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Morbo di Parkinson - Wikipedia

Morbo di Parkinson

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici - Leggi il disclaimer

Il morbo di Parkinson (IPD nelle abbreviazioni - Idiopathic Parkinson's Disease) è una patologia dovuta alla degenerazione cronica e progressiva che interessa soprattutto alcune strutture del sistema extrapiramidale, cioè un'area ridotta del sistema nervoso centrale, detta sostanza nera o substantia nigra, in cui viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti corporei. Nell'organismo si crea perciò uno squilibrio fra i meccanismi inibitori e quelli eccitatori, a favore di questi ultimi. L'innervazione eccitatoria (colinergica) prevale su quella inibitoria provocando progressivamente tremore a riposo, ipertonia con rigidità, incapacità al movimento senza riduzione della forza muscolare (acinesia), instabilità posturale, disturbi della parola e della scrittura, turbe vegetative e spesso sintomi ansioso-depressivi. Sebbene il deterioramento intellettivo non rappresenti un elemento tipico del quadro clinico delle fasi precoci della malattia, la demenza appare come uno degli esiti più frequentemente riscontrabili nelle fasi tardive, nella misura di circa un terzo dei casi.

Si osserva stretto legame di proporzionalità tra la perdita di cellule dopaminergiche e la sintomatologia clinica, anche se esiste una fase di malattia preclinica, in cui la perdita neuronale non è ancora tale da determinare, in condizioni basali, sintomi. Quando il numero di neuroni dopaminergici scende al 20-30% dei livelli normali si ha esordio clinico. Ma le alterazioni alla base della malattia di Parkinson sono molto più vaste. I neuroni ricevono, oltre ad una innervazione dopaminergica, anche una stimolazione colinergica che nella malattia sembra essere aumentata. Lo squilibrio tra sistemi neurotrasmettitoriali sembra dunque essere alla base della malattia, anche se il ruolo della dopamina è chiaramente centrale.

Detta anche paralisi agitante, fu descritta per la prima volta nel 1817 dal medico inglese James Parkinson (1755-1824) nel suo trattato An Essay on the Shaking Palsy. L'alterazione biochimica che ne causa i sintomi è stata identificata negli anni '60. Il morbo di Parkinson è la più comune malattia del sistema extrapiramidale.

Indice

[modifica] Fattori di rischio

Questa patologia colpisce generalmente soggetti oltre i cinquant'anni, con una leggera prevalenza per il sesso maschile; attualmente in Italia ci sono più di 200.000 malati di Parkinson, con circa 1.200 nuovi casi l'anno. È diffusa in tutto il mondo ma ha minore incidenza in Cina e Africa. Le cause del blocco nella produzione della dopamina sono ancora sconosciute; il Parkinson può comparire dopo traumi alla testa, esposizione a sostanze tossiche nell'ambiente, arteriosclerosi cerebrale. In ogni caso è un disturbo caratterizzato dalla degenerazione e dalla morte dei neuroni produttori di dopamina; quando questi neuroni scendono sotto il 30% compaiono i primi sintomi tipici della malattia.

Clinicamente può essere confuso con i molti parkinsonismi, rispetto ai quali però manca di una causa identificabile. I motivi per cui si verifica un improvviso blocco nella produzione di dopamina, da parte delle cellule dei gangli posti alla base del cervello, sono ancora sconosciuti, anche se sono state avanzate varie ipotesi tra le quali prevalgono quella genetica e quella tossica. Il fatto che il morbo di Parkinson, pur presentando sintomi piuttosto specifici, sia stato descritto per la prima volta solo nel 1800 costituisce un indizio a favore dell'ipotesi tossica, che fa risalire la causa ad una sostanza chimica prodotta dall'inquinamento ambientale, ipotesi mai confermata ma tuttora presa in considerazione dalla ricerca. L'ipotesi tossica è stata ulteriormente avvalorata dalla scoperta di una particolare tossina (MPTP), che è causa di una patologia irreversibile simile al Parkinson. Questa scoperta ha aperto la via alla ricerca di cause tossiche per spiegare la genesi della malattia (il rischio sembra più elevato in ambiente rurale, forse in relazione all'uso di pesticidi). Il suo ruolo emerse alla fine degli anni '70, quando fu riscontrato che numerosi pazienti in gioventù avevano fatto uso di sostanze stupefacenti contenenti MPTP. A livello epidemiologico circostanze interessanti riguardano il fatto che il Parkinson affligge solo i non fumatori, il che ha lasciato supporre che la nicotina possa assolvere a una funzione protettiva.

