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Lomazzo - Wikipedia

Lomazzo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Nota disambigua - Se stai cercando informazioni sul nome proprio Giovan Paolo Lomazzo o Giovanni Paolo Lomazzo, vedi Giovanni Paolo Lomazzo.


Stub Comuni
Questa voce fa parte dei comuni della regione Lombardia ancora da sviluppare ed andrebbe ampliata seguendo il progetto Comuni.


Wikipedia:WikiProject/Progetto geografia/Antropica/Comuni Lomazzo
Portale:Portali Visita il [[Portale:{{{portale}}}|Portale {{{portale}}}]]
Stato: Italia
Regione: Lombardia
Provincia: Como
Coordinate:
Latitudine: 45° 42′ 0′′ N
Longitudine: 9° 2′ 0′′ E
Mappa
Altitudine: 296 m s.l.m.
Superficie: 9 km²
Abitanti:
8.291 31-12-04
Densità: 884 ab./km²
Frazioni: Manera 
Comuni contigui: Bregnano, Cadorago, Cirimido, Guanzate, Rovellasca, Rovello Porro, Turate
CAP: 22074
Pref. tel: 02
Codice ISTAT: 013133
Codice catasto:  
Nome abitanti: lomazzesi 
Santo patrono: San Siro 
Giorno festivo: 9 dicembre 
Comune
Posizione del comune nell'Italia
Sito istituzionale

Lomazzo (Lomazz, pr.: Lumazz, in insubre) è un comune di 7.956 abitanti della provincia di Como.

[modifica] Amministrazione comunale

Sindaco: Maurizio Saporiti dal 14/06/2004
Centralino del comune: 02 9694121
Email del comune: info@comune.lomazzo.co.it


[modifica] Evoluzione demografica

Abitanti censiti



[modifica] Storia della città

Una caratteristica unica

La città di Lomazzo conserva, nella sua storia, una caratteristica che la rende unica: in Italia e in tutta la cristianità. Il centro storico del paese - pur essendo un unico agglomerato urbano - ruota attorno a due chiese parrocchiali, poste a breve distanza fra loro; le due parrocchie da sempre sono a appartenute a due differenti diocesi. San Siro ("de sott") apparteva alla Diocesi di Como; San Vito ("de sura") apparteva alla diocesi di Milano. In una si praticava il rito romano, nell'altra il rito ambrosiano. Fino a una trentina d'anni or sono, il paese era diviso in due sulla via centrale da un confine che lo tagliava verticalmente da nord a sud. In passato i confini religiosi erano anche confini politici, e viceversa: un tempo anche l'amministrazione comunale era divisa, così che l'unico paese di Lomazzo era governato separatamente da due Comuni: Lomazzo Comasco e Lomazzo Milanese. Il confine che passava sulla via centrale del paese divideva due parrocchie, due comuni, due pievi, due “province”, due diocesi, e addirittura a due differenti giurisdizioni metropolitiche (quelle dell’Arcivescovo di Milano e del Patriarca di Aquileia, per Como). Nel medioevo Como e Milano erano città libere, equiparabili a stati sovrani, e il loro confine passava proprio per il centro di questo paese. Addirittura, per tutto al Cinquecento era istallata la dogana e i nobili Carcano ne traevano profitto grazie ai pedaggi doganali delle merci (con rendita annua di «lire 50 imperiali per la dogana con il traverso di Lomazzo»), per diritto feudale concesso dall’Imperatore di Spagna.


