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George Armstrong Custer - Wikipedia

George Armstrong Custer

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

George Armstrong Custer
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George Armstrong Custer

George Armstrong Custer (New Rumley5 dicembre 1839 – Little Big Horn25 giugno 1876) è stato un militare statunitense.

George Armstrong Custer nacque da Emmanuel, fabbro, e Mary Ward, seconda moglie del padre a New Rumley, Ohio.

Apparteneva ad una famiglia molto numerosa; il padre, infatti, da un primo matrimonio aveva avuto tre figli e dal matrimonio con la vedova Ward (che a sua volta ne aveva altri 3) ne ebbe altri 5 (George, Nevin, Tom, Boston – morti questi ultimi due nella Battaglia del Little Bighorn con George - e Margareth moglie, a sua volta, del tenente James Calhoun morto anch'egli al Little Bighorn).

Indice

[modifica] La carriera militare: West Point

il Cadetto G.A. Custer a West Point
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il Cadetto G.A. Custer a West Point

Nel 1857, su raccomandazione del deputato liberale John Bingham (nonostante la famiglia fosse notoriamente di "fede" democratica), George Armstrong Custer venne ammesso all'Accademia militare di West Point. Di carattere testardo, ribelle, orgoglioso, permaloso, scarso amante dello studio, in pochi mesi raggiunse tante e tali note di demerito da rischiare l'espulsione, evitata, anche in questo caso, per intervento del deputato Bingham. Uniche materie in cui eccelse erano quelle pratiche: scherma, tiro con la pistola, equitazione. Durante una licenza a Monroe conobbe Elizabeth "Libbie" Cliff Bacon (1842-1933) che, successivamente, sposò.

[modifica] La guerra di secessione

Nel 1861, a guerra di secessione ormai iniziata, la classe di Custer venne diplomata con un anno di anticipo sul regolare periodo previsto, dovendo fornire ufficiali alle truppe nordiste (nel 1860 gli allievi sudisti si erano dovuti dimettere dall'Istituto). Classificatosi ultimo del suo corso (34° su 34), Custer venne assegnato, con il grado di sottotenente, al 2° Cavalleggeri, Compagnia "G", che ebbe il battesimo del fuoco il 21 luglio 1861 a Bull Run. Nel 1862 Custer entrò a far parte dello Stato Maggiore del generale George B. McClellan (1826-1885), comandante dell'unità più grande dell'esercito nordista, l'Armata del Potomac. Nello stesso anno, durante un periodo di licenza, si fidanzò con Elisabeth Bacon.

il generale Pleasonton e il tenente Custer
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il generale Pleasonton e il tenente Custer

Nel 1863 Custer venne trasferito, con il grado di tenente, alle dipendenze del gen. Alfred Pleasonton (1824-1897), comandante una delle divisioni di cavalleria dell'Armata. Nello stesso anno, a giugno, si distinse nel corso di un’operazione particolarmente rischiosa contro un reparto di cavalleria sudista, talché il generale Pleasonton gli assegnò, a 23 anni, una brigata di cavalleria, conferendogli un "General brevet", ovvero il grado di generale per il solo periodo di durata del conflitto.

Nel 1864 sposò Elizabeth "Libbie".

La fama di Custer proseguì durante la guerra che concluse con il grado di "Major General brevet" (un grado valido temporaneamente e concesso in occasione di eventi bellici che richiedevano effettivi assai più numerosi per la conduzione delle operazioni). Dal punto di vista eminentemente tattico, Custer non dimostrò particolare immaginazione nell'esecuzione degli attacchi, limitandosi a sfruttare quello che era il criterio di attacco frontale normalmente insegnato presso le scuole militari dell'epoca e giustificando così l'asserzione di un suo collega che dichiarò che era salito ai vertici della carriera militare «camminando sulla schiena dei suoi soldati caduti in battaglia».

