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Battaglia di Vezza d'Oglio - Wikipedia

Battaglia di Vezza d'Oglio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Battaglia di Vezza d’Oglio consistette in un fallito tentativo italiano, il 4 luglio 1866, di respingere truppe di montagna austriache che avevano disceso il Passo del Tonale.

Indice

[modifica] Contesto

Allo scoppio della Terza guerra di indipendenza italiana, il 23 giugno 1866, l'esercito italiano era diviso in due armate: la prima, al comando del La Marmora, era stanziata in Lombardia ad ovest del Mincio verso le fortezze del Quadrilatero; la seconda, al comando del generale Enrico Cialdini in Romagna, a sud del Po, verso Mantova e Rovigo. Il lungo fronte alpino, invece, era affidato ai volontari di Giuseppe Garibaldi, i Cacciatori delle Alpi, i quali dovevano controllare il lungo fronte che divideva la Lombardia dall'Alto Adige e dal Trentino, principalmente attraverso due vie di penetrazione: il Passo dello Stelvio, a nord, il Passo del Tonale, al centro. Lungo la terza via di penetrazione, il lago d'Idro, a sud, lo stesso generale Garibaldi aveva compito di guidare il grosso dei volontari a penetrare verso Trento (battaglia di Bezzecca).

[modifica] Le prime scaramucce di frontiera

Nella notte del 24 giugno gli avamposti austriaci sul Tonale furono allarmati da un reparto nemico che, avvicinatosi nella nebbia, sparò sulle vedette senza causare danni. In risposta, il 25 giugno le truppe austriache del maggiore Von Albertini avanzarono in avamposto oltre la frontiera ed il 26 giugno occuparono Ponte di Legno (appena 400 m slm più sotto). Nei tre giorni successivi, vennero compiute perlustrazioni sino a Vezza d'Oglio, senza incontrare truppe italiane. Il 29 pomeriggio, in assenza di istruzioni, l’Albertini riportò sul Tonale.

La notizia dello sconfinamento austriaco allarmò, comunque, gli Italiani: una eventuale discesa attraverso Edolo – Boario avrebbe consentito agli Austriaci di minacciare da tergo i volontari di Garibaldi stanziati presso il lago d’Iseo e, al limite, anche le comunicazioni italiane tra Bergamo e Brescia. Esso avrebbe richiesto molte più truppe di quelle segnalate il 25 e 25 luglio, ma si sapeva che, dopo aver battuto gli Italiani alla battaglia di Custoza, gli Austriaci erano all'offensiva: appariva saggio esercitare giusta prudenza.

Così, Garibaldi risolse di inviare alcuni reparti ad occupare Edolo: il 28 giugno giungeva il maggiore Vincenzo Caldesi, con il 1° battaglione del 4° reggimento volontari e 2 pezzi da montagna, che si aggiungevano al il 44° battaglione della Guardia Nazionale ed a 50 finanzieri, già presenti in paese. Il 29 giugno le truppe prendevano posizione alla stretta di Incudine, poco sopra Edolo, in modo da garantire la protezione del passo del Mortirolo che garantiva le comunicazioni con la parallela linea di difesa tenuta dai Valtellinesi dal colonnello Enrico Guicciardi alla stretta di Sondalo (Operazioni in Valtellina (1866)).

[modifica] L'avanzata austriaca sullo Stelvio ed il Tonale

I timori italiani non erano del tutto infondati: sin dalla fine di giugno, infatti, il comando austriaco del Trentino aveva comandato di avanzare a ridosso dei passi, occupando i versanti occidentali e, se possibile, avanzare oltre. Il capo di stato maggiore dell’Armata d’Italia, l’arciduca Alberto, il 29 giugno aveva telegrafato l’ordine di: "tenere presidiati passi Tonale e Stelvio con Tiratori stanziali, contemporaneamente avanzare per detti passi con truppe mobili su Edolo, Tirano, Teglio, da lì condurre piccola guerra."