1. Antichi misteri

La storia cristiana di Lomazzo ha origine in una chiesa oggi non più esistente: S. Lorenzo. L'antica chiesa sorgeva esattamente sul punto più alto di Lomazzo, quasi alla soglia dei 300 m s.l.m. Il nucleo originario del paese può probabilmente essere individuato sull'alto pianoro intorno all'odierna via Giovan Paolo Lomazzo. Un quadrilatero posto ad un’altitudine costante (compresa fra 291 e 296 m), tagliato da una via centrale, con una sola apertura, ben difendibile. Da esso si diparte una lunghissima strada rettilinea di epoca romana che conduce sino al centro di Saronno. I lati di questo quadrilatero, se stimati per eccesso, coincidono con le attuali via Unione, via Giuseppe Mazzini, via del Rampanone e via don Antonio Stoppani. Altre teorie guardano a Via Pace (Oggigiorno il centro pulsante della vita commerciale) come luogo dell'insediamento originario. Tuttavia, il suo andamento pendente, la esclude dal poter essere il nucleo fondante del paese: essa infatti termina in uno dei punti più bassi di Lomazzo (piazza IV Novembre) ed è attorniata da modeste alture (odierne via Trento e via Arconati), utili al nemico in caso di incursione. Non c'era dunque motivo per fondare il proprio insediamento su un terreno in discesa quando il territorio offriva poco distanti luoghi più strategici e più salubri, e la logica difensiva dei popoli antichi mai poteva prescindere da queste semplici osservazioni. Nei secoli remoti del periodo gallico e romano, l’altura successivamente votata a S. Lorenzo ospitava con ogni probabilità l'altare sacrificale (ara) dove venivano compiuti i riti alle divinità venerate nella regione. I primi missionari, trasmettendo la fede di Cristo, ovunque fecero erigere l'altare cristiano sopra il precedente, in modo da interrompere i barbari rituali ivi praticati.


2. La nascita delle due comunità lomazzesi

La bipartizione del paese ha radici antichissime, anteriori all'anno 1000: epoche delle quali non rimangono testimonianze scritte a livello locale. Anticamente doveva esistere un’unica comunità (stanziata sull'altipiano vicino a S. Lorenzo), a cui andò ad aggiungersi una seconda comunità (stanziata sul secondo rilievo lomazzese, al culmine di via Arconati). La ragione di un nuovo insediamento e non di un semplice ampliamento del nucleo preesistente è dovuta all'insediamento di massa di un nuovo popolo, appartenente a una diersa etnia. Lo sgretolamento dell' Impero romano attirò in Europa ondate di popoli provenienti dall'Europa orientale e settentrionale, che spesso si limitavano alle scorrerie a scopo di bottino, ma talvolta erano animati da intenti stanziali, come i Longobardi. I conquistatori longobardi che abbandonavano la carriera militare, ritenevano per il proprio clan (la "famiglia allargata") una rilevante estensione territoriale. Era una caratteristica propria dei Longobardi quella di evitare di mischiarsi con la popolazione locale. Erano soliti stabilirsi ai margini dei preesistenti centri romani. I longobardi, già convertiti al cristianesimo durante la loro permanenza nell'Europa orientale, seguivano la dottrina ariana. Ebbene, se la comunità longobarda insediata sul territorio fosse sufficientemente numerosa, giustamente avrebbe desiderato erigere un proprio edificio di culto. Quando la regina Teodolinda condusse i Longobardi al cattolicesimo, erano trascorsi centocinquant’anni dalla presa di possesso dei territori. Dopo tanto tempo le due comunità di Lomazzo si erano certamente dotate ciascuna di una chiesa e mantennero la loro separazione, nonostante i matrimoni abbiano nel tempo mescolato perfettamente le due differenti etnie, come d'altronde avvenuto in tutta la regione. L’appartenenza alla Pieve di Appiano della così formatasi parrocchia di San Vito si spiega nell’avvenuta conversione al cattolicesimo ad opera di religiosi inviati da quella pieve. Degna di nota la consuetudine, attestata presso la parrocchia di S. Vito ancora al Cinquecento, di festeggiare con particolare riguardo la festa di S. Giorgio, uno dei cardini della tradizione di fede longobarda. Un'ulteriore tesi utile a spiegare l'appartenenza alla Pieve di Appiano della seconda comunità lomazzese deriva dall'analisi delle linee di centuriazione romana (il sistema di suddivisione dei latifondi agricoli in piccoli poderi, secondo lunghissimi solchi perpendicolari tracciati nel terreno). Presso Lomazzo l’andamento delle linee centuriali presenta una discontinuità: a nord-est del paese, l’andamento differisce da quello riscontrato a sud-ovest. A Lomazzo si incontravano la centuriazione milanese di pianura (con lo stesso orientamento in tutto il Saronnese) e quella comasca collinare (con lo stesso orientamento a partire da Camerlata, presso Como). In questo modo scopriamo l’antico confine romano tra il Municipium di Novocomum e il Municipium di Mediolanum, che interessava con precisione impressionante il luogo dove oggi sorge il centro di Lomazzo. Ad avvalorare questa tesi concorre persino il nome "Lomazzo", tuttora di origine ignota, ma che forse, nella versione originale, in latino tardo, suonava simile a "limitaccio" ("Limacio" nel IX secolo), dunque una forma peggiorativa di "limes", confine.