Un soldato unionista caduto a Gettysburg
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Un soldato unionista caduto a Gettysburg

Spesso avventato, abituato ad attaccare sempre il nemico, anche in condizioni di evidente inferiorità numerica, Custer ebbe di certo dalla sua una notevole fortuna: a Gettysburg la brigata comandata da Custer ebbe 500 caduti su una forza complessiva di 1700 unità); in quella di Wilderness cadde oltre un terzo degli effettivi, mentre alla battaglia di Appomattox, l'ultima della guerra di secessione, solo la sua brigata subì gravissime perdite. Tuttavia, di fronte alla manifesta inettitudine di altri generali nordisti, i giornali dell'epoca si "appropriarono" della figura di George Armstrong Custer, facendone l'eroe per eccellenza e coniando per lui il soprannome di «Murat americano».

[modifica] Fine della Guerra di Secessione

Il Presidente Andrew Johnson
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Il Presidente Andrew Johnson

Nel 1866 il Presidente Andrew Johnson (1808-1875) firmò la legge che ristrutturava profondamente l'esercito trasformandolo, di fatto, in un organismo di polizia militare con compiti di controllo dell'ordine negli ex-Stati confederati e nei territori dell'Ovest. A seguito di tale legge, tutti gli ufficiali con "brevet" temporaneo furono retrocessi al grado che, per progressione di carriera, loro competeva. Anche George Armstrong Custer venne retrocesso al grado di capitano, tanto che egli accarezzò l'idea di trasferirsi in Messico, allettato dalla necessità dell'Imperatore Massimiliano d’Austria di disporre di molti generali esperti per combattere i patrioti ribelli di Benito Juarez.

Ad analoga "retrocessione" furono soggetti gli ufficiali confederati transitati nell'esercito degli Stati Uniti; tale disagio si ripercuoterà, per ovvi motivi, sulla linea di comando giacché ufficiali già esperti si trovarono a dover sottostare, di fatto, ad altri più giovani, spesso meno preparati e con minor esperienza sul campo.

Custer abbandonò il progetto di trasferirsi in Messico solo quando il generale Philip Henry Sheridan (1831-1888), già suo comandante di divisione, lo assegnò al comando di un nuovo reggimento in via di formazione. Si trattava del 7° Cavalleggeri che si formò a Fort Riley (Kansas) tra l'agosto ed il settembre del 1866. George Armstrong Custer assunse il 3 novembre 1866 il comando del 7° con il grado di tenente colonnello, in sostituzione del colonnello Andrew Smith che era stato distaccato al Quartier Generale dell'esercito.

Entro la fine dell'anno, il 7° Cavalleggeri contò 800 uomini, tra cui moltissimi stranieri (si calcola che l'incidenza di stranieri: polacchi, italiani, messicani, tedeschi, inglesi, irlandesi, fosse all'epoca, nell'esercito degli Stati Uniti, del 70%), cui si era intanto aggiunto il capitano Tom Custer, fratello di George. La paga era molto scarsa (13 $ mese per un soldato; 15 per un caporale; 22 $ per un sergente che salivano a 34 se con molti anni di servizio e sposato) e l'addestramento altrettanto scarso anche per la difficoltà di trasmissione degli ordini a causa delle differenti lingue parlate. Le punizioni erano molto severe (dalla camera di punizione alla marcia con lo zaino carico di sassi sotto il sole, alla fustigazione, alla legatura a terra sotto il sole, alla fucilazione) ed anche in questo Custer si distinse per severità, pur essendogli riconosciuta la capacità di dare l'esempio sottoponendosi, con i suoi uomini, alle medesime esercitazioni ed alle marce più dure.

[modifica] La Corte Marziale

Nel 1867 il generale Winfield Hancock (1824-1886) organizzò una campagna contro i Cheyenne. Si trattò, tuttavia di una campagna dissennata ed inutile giacché i nativi americani erano in pace e l'intera spedizione non portò a nessun risultato concreto; anzi scatenò i Cheyenne sul «sentiero di guerra». Tutti i reparti impegnati vennero sottoposti a massacranti turni di servizio ed a marce forzate che, nel caso del 7° Cavalleggeri, finirono con l'arrecare gravi danni al reparto stesso che fu oggetto, come altri del resto, anche di centinaia di diserzioni. Benché non prevista dall'ordinamento militare, Custer applicò ai disertori la pena di morte talché, al termine della campagna, fu accusato dal Comando supremo di:

  • abbandono del posto di comando (era di fatto andato a trovare la moglie abbandonando il reparto in pieno territorio "nemico");
  • crudeltà verso i propri soldati (tra l'altro aveva fatto colpire alcuni soldati che stavano per disertare, vietando ai medici poi di curarli);
  • abbandono di due suoi soldati feriti nelle mani dei nativi americani;
  • mancato intervento in difesa di una postazione attaccata dai nativi americani.