Quanto all'ipotesi ereditaria, essa non pare confermata da studi su gemelli identici: la diagnosi di Parkinson in uno dei due non aumenta la probabilità che l'altro fratello possa contrarre la malattia, quantomeno in forma conclamata. Studi più recenti, effettuati per mezzo della tomografia ad emissione di positroni, sembrano attribuire all'ipotesi genetica un'importanza maggiore. Certamente esiste una componente ereditaria nella predisposizione a sviluppare la malattia, ma solo il 10% circa dei malati ha un familiare affetto. La componente genetica sembra essere più importante nei casi ad esordio precoce.

I pugili professionisti, a seguito dei violenti colpi al capo cui sono soggetti, possono sviluppare una sindrome di Parkinson di carattere progressivo (il caso di Cassius Clay ne è triste dimostrazione). Da non trascurare, infine, l'ipotesi legata all'età. La malattia presenta un picco di insorgenza attorno ai sessant'anni, e nell'adulto sano la perdita di cellule e pigmento nella sostanza nera è maggiore proprio intorno al sessantesimo anno d'età. Viene meno così la protezione delle cellule contenenti dopamina e il cervello delle persone anziane è, inevitabilmente, più predisposto al Parkinson.

Altra ipotesi attribuisce un ruolo patogenetico a prodotti del catabolismo endogeno, che producendo radicali liberi, danneggerebbe le cellule della sostanza nera.

[modifica] Sintomatologia

Nella maggior parte dei casi il sintomo d'esordio è il tremore, ma in una percentuale non indifferente l'esordio è caratterizzato da impaccio motorio, senso di rigidezza o disturbi molto poco specifici. In genere all'esordio la sintomatologia è unilaterale e può restare tale anche per anni. La triade cardine del morbo è costituita da: tremore, rigidità ed acinesia, con variabile gravità. L'acinesia è la complessiva riduzione della motilità volontaria ed involontaria, e di regola si associa a lentezza dei movimenti (bradicinesia). Il tremore è tipicamente "a riposo", con bassa frequenza, scompare durante i movimenti volontari e in genere peggiora nelle situazioni di stress emozionale mentre è assente durante il sonno. Nelle fasi iniziali è localizzato soprattutto ai settori distali degli arti (è descritto spesso come "contare monete", meno frequente agli arti inferiori, può essere presente al volto (in particolare alla mandibola). La rigidità è un segno caratteristico e costante e a volte costituisce per lungo tempo il solo segno di malattia. Si apprezza aumentata resistenza al movimento passivo, con caratteristiche di "plasticità". Colpisce tutti i distretti muscolari, anche se in genere esordisce ai muscoli assiali e col passare del tempo diventa prevalente ai muscoli flessori ed adduttori determinando il caratteristico atteggiamento "camptocormico", con capo flesso sul tronco, avambracci semiflessi ed intraruotati, cosce addotte e in leggera flessione sul tronco. Per eseguire movimenti il paziente necessità di molta concentrazione e tipicamente la gestualità e la mimica sono molto scarse. La mimica facciale è scarsa, l'espressione impassibile. La deambulazione è tipicamente a piccoli passi, strisciati, con avvio molto problematico e spesso si apprezza il fenomeno della "festinazione", cioè progressiva accelerazione della camminata sino a cadere. Il linguaggio diviene monotono, poco espressivo. Nella fase avanzata di malattia la disartria sfocia spesso nella anartria. Anche la scrittura in un certo senso evolve nello stesso modo (micrografia parkinsoniana) con grafia che tende a rimpicciolirsi. Oltre alla triade di base molti altri sintomi si possono associare a completare un quadro molto variabile da paziente a paziente.

  • alterazioni posturali (correlate alla rigidità ma comprendenti anche perdita del controllo posturale con frequenti cadute)
  • disturbi soggettivi delle sensibilità
  • ridotta velocità dei movimenti oculari
  • scialorrea, cioè eccessiva salivazione
  • disfunzioni vegetative
  • disturbi del sonno
  • turbe dell'affettività sono molto frequenti nei pazienti con malattia di Parkinson.
  • Una alterazione delle capacità cognitive è presente invece in circa un quinto dei pazienti, con caratteristiche che differenziano la demenza dei parkinsoniani che sembra legata ad un maggiore interessamento dei lobi frontali (compromissione visiva spaziale, alterazioni della fluenza verbale, etc).

