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Battaglia di Bezzecca - Wikipedia

Battaglia di Bezzecca

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Garibaldi a Bezzecca
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Garibaldi a Bezzecca

La battaglia di Bezzecca venne combattuta il 21 luglio 1866, quando i Cacciatori delle Alpi del Garibaldi fermarono il tentativo del comandante austriaco del Trentino e dell'Alto Adige, generale Von Kuhn di ricacciarli verso il Lago d'Idro.

Indice

[modifica] Contesto

Allo scoppio della Terza guerra di indipendenza italiana (23 giugno 1866) ai volontari di Giuseppe Garibaldi, i Cacciatori delle Alpi, venne comandato di controllare il lungo fronte che divideva la Lombardia dall'Alto Adige e dal Trentino, principalmente attraverso tre vie di penetrazione: il Passo dello Stelvio a nord, il Passo del Tonale al centro e il lago d'Idro a sud, dove lo stesso generale Garibaldi aveva compito di guidare il grosso dei volontari a penetrare verso Trento.

[modifica] La avanzata garibaldina in Trentino

Fra il lago d’Idro e il lago di Garda, il confine passava poco a nord del primo, lungo il corso del Caffaro. Da lì, verso nord si estendono le Valli Giudicarie che, lungo il corso del fiume Chiese ed attraverso Sarnico, consentivano di liberare il lato orientale del Passo del Tonale, ovvero scendere su Trento. Fra i due laghi, d’altra parte, non esisteva altra strada percorribile con artiglierie e la sponda orientale del lago di Garda era tenuta dalle fortezze di Verona e dalla superiorità navale austriaca.

Il 3 luglio Garibaldi aveva conquistato prima la forte posizione sul monte Suello (nei combattimenti lo stesso generale era stato ferito alla coscia e si muoveva in carrozza), poi i paesi della valle del Chiese (Lodrone, Darzo e Storo sino a Condino), mentre l’avanguardia garibaldina si installò a Cimego, col suo ponte sul Chiese, circa 20 Km a nord del Caffaro. Lì aveva sostenuto un importante assalto austriaco, poi rientrato sulle posizioni di partenza (battaglia di Condino).

Il 18 luglio i volontari erano avanzati sino ad occupare l’intera Val di Ledro ed il 19 avevano ottenuto la resa del forte di Ampola, che bloccava la strada carrabile sopra Storo (Assedio del Forte d’Ampola).

Era ora aperta ai garibaldini la via per assalire i forti di Riva del Garda, ovvero aggirarli, proseguendo verso la valle dell’Adige e Trento.

Battaglia di Bezzecca
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Battaglia di Bezzecca

[modifica] Il piano di battaglia austriaco

Il Von Kuhn dispose per una azione aggirante, da nord dalla Valle del Chiese e da ovest, sul nuovo fianco destro garibaldino in Val di Ledro e concentrato su Bezzecca: la prima colonna del Montluisant e del Grünne doveva scendere in Val di Ledro, sloggiare i garibaldini da Pieve di Ledro e Bezzecca, inseguirli sino a Tione ed al forte di Ampola e poi giù sino a Storo e Darzo. Le forze si unirono a Campi, di là dal Monte Parì, sopra Riva del Garda, il 20 luglio. Contemporaneamente, la seconda colonna del Kaim e dell’Höffern dovevano riunirsi a Roncone, sopra Lardaro e scendere dalla Valle del Chiese ed attaccare la sinistra e il centro garibaldino, più o meno all’altezza di Condino.

[modifica] La presa di Locca

Il 21 luglio alle 4 del mattino le truppe del colonnello Montluisant levarono il campo per portarsi su due colonne nella Val Concei, verso Lenzumo. Benché la marcia avvenisse molto lentamente ed in fila indiana, l'attacco del Montluisant potè godere dell’effetto sorpresa. Gli assalitori agganciarono i volontari a Lenzumo e li ricacciarono oltre Enguiso, sino a Locca. Il paese di Locca, posto sulla cima pianeggiante di un ponticello che chiude la Val Concei verso sud, con la chiesa isolata ed il cimitero racchiuso da un muro di cinta, erano fortemente presidiati dal 5° reggimento del colonnello Chiassi provvisto di diversi cannoni. La posizione venne bombardata dalle batterie austriache. I garibaldini tentarono di aggirare gli assalitori da Pieve di Ledro verso le alture ad est di Locca, ma vennero bloccati. La chiesa di Locca, difesa con accanimento, venne assalita e presa, dopo che era stato ferito a morte il comandante, colonnello Chiassi. Caddero in mano austriaca circa 600 prigionieri, quasi un intero battaglione del 5° reggimento di volontari.

[modifica] La caduta di Bezzecca

Ora i volontari restavano asserragliati a Bezzecca, ove vennero investiti in pieno dal fuoco di artiglieria, assaliti e spinti alla fuga. Vi furono altri 500 prigionieri. Gli Austriaci avevano occupato anche la selletta di Monte Vies, che sopra Bezzecca metteva in collegamento Lenzumo direttamente con Tiarno.