La Corte Marziale, che si riunì il 16 settembre 1867 a Fort Leavenworth, giudicò Custer colpevole di tutti i reati ascrittigli ma, grazie alle amicizie altolocate e politiche che intanto aveva coltivato ed alla fama ottenuta durante la guerra di secessione, la pena si limitò alla sospensione dal grado e dall'attività militare per un anno.

[modifica] Il "Figlio della Stella del Mattino"

Il 24 settembre 1868 Custer venne reintegrato in servizio dal generale Sheridan in vista della campagna invernale contro i Cheyenne meridionali. Il 12 novembre il 7° Cavalleggeri, dopo circa due settimane di marcia nella neve, sorprese il villaggio di "Pentola Nera" (Mokatavatah, Black Kettle) (il Capo era scampato nel 1864 al massacro di Sand Creek del Colonnello Chivington) sul fiume Washita. Custer attaccò alle prime luci dell'alba (di qui il soprannome, tutt’altro che romantico come sembrerebbe, assegnatogli dai nativi americani di «Figlio della Stella del Mattino») ed il massacro fu generale; vennero uccisi più di cento nativi americani tra guerrieri, nonché donne, vecchi e bambini (la maggior parte).

In quella occasione, un drappello capeggiato dal maggiore Joe Elliott si staccò dal grosso delle truppe per assalire altri accampamenti più distanti; venne a sua volta massacrato da forze soverchianti Kiowa, Arapaho e Comanche. Custer venne accusato, dai suoi subalterni di non esser voluto intervenire in difesa dei commilitoni, e tale accusa contribuì, fino alla fine, a renderlo inviso alla maggior parte dei suoi ufficiali.

A questo si aggiunga ancora che nel 7°, anche a seguito dell'attacco del Washita e del comportamento del comandante nell'episodio del maggiore Elliott, si formarono addirittura quattro fazioni: una capeggiata dal fratello Tom appoggiava Custer e ne facevano parte — per ovvi motivi — tutti i parenti del Generale che militavano nel 7° (Harry Armstrong Reed, nipote; tenente James Calhoun, marito di Margareth, sorella di Custer; Boston Custer, fratello del Generale. Tutti morirono al Little Big Horn), un’altra faceva riferimento al capitano Frederick W. Benteen (1834-1898), che dopo la questione del Washita aveva addirittura sfidato a duello Custer, una aveva come riferimento il maggiore Marcus A. Reno (1834-1889) e l'ultima raggruppava ufficiali e sottufficiali che preferivano restare fondamentalmente neutrali. Ad aggravare ancor più la situazione, si aggiunga che, a seguito delle retrocessioni conseguenti alla fine della guerra di secessione, molti ufficiali alle dipendenze di Custer, provenienti anche dall'ex-esercito sudista, avevano, durante la guerra, un grado superiore a quello di generale "brevet" raggiunto da Custer e perciò mal tolleravano le imposizioni del "tenente colonnello" Custer.

[modifica] "Garry Owen"

Una curiosità riguarda l'inno del 7° Cavalleggeri; Si tratta di un brano gaelico del Settecento, Garry Owen ("Il giardino di Garry"), già inno di battaglia dell'87° Royal Irish Fusiliers — un reggimento di fucilieri irlandese — suggerito a Custer, nel 1867, dal capitano Myles Keogh e suonato dalla formazione bandistica del 7° (13 musicisti e direttore Felix. Vinatieri — di chiara origine italiana — durante l'assalto del Washita, ma non a Little Big Horn giacché la banda non venne impiegata e venne lasciata con le salmerie presso Fort Lincoln.