[modifica] Diagnosi

La diagnosi di morbo di Parkinson si basa essenzialmente sull'esame clinico, e a questo scopo è stata proposta una classificazione che divide la diagnosi in Possibile, Probabile e Certa, in modo simile a quello che accade in altre patologie neurologiche, come la paralisi sopranucleare progressiva. Questa classificazione mette in evidenza il fatto che la diagnosi di morbo di Parkinson in vivo sia solo presuntiva, e che la certezza la si riserva all'esame neuropatologico. La somiglianza clinica della malattia con altre forme di Parkinsonismo rende anche ragione del fatto che vi sia una percentuale di errore diagnostico del 20-25%. D'altra parte diverse caratteristiche della malattia di Parkinson all'esordio sono presenti anche in altre condizioni: le condizioni con le quali deve andare in diagnosi differenziale sono essenzialmente queste:

  • Degenerazione senile della SN: con la vecchiaia si ha una perdita parafisiologica dei neuroni della SN, probabilmente dovuta ad insulti ossidativi nel corso della vita;
  • Tremore essenziale: il tremore essenziale è caratterizzato da un tremore che non si inibisce con il movimento volontario e quindi interferisce tipicamente con azioni con ad esempio, il bere da una tazzina: esso tende ad essere bilaterale, ma è frequentemente monolaterale, è a frequenza maggiore che nel Parkinson, è inibito dall'alcol, e ha una componente famigliare;
  • Atrofia Multisistemica l' Atrofia multi sistemica è una rara patologia caratterizzata, nelle sue diverse forme cliniche da sintomi di tipo Parkinsoniano, cerebellare e disautonomico; nella sua espressione Parkinsoniana rende la diagnosi differenziale molto ardua;
  • Paralisi sopranucleare progressiva: la Paralisi sopranucleare progressiva è una rara patologia che esordisce con paralisi sopranucleare dello sguardo verticale, instabilità posturale e ipertono assiale che rende ragione delle frequenti cadute all'indietro. In mancanza di una eclatante sintomatologia sopranucleare, uno dei metodi di disgnosi differenziale consiste nella somministrazione ex juvantibus di L-DOPA, in quanto i pazienti con PSP non ne sono responsivi.
  • Degenerazione cortico basale: la diagnosi con il Parkinson risulta molto ardua, specie quando la demenza non è molto pronunciata e vi è tremore.
  • Parkinsonismo vascolare: il Parkinsonismo vascolare è causato da infarti multipli a carico della sostanza bianca e dei nuclei della base, che si presenta con difficoltà motorie, demenza, sintomi pseudobulbari, disautonomia e segni piramidali, e non risponde alla L-DOPA.
  • Idrocefalo normoteso
  • Parkinsonismo da farmaci: i farmaci che possono provocare parkinsonismo sono i farmaci facenti parte della classe dei neurolettici.

[modifica] Diagnosi strumentale

La PET con 18F mostra la riduzione dell'attività dopaminergica a livello dei gangli della base.
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La PET con 18F mostra la riduzione dell'attività dopaminergica a livello dei gangli della base.

La diagnosi strumentale si avvale soprattutto di metodi di studio radiologico e nucleare della malattia: al primo gruppo possiamo mettere la risonanza magnetica, metodica che al momento si avvale anche di nuove tecniche come la risonanza magnetica in spettroscopia e la risonanza magnetica funzionale, e la sonografia transcranica; nuova metodica che permette di studiare in modo non invasivo e a basso costo il parenchima dei nuclei della base e del mesencefalo, con l'ausilio della finestra temporale; in recenti studi questa metodica ha avuto una sensibilità diagnostica > 90%. La medicina nucleare permette uno studio accurato della patologia dal punto di vista anatomico e funzionale: essa sfrutta l'uso di traccianti radioattivi iniettati nell'organismo, i quali vanno a depositarsi nei distretti corporei oggetto di studio, evidenziandone il metabolismo, e quindi in maniera diretta o indiretta, caratteristiche come la vitalità o l'attività. Essendo la malattia di Parkinson una patologia a carico del sistema dopaminergico, i traccianti sono diretti verso:

  • il trasportatore della dopamina
  • il trasportatore vescicolare delle monoamine di tipo 2
  • l'enzima DOPA decarbossilasi

Un altro meccanismo di studio dei nuclei della base è quello metabolico: alcuni traccianti hanno la proprietà di studiare la captazione regionale di glucosio, e di evidenziare quindi zone vitali o attive, o zone dove c'è sofferenza metabolica, per perdita anatomica o funzionale delle cellule.