3. Lomazzo, terra di confini, di conflitti, di trattative e di grandi pacificazioni

Dal 1118 era in corso, fra le due città di Como e Milano, la “Guerra Decennale”, scoppiata per regolare gli interessi espansionistici di Como e Milano (liberi Comuni) verso il territorio circostante. A differenza dei paesi vicini, largamente devastati, il paese di Lomazzo non venne mai toccato né dalle forze milanesi né da quelle comasche, segno inequivocabile di neutralità e di equilibrio già in atto. Milano, vittoriosa annesse numerose le pievi comasche ma la protesta del vescovo di Como riuscì nel 1170 ad ottenere un arbitrato che stabilisse l'equa giurisdizione dei capoluoghi. Tale arbitrato costituisce il primo documento scritto che conferma l'atavica suddivisione di Lomazzo in una porzione comasca e in una porzione milanese: una Berlino ante litteram calata nel pieno di una temibile guerra fredda medioevale. Trascorsero due generazioni, ma i dissidi non si placarono. Le sorti del conflitto arrisero nuovamente a Milano e la pace poté essere sottoscritta nel 1249, nel luogo che naturalmente rappresentava l'incontro-scontro tra i due capoluoghi: il 19 luglio 1249 convennero a Lomazzo i rappresentanti milanesi e comaschi per stringere la prima "Pace di Lomazzo" che rinnovava gli antichi patti successivi alla Guerra Decennale.


4. Il capitolo glorioso della storia di Lomazzo

Sfogliando le pagine di storia locale, riemergono episodi davvero interessanti, che onorano largamente il popolo lomazzese. I Lomazzesi di un tempo dimostravano di possedere un orgoglio fuori dal comune e, per difendere il loro pensiero, i loro ideali, la loro origine e appartenenza, non si arrendevano di fronte al pericolo. Persino quando era in gioco la loro stessa vita. Bisogna tornare al Basso Medioevo, nel pieno del contenzioso tra "guelfi" (fedeli al papa) e "ghibellini" (fedeli all'Imperatore), alla fine del XIII secolo. La fazione guelfa di Como aveva affidato il governo della città al vescovo Giovanni degli Avvocati (o Avvogadri; Ep dal 1275 al 1293). Quando questi, in segno di riconciliazione, richiamò in città i ghibellini, questi ne approfittarono per impadronirsi del potere. I Rusca subito cercarono un pretesto per eliminare dalla scena politica il vescovo, che godeva di troppo prestigio per permettere loro di spadroneggiare liberamente. Quando i Rusca vollero rompere l'alleanza di Como con l'arcivescovo di Milano (Ottone Visconti), Giovanni de' Avvocati oppose rifiuto: con questo infondato pretesto fu accusato di tradire la città. I Rusca appiccarono le fiamme al palazzo vescovile e compirono profanazioni, ma il vescovo riuscì a fuggire in territorio milanese. Il vescovo Giovanni de' Avvocati non era però una persona arrendevole; la sua battaglia per ristabilire i diritti, suoi e della Chiesa, non la combatté con le armi degli uomini, ma scelse, com'era suo giusto dovere, le armi di Dio. Affinché i suoi decreti avessero validità, dovevano tuttavia essere promulgati sul territorio di sua competenza. Un rischio altissimo: rimettendo piede in territorio comasco avrebbe subito le ritorsioni personali dalle quali era riuscito a scampare durante l'incendio del palazzo vescovile. Il rischio doveva essere corso e il vescovo trovò l'accoglienza della comunità lomazzese di S. Siro. Il 25 aprile 1282 nella chiesa di S. Siro compì il rito di scomunica contro i Rusca, Signori di Como, colpevoli del gesto tanto infame contro la Chiesa di Como e contro la vita del suo Pastore. La scomunica era un provvedimento gravissimo, la maggiore pena spirituale. Talmente drastico che spesso era sufficiente la sola minaccia di scomunica per riportare alla ragione gli sciagurati; una pena adottata anche in passato con parsimonia (spesso riservata al papa): il compimento del rito nella nostra chiesa ha dell'eccezionale. Il sostegno dei Lomazzesi, fu davvero temerario. "Presente ibi etiam fidelium in moltitudine copiosa", si dice nel documento di scomunica. In tempi in cui la popolazione era di poche centinaia di anime, fu addirittura una moltitudine di folla a radunarsi per Monsignor Giovanni degli Avvocati. La fedeltà al Vescovo, la scelta di mons. Avvocati di recarsi proprio a Lomazzo, l'accoglienza così coraggiosamente offertagli, onorano il popolo lomazzese. Tutto questo avrebbe potuto costare molto caro. Appena vent'anni dopo (1303), il paese infatti subì una vasta distruzione dolosa per punire un'azione assai meno temeraria! Loterio Rusca, Signore di Como, radunati i fedelissimi, armò immediatamente il suo esercito e subito dichiarò ostilità alla Milano di Ottone Visconti che proteggeva il vescovo Giovanni de' Avvocati. La guerra si protrasse fino al 26 febbraio 1286, quando fu "gridata tregua" per venti giorni: il lavoro delle due diplomazie ne fece maturare le aspettative, dando vita alla pace definitiva.