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«Siamo l'orgoglio dell'Esercito ed un Reggimento di grande fama; il nostro nome è inciso nelle pagine della Storia dal '66 in poi. Se pensate che possiamo esitare o essere fermati mentre si va a combattere, guardate bene il nostro passo e le nostre teste alte quando la banda suona Garry Owen.»

[modifica] 1868 – 1873

Membri del Ku Klux Klan
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Membri del Ku Klux Klan

Dopo la "battaglia" del Washita, le compagnie del 7° Cavalleggeri vennero impiegate in operazioni di polizia militare negli stati del sud vuoi per la repressione delle attività del Ku Klux Klan, vuoi per la scoperta delle distillerie clandestine che producevano whisky, di pessima qualità e talvolta letale, da rivendere ai nativi americani. Il 7°, intanto, venne notevolmente "ammodernato" in quanto ad equipaggiamenti e, soprattutto, armamenti con l'adozione, quasi generalizzata, di carabine Springfield a retrocarica, calibro 45 (in luogo dei precedenti fucili "Spencer" e "Sharp": da una tabella di prova dell'esercito americano risulta che, su 76.000 colpi sparati, gli Spencer si erano inceppati 2.700 volte, il 3,5% circa, mentre su 96.000 colpi, gli Springfield si erano inceppati "solo" 1.900 volte, il 2% circa. Quello che non mutò, però, fu l'addestramento che rimase molto scadente limitandosi ad impartire alle reclute elementi basilari di disciplina e di manovra solo fino a livello, massimo, di compagnia. Scarse erano anche le munizioni e le cavalcature; di conseguenza, molto rare le esercitazioni di tiro e le esercitazioni di manovra a cavallo. Si consideri che, al Little Big Horn, la forza del 7° era notevolmente ridotta proprio per mancanza di cavalcature (ne mancavano oltre un centinaio).

[modifica] Descrizione somatica

Così Elizabeth "Libbie" Custer descrisse , nel dicembre 1873, all'età di 34 anni, il marito:

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«...alto 1,78 e pesava circa 75 chili, i suoi occhi erano azzurri e con lo sguardo profondo, i suoi capelli corti ondulati e del colore dell'oro. I suoi baffi erano lunghi, folti ed ambrati, il colore della sua carnagione era vivo...»

[modifica] 1876: verso Little Big Horn

Per approfondire, vedi la voce Battaglia del Little Bighorn.

[modifica] Le Colline Nere

È necessario, per giungere alla battaglia finale di Custer, un breve excursus sulle motivazioni che porteranno al Little Big Horn. Dopo le spedizioni con cui l'esercito annientò la resistenza dei nativi americani che si opponeva alla realizzazione della ferrovia Northern Pacific, i bianchi volsero la loro attenzione alle Paha Shapa, le "Colline Nere" (Black Hills), su cui si riteneva, a ragione, potesse essere trovato l'oro. Al contrario del nome, le "colline" sono di fatto montagne che possono raggiungere anche i duemila metri e si estendono per oltre 200 chilometri per 100 di larghezza. Il nome lakota, esattamente tradotto come "colline nereggianti [di boschi]", lascia intendere quale ricchezza di flora e fauna dovessero contenere e, da sempre, erano territorio sacro per i Lakota («e Paha Shapa sono la mia terra e io le amo. Chiunque vi metterà piede sentirà il suono di questo fucile» disse Little Big Man-"Piccolo Grande Uomo", vice capo degli Oglala di Cavallo Pazzo, alla commissione bianca che cercò di acquistare le Colline Nere).

Con un trattato del 1868, infatti, le Colline Nere erano state assegnate ai nativi americani, ma nel 1870 le voci sulla presenza di oro si fecero più insistenti e, nel 1874, l'esercito venne inviato, ufficialmente per impiantare nuove postazioni a difesa delle montagne, per esplorarle in previsione di una proposta d’acquisto. Si trattava di 10 compagnie del 7° Cavalleggeri comandato da Custer, coadiuvate da esploratori Arikara, Dakota e Santee, per un totale di oltre 1.000 uomini, 2.000 cavalcature ed oltre 100 carri. Solo alcuni mesi dopo, agli inizi del 1875, confermata la presenza dell'oro, le Colline Nere vedevano sopraggiungere oltre un migliaio di minatori.