[modifica] Decorso

È variabile ma nella maggior parte dei casi si ha una lenta ed inarrestabile progressione. In base alla prevalenza di alcuni sintomi e segni piuttosto che altri si possono distinguere due forme di evoluzione:

  • forma ipercinetica dominata dal tremore, con età di esordio più precoce, evoluzione meno invalidante e più lenta
  • forma acinetico-ipertonica dominata da rigidità ed acinesia, più rapidamente invalidante.

Oggi la terapia con levodopa ha reso la durata della vita dei pazienti solo poco inferiore a quella della popolazione sana. Ma la terapia ha molti limiti e uno dei problemi è costituito dalla cosiddetta "sindrome da trattamento con levodopa", cioè l'insieme di complicazioni e fenomeni clinici che insorgono nel paziente dopo alcuni anni di terapia:

  • fenomeno del wearing-off (effetto di fine dose): (molto comune) con il passare del tempo la durata dell'effetto terapeutico della dose si riduce.
  • fluttuazioni on/off: alternanza a breve distanza di periodi di conservata motilità con momenti di marcata acinesia, tremore scarsamente responsivo alla levodopa, senza una vera correlazione con la somministrazione del farmaco; nella fase "on" si hanno movimenti involontari.
  • turbe neuropsichiatriche: disturbi del sonno, allucinazioni notturne, soprattutto nei soggetti di età avanzata; si può arrivare a franchi stati psicotici o di confusione mentale.

Una classificazione dello staging (trad. stadiazione) della malattia di Parkinson nel tempo è fornita dalla tabella di Hoehn e Yahr, la quale suddivide la progressione della sintomatologia clinica in 5 stadi, di cui il primo è quello più lieve e il quinto è quello più invalidante; è una classificazione non precisissima, ma che ben si correla con la pratica clinica Hoehn and Yahr on the web.

[modifica] Terapia

[modifica] Strategie terapeutiche

La terapia della malattia di Parkinson è principalmente di tipo medico. La terapia tradizionale mira a risolvere la sintomatologia di tipo motorio (tremori, rigidità, acinesia), e permette una remissione dei sintomi specialmente a breve termine, laddove nel tempo essa non permette un controllo soddisfacente a causa di effetti collaterali importanti e di “wearing off” come nel caso della L-DOPA. Alla luce delle ultime scoperte scientifiche, però, i ricercatori e i clinici si sono accorti che questa malattia può essere corretta tanto meglio quanto più precocemente si riesce a ottenere prima la diagnosi, ma soprattutto a iniziare la terapia; partendo dal presupposto che la IPD è una malattia neurodegenerativa progressiva il cui esordio clinico avviene in una fase neuropatologicamente avanzata di malattia, e per questo quasi irreversibile, le nuove tendenze della diagnosi e della terapia si sono rivolte alla ricerca di farmaci neuroprotettori che preservino le cellule della SN dagli insulti principalmente ossidativi a cui sono sottoposte (1).

[modifica] Terapia sintomatologica

Nonostante tutte le critiche e tutti i farmaci sperimentati per questa malattia, la levodopa resta il farmaco principale e più utilizzato. Essa va somministrata in associazione con un farmaco inibitore della decarbossilasi in modo da evitare gli effetti collaterali a livello sistemico. Si associa la levodopa/carbidopa (Sinemet), e la levodopa/benserazide (Madopar). Non vi è alcun elemento che possa impedire l’utilizzo della levodopa nella terapia della IPD, e anzi, la levodopa è il farmaco più efficace e quello che permette la maggiore riduzione dei mortalità legata alla malattia. La levodopa deve essere presa indefinitamente.