La prima azione interessò il Passo dello Stelvio, con l’occupazione di Bormio il 2 luglio (Operazioni in Valtellina (1866)). L’avanzata austriaca aveva proceduto anche dal secondo dei grandi passi alpini che dividono la Lombardia italiana dal Trentino allora austriaco: il Passo del Tonale. Si trattava di circa 1000 uomini di cacciatori montagna, oltre a 1 batteria da montagna con 4 pezzi e 1 plotone di cavalleria leggera, sempre al comando del Von Albertini. Il 3 luglio dalle forti posizioni tenute sul passo gli Austriaci discesero la valle attraverso Ponte di Legno, Temù e Vione. Incontravano avamposti italiani a Stadolina, ripiegati su Vezza secondo le istruzioni.

[modifica] La linee prima della battaglia

L’avanzata austriaca si arrestò all’ingresso di Vezza. Il Von Alberini, infatti, aveva ricevuto ordine di non procedere oltre Ponte di Legno, ma si credette autorizzato a non ritirarsi ancora, dato che era entrato in contatto diretto col nemico. L’intenzione era, probabilmente, quella di provocare il nemico a battaglia, forse per cercar gloria, forse per ottenere un qualche successo che demoralizzasse il nemico ed allontanasse ogni minaccia italiana al Tonale.

Una ulteriore avanzata appariva, infatti, difficile, dal momento che più a valle le truppe del Caldesi, erano state raggiunte il 3 luglio dal 2° battaglione bersaglieri, al comando del maggiore Nicostrato Castellini di Rezzato (Brescia) trentasettenne. Si trattava di volontari che, avendo appartenuto ad una società di tiro a segno, erano esperti tiratori e quindi arruolati come bersaglieri. Gli Italiani disponevano, quindi, di circa 1750 uomini e 2 pezzi di artiglieria.

Il 2° battaglione bersaglieri, gran parte del 1° battaglione e 2 pezzi, si trovavano ben piazzati poco oltre Vezza (tra le due località di Davena e Davenina) dietro una trincea che dalla montagna raggiungeva la sponda dell'Oglio. Subito alle sue spalle, sul ponte stradale, erano due compagnie del 44° Guardia nazionale, altre due compagnie erano distaccate al passo del Montirolo. In avanti il 1° battaglione aveva lasciato solo una compagnia in avamposto al cimitero di Vezza, verso Stadolina e un plotone a presidio della località Grano, posta al di sopra del paese al di là della Val Grande, segnata da un grosso torrente, affluente destro del fiume Oglio.

[modifica] La battaglia: l'assalto Austriaco

Il 4 luglio 1866, all’alba, gli Austriaci scendevano ad occupare il borgo di Vezza, su tre colonne: lungo i terrazzamenti della china a nord della strada, sulla strada e a fondo valle. Due compagnie, il plotone di cavalleria e la batteria da montagna venivano tenute di riserva.

Gli avamposti italiani al cimitero vennero soverchiati e si ritirarono, mentre anche la compagnie Malacrida, dopo lo scambio di alcune fucilate col nemico, alle ore 1,30 riceveva l’ordine di ritirarsi lasciando occupare Vezza. Da lì tre compagnie vennero avviate ad occupare Grano ed una compagnia in avanscoperta verso la trincea italiana.

[modifica] La battaglia: i contrattacchi italiani

A quel punto gli italiani presero una decisione inaspettata ed avanzarono sulla strada e sui pendii a nord di questa ed attaccarono ripetutamente il borgo. Gli Austriaci si erano, però, asserragliati nelle case ai due lati della strada ed in un giardino cinto da un muro, coperti dalla batteria da montagna, con due pezzi a nord e due all'uscita occidentale di Vezza del paese. Nel frattempo le tre compagnie raggiungevano Grano, dove scacciavano il plotone italiano dopo violenta lotta. Un rinforzo di due compagnie di bersaglieri era giunto tardi ed i suoi attacchi respinti.

Gli italiani organizzarono un nuovo attacco frontale a Vezza, “alla garibaldina”, baionetta in canna e quasi completamente allo scoperto, che fu ancora una volta respinto. A quel punto il maggiore Caldesi, vedendo inutili gli sforzi dei suoi uomini, ordinò di retrocedere dietro il trincerane. Ma il maggiore Castellini disobbedì, e comandò un ennesimo assalto, per cadde colpito da fuoco di artiglieria assieme al capitano Frigerio che gli stava accanto.