Il governo tentò, inutilmente, di acquistare le Paha Shapa, le Colline Nere, dai lakota (nel 1875 alla Commissione inviata dal Governo opposero il loro parere contrario i rappresentanti di oltre 14.000 nativi americani) finché, nel maggio 1876, Edward Pierrepoint, Procuratore Generale degli Stati Uniti, emise una sentenza aberrante: la legge con cui era stato proibito ai bianchi di entrare nelle Colline Nere, era incostituzionale e, comunque, non era applicabile ai cittadini degli Stati Uniti, ma solo agli stranieri! Si consideri che solo la neonata cittadina di Deadwood, nel cuore delle Colline, alla fine del 1876 contava oltre 20.000 abitanti.

Il 2 novembre 1875, nel corso di una riunione alla Casa Bianca (presidente Ulysses Grant, Segretario agli Interni Zachariah Chandler, Segretario della Guerra Belknap, e Generali Crook e Sheridan) si decise di non ostacolare più i cercatori e che, in caso di azioni ostili dei nativi americani, sarebbe stato legittimo l'intervento dell'esercito; qualora il Segretario agli Affari Indiani si fosse opposto, ne era prevista la sostituzione. Il 9 novembre venne redatto un rapporto da cui risultavano accuse infondate a carico dei nativi americani fino ad accusare i Sioux Hunkpapa di Toro Seduto di rifiutare i benefici della civiltà. Il contenuto del rapporto era completamente falso, ma autorizzava l'intervento dell'esercito se i nativi americani non avessero immediatamente fatto rientro nelle loro riserve: Toro Seduto rispose che sarebbe "forse" rientrato nella riserva la primavera successiva, mentre Cavallo Pazzo non rispose affatto.
Nel frattempo, il generale Sheridan aveva dato ordine alle truppe, tra cui il 7° Cavalleggeri, di muovere verso le Colline Nere.

[modifica] Le colonne del Montana, del Wyoming e del Dakota

Le forze dovevano essere suddivise in tre colonne, Montana, Wyoming e Dakota, quest’ultima al comando del tenente colonnello George Armstrong Custer, e convergere sulla regione del fiume Powder per individuare gli accampamenti dei nativi americani e costringere i “ribelli” a rientrare nelle riserve.

Il Presidente Ulysses Grant all'epoca della Guerra di Secessione
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Il Presidente Ulysses Grant all'epoca della Guerra di Secessione

Nel frattempo, però, a causa di uno scandalo scatenato dallo stesso Custer che coinvolgeva il Ministro della Guerra – in ordine agli approvvigionamenti dei Forti - il "Generale" era stato trattenuto a Washington per rendere una testimonianza davanti a una commissione d’inchiesta. Screzi vari a livello politico, non ultimo con lo stesso presidente Grant che gli costò gli arresti, ritardarono il rientro a Fort Lincoln (ove era di stanza il 7° e da dove, secondo la tattica del generale Sheridan, avrebbe dovuto muovere la Colonna del Dakota per convergere sui nativi americani "ostili") di Custer.

Di fatto, il tenente colonnello Custer arrivò a Fort Lincoln soltanto l'8 maggio 1876, ma gli era stato tolto il comando della colonna del Dakota che passava alle dipendenze del generale Terry. La colonna lasciava perciò il Forte il 17 maggio 1876 diretta ad ovest. L'approssimazione della campagna di guerra che stava iniziando era considerevole dacché mancavano le più elementari informazioni necessarie per organizzare un qualsivoglia movimento tattico: non era nota l'entità del "nemico" (le notizie in possesso facevano supporre una forza di 800-1.000 unità), né la sua dislocazione sul territorio, e non era neppure ben noto, di conseguenza, il terreno su cui lo scontro avrebbe avuto luogo. In realtà, a febbraio, Toro Seduto aveva chiamato a raccolta tutte le principali tribù Sioux al solo scopo di vivere, almeno per un'ultima volta, «all'antica maniera» con cacce al bisonte e cerimonie sacre. Cavallo Pazzo, a sua volta, aveva invitato alla riunione i Cheyenne del Capo Due Lune e alla medesima area, lungo il torrente Bighorn, si diressero i Brulé di Coda Macchiata, i Piedi Neri, i Santee, i Sans-Arcs, gli Assiniboin, gli Yankton, gli Arapaho per un totale, stimato, di oltre 3.000 tende, ovvero 10-15.000 unità con un numero di guerrieri valutato tra i 1.800 ed i 3.000.