Dopo un certo numero di anni, però (in media 5), compaiono una serie di complicazioni e di effetti collaterali denominati con il termine di “long term levodopa syndrome”. Questa sindrome è caratterizzata da: “wearing off”, ossia la riduzione del tempo di efficacia del farmaco, che in certi casi deve essere assunto ogni ora, con notevole peggioramento dei sintomi prima della dose successiva; “fasi on-off”, caratterizzati da alternanza anche molto ampia di risposta alla terapia, con periodi di remissione (fasi on) associati a periodi di refrattarietà alla terapia (fasi off); turbe neuropsichiatriche, caratterizzate da disturbi del sonno e allucinazioni. Per questo motivo si è cercato di trovare dei farmaci che possano sostituire o essere associati a questo farmaco, in modo da ritardare l’insorgenza di queste manifestazioni collaterali. Gli agonisti dopaminergici stimolano, con diversa specificità rispetto ai diversi tipi, i recettori per la dopamina. Si dividono in ergolinici (bromocriptina, pergolide, lisuride, cabergolina), e non ergolinici (pramipexolo, apomorfina). Il vantaggio rispetto alla levodopa consiste nella minor frequenza di effetti collaterali e di oscillazione nella risposta. Il razionale nel loro utilizzo in pazienti giovani, o che presentano sintomi poco pronunciati consiste nel posticipare in questi soggetti quanto più possibile il ricorso alla levodopa. I dopaminoagonisti possono presentare effetti collaterali importanti come ipotensione ortostatica e nausea. Il razionale dell’utilizzo dei farmaci anticolinergici risiede nella riduzione dell’attività colinergica che di riflesso è aumentata in questi pazienti, causando tremore e rigidità; i farmaci più utilizzati sono triesfenidile, biperidene, orfenadrina. Il loro utilizzo è al momento molto diminuito rispetto al passato, per due motivi principali: la frequenza di effetti collaterali di tipo neurovegetativo, e la possibile interferenza farmacologica con la levodopa.

L’amantadina (Mantadan) ha una leggera azione sia anticolinergica che dopaminergica, e viene utilizzata specialmente in politerapia per ridurre il tremore e la bradicinesia.

[modifica] Terapia neuroprotettiva

La neuroprotezione è un tipo di trattamento che sempre di più sta prendendo piede nella concezione delle patologie del SNC e il suo razionale nella IPD risiede nella evidenza che questa malattia è successiva alla perdita di almeno il 70% dei neuroni della SN, e che le ultime scoperte a livello molecolare stanno aiutando nella comprensione dei meccanismi patogenetici, e nell’elaborazione di presidi terapeutici capaci di agire alla base del problema.

Il farmaco neuroprotettivo più conosciuto e utilizzato è la selegilina (Deprenyl). La selegilina è un inibitore irreversibile della MAO-B che ha un effetto antiossidante, neurotrofico e antiapoptotico (2). Essa nella pratica clinica permette di posticipare il ricorso alla levodopa con un buon controllo della sintomatologia.

Quello sulla neuroprotezione nella IPD è un capitolo ancora tutto da scrivere: diversi farmaci sono in fase di sperimentazione, e stanno ottenendo buoni risultati: tra questi un altro inibitore della MAO-B, la rasagilina, è un farmaco che ha ottenuto risultati sorprendenti in fase II di sperimentazione. Altre categorie di farmaci sulle quali la ricerca sta andando avanti sono: farmaci favorenti la funzione mitocondriale, antagonisti degli aminoacidi eccitatori, antibiotici, antinfiammatori, fattori neurotrofici.

[modifica] Terapia chirurgica

Anche in campo neurochirurgico la terapia si sta evolvendo verso forme sempre più efficaci: attualmente la tecnica più utilizzata è la chirurgia stereotassica: la chirurgia stereotassica permette di trattare punti in profondità nel parenchima cerebrale con precisione millimetrica, con l’aiuto di dispositivi radiologici. La scoperta che alcuni nuclei responsabili come il globo pallido e il nucleo subtalamico potevano essere un bersaglio aggredibile nella IPD, ha permesso di elaborare una tecnica, detta Deep Brain Stimulation (DBS), che permette una buona remissione clinica e una significativa riduzione della dipendenza da levodopa (3).

Le persone candidate a questo tipo di intervento sono persone anziane in stadio già avanzato di malattia, che presentano effetti collaterali da uso di levodopa già abbastanza importanti.

[modifica] Terapia con cellule staminali

La scoperta che cellule staminali embrionali stimolate in vitro con il prodotto del gene Nurr1 si differenziavano in cellule dopaminergiche, e che queste, se introdotte per via stereotassica nel cervello di ratti affetti da malattia di Parkinson ne rallentavano la progressione fino all’arresto, ha aperto orizzonti rivoluzionari nel trattamento di questa malattia. Questa tecnica, peraltro, al momento è soltanto sperimentale e problemi di tipo etico e pratico ne limitano l’utilizzo.