La morte del Castellini lasciava i reparti senza comando, dal momento che l’altro maggiore, il Caldesi, a causa dei dissensi avuti con il collega, aveva dichiarato un forte attacco influenzale e era stato portato in un baita in alta quota, da dove aveva osservato le operazioni.

In contrattacco italiano era stato condotto con tutte le forze disponibili (bersaglieri, volontari e fanti) lasciando sguarnita la linea di difesa trincerata. Quando, i reparti cominciarono il ripiegamento verso la linea trincerata, essi erano quindi poco coperti ed esposti ad un contrattacco. Era morto, inoltre, l’ufficiale in comando.

[modifica] La battaglia: esito

La ritirata, eseguita in un primo tempo ordinatamente al comando degli ufficiali superstiti, si trasformò in fuga precipitosa non appena i reparti in marcia vennero fatti oggetto di fuoco nemico, specie da parte dei reparti che avevano occupato Grano, da cui dominavano il vallone. Le unità vennero ricomposte solo alle porte di Edolo, dove si ritirò il maggiore Caldesi.

Le perdite italiane erano state di 3 ufficiali e 14 uomini morti, 66 uomini feriti di cui 12 presi prigionieri, inoltre 12 uomini vennero catturati incolumi. Quelle austriache di 8 morti e 23 feriti, tra cui un ufficiale.

Gli Austriaci ripiegarono già il 4 luglio su Ponte di Legno e, il 7 luglio, da lì sul Tonale. Il 15 luglio, il Von Albertini tornò a Vezza, dove incontrarono gli Italiani che avevano recuperato la linea trincerata, e ripiegò.

[modifica] La battaglia: fatti successivi

Il ripiegamento austriaco, comunque, dimostrava che l'azione strategica austriaca si era esaurita: il 15 luglio l’intero 4° reggimento di volontari venne comandato di spostarsi a sud di Edolo, eppoi di varcare le alpi a sud dell’Adamello, per scendere alle spalle dei forti di Lardaro, nelle valli Giudicarie, da dove risaliva Garibaldi con il grosso dei volontari (Invasione del Trentino (Garibaldi - 1866)).

Rimanevano in loco solo la Guardia Nazionale locale, sostenuta da pochi reparti di carabinieri e finanzieri. Essi si dimostrarono sostanzialmente inattivi e gli Austriaci ne profittarono per compiere le loro razzie: il 20 luglio, due compagnie si riportarono a Vezza, trovarono la linea incustodita e la demolirono, per poi entrarare in Edolo. Lì imposero al municipio una requisizione alimentare e ripiegarono sul Tonale. Fra il 23 ed il 26 luglio il von Albertini compì ulteriori incursioni fino a Vezza.

[modifica] Conseguenze

Il contrattacco italiano non fu, probabilmente, affatto necessario: gli Austriaci non avrebbero proceduto oltre il borgo e, se proprio cercavano battaglia, tanto valeva sostenerla in difesa, dalle posizioni trincerate. Un ulteriore indizio è rappresentato dalla tradizione che narra di forti contrasti fra il Castellini, che appena giunto premeva per una immediata offensiva diretta, ed il Caldesi, più prudente e desideroso di tenersi dietro la linea fortificata. Si narra di una furibonda lite la notte prima dello scontro. Certo è che, come detto, il Caldesi si diede malato e si tenne, colpevolmente, lontano dal luogo dello scontro. La decisione di condurre una battaglia difensiva, d'altra parte, si sarebbe rivelata vincente, alcuni giorni più tardi, alla battaglia di Bezzecca e (meno consapevolmente) alla battaglia di Condino, entrambe comandate da Garibaldi in persona: quindi, certamente, non disonorevole.

La lezione non sarebbe stata dimenticata: tra il 1915 ed il 1918 al Tonale, infatti, come allo Stelvio, le nuove truppe alpine dell’esercito italiano, seppero tenere testa agli Austriaci da posizioni ben difese e senza permettere loro più la discesa in valle.

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