5. La Pace di Lomazzo

Nuovamente il nostro paese fu al centro delle attenzioni "internazionali" e Lomazzo visse un altro dei momenti più gloriosi della sua storia. Venerdì 30 marzo 1286 giunsero i parlamentari di Como e Milano che, fra la pomposa festanza di un popolo provato dagli eventi bellici, discussero e stipularono l'accordo definitivo fra le due città. Martedì 3 aprile giunsero a Lomazzo l'arcivescovo milanese Ottone Visconti e Loterio Rusca, Signore di Como e, insieme alle più alte personalità civiche, sedettero come testimoni i rappresentanti di tutte le altre città lombarde. Il giorno seguente, la folla entusiasta si radunò sulla via verso Rovello, in territorio rovellese, perché nessuna piazza del paese era in grado di accogliere la moltitudine. I capitoli della "Pace di Lomazzo" vennero solennemente letti fra l'orgoglio di tutti i Lomazzesi presenti, e forse, proprio a memoria di questo evento, sulla via per Rovello (l'attuale via Milano) i nostri progenitori edificarono il maestoso Arco della Pace, che oggi costituisce uno dei simboli più importanti del nostro paese. In occasione della Pace, a Lomazzo arrivarono signori, podestà, sindaci, arbitri, consiglieri, ambasciatori, rappresentanti di città, notai, cavalieri, prevosti, i Priori di tutti i conventi di frati..., con la presenza culminante dell'arcivescovo di Milano. Mancò solo una persona: Giovanni de' Avvocati. Eppure fu proprio lui, non presente a Lomazzo, né citato nella lapide commemorativa di Brolo S. Vito, ad essere uno dei veri protagonisti della Pace di Lomazzo. Se la pace ebbe luogo, infatti, fu perché il vescovo fece "finem perdonantiam remissionem communi et singolaribus personis Cumarum": fine, perdono, remissione al Comune e alle singole persone di Como e dei suoi alleati in merito a tutte le violenze, offese e ingiurie, e ritrasse le scomuniche e interdetti in cui erano incorsi.


6. Le tappe di un percorso in salita

Nei secoli seguenti le vicende lomazzesi si acquietarono e vennero meno i clamori portati dal XIII secolo.

Alla fine del Cinquecento, con 1200 abitanti Lomazzo S. Siro era per dimensione la quinta parrocchia della diocesi di Como; davanti ad essa S. Donnino in Como, S. Fedele in Como, Gravedona, Fino (1242 abitanti). Ricordando che il paese è formato anche da S. Vito, si conclude che Lomazzo a quei tempi era in assoluto il paese più grande e importante di tutta la zona. Di più di Fino, di Appiano, e probabilmente anche di Saronno. Davvero strano: il massimo splendore di Lomazzo rispetto ai centri vicini coincise proprio con i disastri economici della Lombardia spagnola e con l'epoca feudale del paese.