Il 10 giugno 1876 il generale Terry inviò un distaccamento del 7°, al comando del maggiore Marcus A. Reno (non è noto perché non abbia affidato il comando, come era prevedibile, al tenente colonnello Custer, verosimilmente, conoscendone il carattere troppo intraprendente, per evitare che potesse prendere iniziative pericolose) per individuare l'accampamento nemico lungo i torrenti Rosebud e Tongue. È noto, specie dalle lettere che giornalmente Custer inviava con corriere alla moglie Elizabeth, che tale decisione venne aspramente criticata, come se il comportamento del generale Terry fosse dettato dalla paura di fornire a Custer un motivo in più per farsi onore sul campo di battaglia.

Il 16 giugno, il resto del 7°, comandato da Custer, seguì la colonna di Reno in assetto "leggero" (Custer dispose, infatti, che venissero lasciati al campo, oltre la banda, anche i carri da trasporto, le sciabole — che quindi non furono usate nella battaglia del Little Bighorn — e lo stesso stendardo del 7° che entrò in battaglia, perciò, con i soli guidoncini dei singoli squadroni). L'incontro con la colonna di Reno avvenne il 20 giugno: era stato individuato il luogo in cui un enorme accampamento indiano aveva sostato ed era verosimile che il nemico si fosse spostato nella valle del Little Bighorn. L'incontro con Custer fu abbastanza "acceso" giacché questi pensava che Reno avesse fatto di testa sua per ricavarne gloria personale e che i movimenti del suo reparto, di fatto, avessero messo in allarme i nativi americani che si erano dati alla fuga.

Toro Seduto
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Toro Seduto

Tuttavia il 21 giugno, dopo un consiglio di guerra, Terry dispose che il 7°, al comando di Custer, raggiungesse l'area del campo smobilitato e ne seguisse le tracce per individuare il nuovo accampamento, ma senza attaccare se non quando fosse stato raggiunto dalle restanti forze della Colonna del Dakota rinforzata dalla sopraggiungente Colonna del Montana. Terry offrì inoltre a Custer, che rifiutò, alcuni esploratori Crow che conoscevano meglio la zona, 4 squadroni del 2° Cavalleggeri ed una sezione di mitragliatrici Gatling (2 unità) a sei canne rotanti (dichiarò che queste gli avrebbero fatto rallentare l'avanzata). Queste offerte, ed il relativo rifiuto, risultano dagli ordini scritti consegnati a Custer.

[modifica] Il 7° Cavalleggeri verso Little Big Horn

il 22 giugno 1876 il 7° Cavalleggeri si mise in marcia lungo la valle del torrente Rosebud con una forza effettiva di 31 ufficiali (di cui 3 medici) e 617 tra sottufficiali, truppa ed esploratori. La colonna, quel giorno, percorse 20 km circa prima di accamparsi. Nei due giorni successivi, il 23 e 24 giugno, il 7° Cavalleggeri percorse, invece, oltre 100 km (è bene tener presente che le tabelle di marcia previste dalle disposizioni prevedevano che le tappe giornaliere dovessero essere di massimo 20-25 Km.)

La sera del 24, alle ore 23.30 circa, inspiegabilmente, con uomini e cavalli decisamente stanchi, Custer riprese l'avanzata verso l'area in cui presumibilmente si trovava l'accampamento indiano; dopo ulteriori 16 km, alle 02.00 del mattino circa, Custer inviò gli esploratori indiani in avanscoperta e, dalla sommità del Crow’s Nest ("Nido del Corvo") questi videro il più grande accampamento mai visto (si calcola un'area di tende lunga circa 5 km) accanto al quale pascolavano non meno di 10-15.000 cavalli (l'esploratore Tahmelapashme, "Coltello Insanguinato", riferì a Custer che i Sioux erano certamente più numerosi delle pallottole di cui il 7° disponeva).

