l'ereditarietà (ma non estesa ai figli adottivi) della Camera dei Pari, che diveniva di nomina imperiale.



[modifica] Bibliografia

  • (FR) Frédéric Monera, L'idée de République et la jurisprudence du Conseil constitutionnel- Paris, L.G.D.J., 2004 [1]-[2]

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