Il Settecento vide per la prima volta una proposta di unione delle parrocchie. Nel 1788 la Commissione Ecclesiastica della Lombardia austriaca, scriveva riguardo al caso di Lomazzo: "non pare conveniente che i territori siano soggetti a due diocesi". La proposta fu "di formare una sola parrocchia, mettendola sotto l'ispezione del Vescovo di Como". La curia milanese e comasca si dissero d'accordo, l'occasione era propizia (poco tempo prima era crollata una parte della chiesa di S. Vito, senza che potesse essere ricostruita per mancanza di fondi economici). Nel 1798 la proposta di traslocare la comunità milanese nella chiesa di S. Siro fu ripetuta, ma si risolse in una bolla di sapone, probabilmente per il dissenso della popolazione.

Fu invece attuata l'unione civile: il 13 novembre 1816 la "Regia Cancelleria" del Regno Lombardo-Veneto dispose l'unione dei "due Comuni di Lomazzo Comasco, e Milanese" "in una sola Amministrazione" (ancora una volta per "superiore volontà" e non per desiderio della popolazione).

Il primo passo concreto per la risoluzione della questione della divisione religiosa di Lomazzo fu operato dal Beato Andrea Carlo Ferrari, che fu dapprima vescovo di Como e successivamente arcivescovo di Milano. Mons. Ferrari doveva ancora intrattenere ottimi rapporti con la curia comense, e forse fu questo che permise l'accordo di ridefinizione del territorio, che costituiva la premessa per i passi successivi. Il villaggio operaio (viale Somaini) creato dall'imprenditore comasco Francesco Somaini per il suo grande cotonificio, nacque come pertinenza della parrocchia di S. Siro. Tra il villaggio e la chiesa comasca, c'era quella ambrosiana, così che vigeva una gran confusione tra chi frequentava quest'ultima, chi si recava a S. Siro e... chi non frequentava nessuna delle due. Poiché attorno al cotonificio ruotava la vita di 900 persone, si rese improrogabile la ricerca di una diversa soluzione. L'8 luglio 1915 la Sacra Congregazione Concistoriale (la sola a poter decretare variazioni nei confini delle diocesi) pose fine alla secolare supremazia della parrocchia di S. Siro, fino ad allora vasta 6-7 volte tanto la parrocchia di S. Vito (S. Siro formava un'enorme U rovesciata attorno a S. Vito). Si parlò di "scambio", ma è più giusto dire "smembramento", con "controparte simbolica". Il dimezzamento di una fece quadruplicare l'altra. Poco tempo dopo lo scambio, S. Siro perse i territori di Caslino al Piano e Manera, smembrati rispettivamente il 30 novembre 1916 e il 16 marzo 1920.

Lo "scambio" fu tuttavia condotto con una palese miopia: alla parrocchia comasca rimase un territorio edificabile angusto e a distanza di cento anni i problemi si sono capovolti: 2000 abitanti contava S. Siro a inizio secolo e meno di 2500 ne conta tuttora, mentre nel medesimo arco di tempo S. Vito è più che triplicata.


7. Un nodo finalmente sciolto

Nel 1962 il Cardinale Montini, in visita a Lomazzo S. Vito, prendeva coscienza che la "questione delle due parrocchie, con diverso rito, appartenenti a due diverse diocesi, nello stesso paese" era ancora ferma e si proponeva di rimetterla allo studio "per una soluzione più logica che non allo stato presente". Intraprese così accordi con il Vescovo di Como Felice Bonomini, che si fece garante della risoluzione. Milano avrebbe ceduto a Como la parrocchia di Lomazzo S. Vito e avrebbe ricevuto quella di Saltrio (VA), paese di confine con la Svizzera, religiosamente comasco, ma circondato per intero dalle diocesi di Milano e Lugano. Il 25 aprile 1974 il Cardinal Colombo annunciò ai fedeli della comunità di S. Vito che la parrocchia sarebbe passata alla diocesi di Como. Sei giorni dopo, il 1° maggio, il Vescovo di Como Ferraroni affidò la nuova parrocchia di Lomazzo S. Vito a don Elio Romanò, con il compito di introdurre con delicatezza e gradualità la tradizione comasca; a distanza di sei mesi, affidò la parrocchia di Lomazzo S. Siro a mons. Santino Grassi, con il compito di indurre la popolazione già comasca da sempre ad accogliere con accresciuta fraternità gli ultimi arrivati in diocesi: mons. Grassi aveva svolto sino ad un anno prima la mansione di Segretario particolare del Vescovo Felice Bonomini e ben conosceva il caso lomazzese. A don Santino è succeduto nel 1988 don Serafino Barberi.