Nel frattempo Garibaldi, partito all'alba da Storo in carrozza, era giunto sul posto con il 9° reggimento, comandato dal figlio Menotti Garibaldi, proprio mentre i suoi uomini stavano cedendo sotto l'impeto del nemico ed avevano abbandonato Bezzecca, ripiegando sulla chiesetta di Santa Lucia, a metà strada tra Tiarno e Bezzecca.

Egli stabilì che la chiave della giornata fosse il controllo del borgo di Bezzecca e comandò al Menotti di guidare il 9° reggimento da Tiarno sulla destra del nemico, al colonnello Spinazzi da Molina sulla destra austriaca, il 7° reggimento e i resti del 5° e dei Bersaglieri sul centro. L’azione, tuttavia, non potè svolgersi con sufficiente rapidità e gli Austriaci ebbero il tempo di rafforzare le posizioni conquistate, sistemando artiglierie sulle alture retrostanti per investire con forza decisiva le linee dei Cacciatori. Il bombardamento colpì lo stesso Garibaldi, visibile perchè si muoveva in carrozza: la vettura venne investita, un cavallo e la sua guida (il Giannini) ucciso ed il generale estratto di forza dalla scorta.

[modifica] La controffensiva italiana

Garibaldi, sempre lucido, ordinò allora a due battaglioni del 9° Reggimento di occupare le alture dietro l'abitato e all'artiglieria (rinforzata della batteria di riserva) di piazzarsi su una piccola altura prima del paese e far convergere tutto il fuoco sul centro abitato, per battere gli Austriaci nel loro punto di ammasso.

Il bombardamento raggiunge l’obiettivo di scompigliare i reparti che andavano riorganizzandosi e di spingere (unitamente ad un contrattacco del 9° reggimento) le truppe che già avanzavano a ripiegare sul paese. Nel frattempo, gli altri reparti garibaldini, ripreso fiato, riorganizzavano i ranghi.

Come consueto nelle sue battaglie, al momento decisivo il Garibaldi comandò una carica alla baionetta. A mezzogiorno i comandanti presenti (Menotti, Canzio, Ricciotti, Bedeschini, Rizzi, Mosto, Antongini, Pellizzari) agirono alla garibaldina: riunirono tutti gli uomini abili di tutti i corpi e li guidarono al passo di corsa sul villaggio, in un corpo a corpo. Il paese venne liberato e gli Austriaci che ripiegavano seguiti d’appresso sino oltre Enguiso e Lenzumo, sotto il monte Pichea, da dove erano discesi. Gli Austriaci tennero la sella sino al giorno successivo, a protezione dei feriti e delle retroguardie.

Sull’estremo fianco destro italiano, due compagnie austriache si portarono a Molina, ma non ingaggiarono combattimento e retrocessero su Pré, da dove vennero respinte su Biasezza. Da lì attraversarono il Monte Pari e giusero a Campi per unirsi alle truppe che avevano ripiegato. Da lì la compagnia venne comandata a scortare i 1.100 prigionieri italiani, catturati nel corso della battaglia, sino a Trento ove giunse il 23 luglio.

[modifica] Esito della battaglia

In effetti, il Montluisant aveva quasi esaurito le munizioni dell’artiglieria, né si poteva contare su agevoli rifornimenti, stante i difficili collegamenti stradali. Il sacrificio del Chiassi e della guarnigione di Bezzecca era almeno servito a questo essenziale fine. Garibaldi poteva, probabilmente, contare su ingenti rinforzi tra Tiarno e dalla strada di Ampola.

Le perdite austriache ammontarono a 6 ufficiali e 19 uomini morti, 7 ufficiali e 75 uomini feriti; gli Italiani persero intorno ai 100 morti, 250 feriti e più di 1100 prigionieri tra i quali 2 ufficiali superiori e 17 inferiori. L’offensiva austriaca, tuttavia, aveva fallito in pieno l’obiettivo strategico di liberare la Val di Ledro. Gli scontri, anzi, avevano dimostrato la serietà della minaccia italiana e Garibaldi poteva ora consolidarsi in Val di Ledro e avviare nuove azioni offensive.

[modifica] La parallela avanzata nella Valle del Chiese

Nel frattempo la seconda colonna austriaca, quella del Kaim, scese la valle del Chiese pressappoco con il medesimo schema della precedente battaglia di Condino. Gli italiani vennero agganciati solo oltre il ponte di Cimego che, questa volta, i volontari non avevano occupato, mentre si erano saldamente insediati lungo la sponda sinistra del Chiese. Cimego venne rioccupata, un contrattacco di 200 uomini respinto da una carica di nove ulani del tenente Torresani. Ma l’avanzata venne sospesa di fronte alle rinforzate linee garibaldine. Nel frattempo la colonna dell’Höffern risalì di nuovo il monte alle spalle di Cimego, raggiunse di nuovo la Val Giulis ed occupò Castel Condino. Ma le antistanti terrazze di Brione erano fortemente presidiate, anche con artiglieria che effettuava un efficace bombardamento e l’avanzata venne interrotta e la truppa ripiegò su Roncone.

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