[modifica] Altri presidi terapeutici

In numerosi trial clinici è stata sperimentata la dieta chetogena, un tipo di dieta basata sull'uso di grassi/carboidrati: proteine in rapporto di 2:1 o 5:1. Questa terapia deve essere attentamente monitorata nel tempo dal personale medico. A lungo termine, questa terapia dimezzerebbe la frequenza di episodi ictali nel 40-50% dei casi. Altri mezzi per rallentare la progressione della malattia consistono nella terapia dietetica (utilizzo di alimenti ricchi in antiossidanti – Vitamina C,E), esercizio fisico, psicoterapia.

La stimolazione del nervo vago (VNS - Vagus Nerve Stimulation), rappresenta un'ultima alternativa per quei pazienti farmacoresistenti, che non abbiano tratto giovamento da altri presidi terapeutici o su cui è controindicato l'intervento chirurgico. Esso consiste nell'impianto di una protesi elettronica toracica sottocutanea dotata di batteria a lunga durata e di speciali elettrodi attaccati al nervo vago di sinistra. Attraverso un'adeguata stimolazione, questa stimola le afferenze al nucleo motore dorsale del vago il quale presenta dei fasci di fibre che vanno fino all'amigdala e alle regioni ipotalamiche. il risultato diretto consisterebbe in un innalzamento della soglia epilettogena. I risultati sono incoraggianti: un terzo dei pazienti resistenti alle altre terapie riferiscono una riduzione delle crisi del 50%, un altro terzo tra il 30 e il 50% mentre un ultimo gruppo di pazienti non riferisce miglioramenti.

[modifica] Glossario

Acetilcolina
Estere acetico della colina, che nell’organismo interviene quale neurotrasmettitore nella trasmissione degli impulsi nervosi periferici del sistema nervoso vegetativo.

Colina
Composto organico, amminoalcol, largamente diffuso in natura sia allo stato libero sia come componente delle lecitine, che svolge un’importante funzione per impedire l’accumulo dei grassi nel fegato; è precursore dell’acetilcolina.

Dopamina
La dopamina è un prodotto chimico naturalmente sintetizzato dal corpo umano. All'interno del cervello la dopamina funzione da neurotrasmettitore, tramite l'attivazione dei recettori. La dopamina è anche un neuro ormone rilasciato dall'ipotalamo. La sua principale funzione come ormone è quella di inibire il rilascio di prolattina. La dopamina può essere utilizzata come droga che agisce sul sistema nervoso simpatico causando accelerazione del battito cardiaco e innalzamento della pressione sanguigna.

Sistema extrapiramidale
Insieme di vie e di centri nervosi che agiscono direttamente o indirettamente sulla corretta azione motoria, controllando le reazioni istintive orientate e adattandole al movimento volontario, coordinato dal sistema piramidale. Le connessioni del sistema extrapiramidale sono molto complesse: gli impulsi periferici, giunti al talamo, sono smistati al corpo striato, vero complesso organizzatore degli impulsi, trasmessi poi alle formazioni extrapiramidali sottostanti. Grazie ai rapporti con la corteccia, queste strutture possono regolare la motilità piramidale, di origine corticale. Il sistema extrapiramidale è quindi un sistema a più sinapsi, che influenza in ultima istanza i motoneuroni spinali, regolando il tono muscolare e la motilità. La sua azione si esplica così nei movimenti espressivi, in quelli associati (come il pendolamento degli arti superiori durante la marcia), nella scrittura, nella masticazione, nella fonazione, nella deglutizione, nella stazione eretta e in tutti gli altri atteggiamenti del corpo. La rottura dell'equilibrio fra i vari circuiti è alla base dei disordini motori extrapiramidali.

[modifica] Progetti di calcolo distribuito

I progetti che si propongono di sconfiggere il Morbo di Parkinson sfruttando la potenza di calcolo dei pc dei volontari sono i seguenti:

[modifica] Bibliografia

  1. Moore DJ, West AB, Dawson VL, Dawson TM. Molecular pathophysiology of Parkinson's disease. Annu Rev Neurosci 2005; 28:57- 87.
  2. Ebadi M, Sharma S, Shevali S, El Rfaey H. neuroprotective actions of selegiline. J Neurosci Res 2002; 67: 285-289.
  3. Limousin P, Krack P, Pollack P, Benazzous A, et al: Electrical stimulation of the subthalamic nucleus in advanced Parkinson disease. N Eng J Med 339- 1105-1111, 1998
  4. Langston JW The promise of stem cells in Parkinson disease J Clin Invest 115 23-25 (2005)
  5. Fazio C, Loeb C, Favale E: Neurologia. Società Editrice Universo (2003)

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