Il passaggio di S. Vito si svolse senza inconvenienti, così il 12 marzo 1981 fu reso noto il decreto che ratificava la definitiva separazione di tale parrocchia dalla diocesi ambrosiana. Al presente, l'organizzazione religiosa di Lomazzo continua ad essere incentrata su due parrocchie. Questa doppia presenza è sinonimo di ricchezza e di vicinanza verso tutti i membri della comunità.

Forse, l'equilibrio che da secoli Lomazzo va cercando, già esiste senza che nessuno se ne accorga. Lomazzo può trarre grande vantaggio dalla sua ricchezza ecclesiale. Eppure spesso corre il rischio di svendere la tradizione senza percepire la gravità dell'impoverimento che ne consegue. Nella tradizione c'è la nostra identità, la nostra fede, la direzione di un cammino, c'è una raccolta di valori, un'infinita riflessione dell'uomo sul bene e sul male, sul bello e sul giusto: un patrimonio intangibile al tatto ma prezioso allo spirito. Lomazzo ha ricevuto nelle sue mani un tesoro: saprà consegnarlo integro alle generazioni future?

A cura di Alberto Monti


Principali attrattive artistiche e architettoniche:

L'Arco della Pace. Sulla strada che conduce da Saronno a Como, Lomazzo riceve i visitatori con la struttura imponente dell'Arco della Pace, che da tempi immemorabili sorge all'entrata della città, a ricordo della grande pace di Lomazzo. Questa costruzione dà testimonianza dell'importanza ottenuta da Lomazzo durante il passato ed è uno dei principali simboli del paese. L'arco attuale risale al 1875.

La chiesa di San Siro. La chiesa attuale, realizzata in stile barocco, risale al 1732. L'interno è impreziosito da affreschi pregevoli di Luigi Morgari e antichi elementi scultorei. La chiesa inoltre conserva un antico dipinto della scuola di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone. Altri ottimi dipinti abbelliscono la piccola chiesa laterale di San Giuseppe, costruita nel 1629; tutte le decorazioni risalgono a tale epoca.

La torre. La costruzione più imponente della città è una torre in mattoni, in perfetto stile lombardo-medioevale, eretta nel 1904 per garantire con la sua cisterna l’approvvigionamento idrico del paese.

Il "Brolo" e la chiesa di San Vito. La piazza davanti la chiesa di San Vito, denominata Brolo San Vito , fu il teatro della stipulazione del trattato di pace fra le città di Como e Milano, durante il periodo Rinascimentale. L'evento è ricordato su una pietra commemorativa. Il progetto della chiesa di San Vito (1800) è stato realizzato dal famoso architetto svizzero Simone Cantoni; la chiesa conserva un altare di marmo del grande scultore contemporaneo Francesco Somaini (1926-2005).

Villa Carcano-Raimondi. La casa è una residenza privata, perciò non è visibile internamente. Le stanze di villa Carcano-Raimondi sono considerati gli esempi migliori di architettura rinascimentale lombarda in Italia. Per questo motivo, nel 1939 la villa ed il relativo parco secolare sono tutelati dallo Stato italiano.

Il cotonificio Somaini. L'antica manifattura fu aperta nel 1883 dall'industriale Francesco Somaini (nonno dello scultore contemporaneo Francesco Somaini). La struttura costituisce un esempio perfetto di industria tessile del diciannovesimo secolo. Tutte le costruzioni conservano il loro aspetto originale e le loro parti esterne non sono mai state modificate. Merita attenzione anche l'interessante villaggio operaio, collocato non lontano dallo stabilimento.


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