É verosimile supporre che Custer mordesse il freno impostogli da Terry e che cercasse, come disponevano gli ordini ricevuti, «un motivo sufficiente per discostarsene». Il fatto che un distaccamento del 7° fosse stato intercettato (anche se non vi era stato combattimento) da un piccolo gruppo Sioux diede verosimilmente a Custer la scusa per attaccare, come era suo solito, alle prime luci dell'alba. Era domenica 25 giugno 1876, gli uomini ed i cavalli erano costantemente in marcia da quasi 24 ore, e quelle erano le ultime ore di vita non solo di Custer, ma anche di oltre 250 uomini ai suoi ordini.

Una curiosità: i nativi americani, verosimilmente, al momento dell'attacco non riconobbero il reparto (giacché la bandiera non era presente) né il comandante George Armstrong Custer anche perché, al Little Bighorn, al contrario di quella che è l'iconografia ricorrente, questi aveva i capelli molto corti avendoli tagliati prima di lasciare Fort Lincoln.

Il 27 giugno la sopraggiungente colonna capeggiata da Terry incontrò i superstiti del 7° ed apprese del massacro di Custer e dei suoi uomini. L'opera di ricerca e riconoscimento dei corpi, per una sepoltura sul luogo ove erano caduti, fu resa difficile, e talvolta impossibile, dal gran caldo estivo e dalle mutilazioni cui i corpi erano stati sottoposti e si concluse il 30 giugno. Il terreno duro e la mancanza di attrezzi idonei costrinse i soldati a seppellire sommariamente i commilitoni. Su ogni fossa venne piantato un paletto da cui pendeva un bossolo di pallottola contenente i dati identificativi (quando ciò era stato possibile) del caduto.

Il corpo di Custer fu rinvenuto il 27 giugno 1876 dal tenente James Bradley del 7° Fanteria, avanguardia della colonna del generale Terry; completamente nudo, era seduto a terra, poggiato ai corpi di altri due soldati. Presentava un foro di pallottola all'altezza del cuore ed un altro alla tempia sinistra (la dichiarata mancanza del cosiddetto "orletto escoriativo", tipico di un colpo sparato a bruciapelo e dovuto all'impatto dell'arma, e di tracce di polvere incombusta, fecero escludere si fosse trattato di suicidio).

Non era stato "scalpato" (verosimilmente proprio perché i capelli erano particoarmente corti), né mutilato e questo confermerebbe:

  • che Custer non venne riconosciuto dai suoi avversari;
  • che doveva esser stato ucciso quasi subito talché gli attaccanti non avevano riscontrato, da parte sua, azioni particolarmente meritevoli da giustificare le mutilazioni rituali sul nemico valoroso.

Tutto intorno al comandante del 7° si trovavano circa quaranta altri corpi ed alcuni cavalli abbattuti verosimilmente per farne riparo. Attorno a questo nucleo il tenente Bradley contò oltre 150 militari caduti.

Solo il 2 luglio 1876 il Terry inviò corrieri con la notizia della disfatta del Little Bighorn e gli Stati Uniti vennero a conoscenza dei fatti solo il 5 luglio, nel pieno dei festeggiamenti del centenario dell'Indipendenza.

Smobilitate le colonne del Montana e del Dakota, solo la colonna capeggiata dal generale Crook (2.300 uomini) proseguì nella "caccia" finché, il 9 settembre, incontrò un villaggio di nativi americani Minneconju con a capo Washicun Tashunka ("Cavallo Americano"). I guerrieri del villaggio, cinque in tutto, opposero il massimo della resistenza per consentire al "grosso" (donne e bambini) di fuggire, ma vennero ben presto sopraffatti; morirono lo stesso Cavallo Americano, un altro guerriero, tre donne e due neonati. In una tenda fu ritrovato il guidoncino della Compagnia "L" del 7° Cavalleggeri.

Solo il 10 ottobre dell'anno successivo, nel 1877, la salma di Custer fu recuperata e sepolta, con tutti gli onori militari, nel cimitero dell'Accademia Militare di West Point (New York) ove ancora oggi si trova. Sulla tomba fu posta una statua di bronzo che, non essendo gradita alla signora Elizabeth "Libbie" Custer, fu in seguito rimossa; oggi il luogo di sepoltura di Custer è contrassegnato da un tozzo obelisco.

[modifica] Soprannomi

Gli Indiani assegnarono a Custer diversi soprannomi:

  • Deretano duro (per la sua capacità di restare in sella molto a lungo);
  • Capelli Lunghi (per la capigliatura normalmente fluente. Non a Little Big Horn avendo tagliato i capelli poco prima di lasciare Fort Lincoln);
  • Figlio della Stella del Mattino (per la sua "abitudine" ad attaccare i villaggi dei nativi americani alle prime luci dell'alba).

Per la moglie Elizabeth era:

  • Autie

[modifica] Custer scrittore

Tra il gennaio del 1872 e l'ottobre del 1874 Custer scrisse una serie di articoli, sulle sue esperienze, per la rivista Galaxy successivamente raccolti e pubblicati nel 1874 con il titolo My Life on the Plains (trad. La mia vita nelle grandi pianure.)

[modifica] Cinematografia

Questa è una lista di film su George Armstrong Custer (tra parentesi il titolo originale).

  • On the Little Big Horn - 1909 - USA - Regia William Seling;
  • Custer's last fight - 1912 - USA - Regia Thomas Ince;
  • The Massacre - 1912 - USA - Regia David Griggith;
  • Custer's last stand - 1936 - USA - Regia Elmer Clifton;
  • I pascoli dell'odio (Santa Fe Trail) - 1940 - USA - Regia Michael Curtiz - con Erroll Flynn e Ronald Reagan;
  • La storia del generale Custer (They died with their boots on) - 1941 - USA - Regia Roul Walsh - con Erroll Flynn ed Olivia de Havilland;
  • Il massacro di Fort Apache (Fort Apache) - 1947 - USA - Regia John Ford - con Henry Fonda e John Wayne;
  • Little Big Horn - 1951 - Regia Charles Warren;
  • Squilli al tramonto (Bugles in the afternoon) - 1951 - USA - Regia Roy Rowland- con Sheb Wooley;
  • La strage del 7° Cavalleggeri (Sitting Bull) - 1954 - USA Regia Sidney Salkow - con Dale Robertson;
  • Furia Indiana (Chief Crazy Horse) - 1955 - USA - Regia George Sherman - con Victor Mature e Suzan Bal;
  • Settimo Cavalleria (7th Cavalry) - 1956 - USA - Regia Joseph Lewis - con Randolph Scott;
  • L'ultima battaglia del generale Custer (Tonka) - 1958 - USA - Regia Lewis Foster - con Sal Mineo;
  • Massacro sulle Colline Nere (Requiem to massacre) - 1960 - USA - Regia George Wagner - con Clint Walker e Liam Sullivan;
  • La trappola degli indiani (Little Big Horn) - 1960 - USA - Regia Charles Marquis - con John Ireland e Loyd Bridges;
  • Doringo! (The glory guys) - 1965 - USA - Regia Arnold Laven;
  • Il massacro dei Sioux (The grat Sioux massacres) - 1965 - USA - Regia Sidney Salkow - con Joseph Cotten e Darren McGavin;
  • Custer il ribelle (The legend of Custer) - 1967 - USA - Regia Norman Foster - con Wayne Maunder;
  • Custer eroe del west (Custer of the West) - 1968 - USA - Regia Robert Siodmack - con Robert Shaw;
  • Piccolo Grande Uomo (Little Big Man) - 1969 - USA - Regia Arthur Penn - con Dustin Hoffman e Martin Balsam;
  • Non toccare la donna bianca (Touche pas la femme blanche) - 1974 - Francia - Regia Marco Ferreri - con Marcello Mastroianni ed Ugo Tognazzi.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Bibliografia

Per approfondire, vedi la voce Bibliografia sulla Storia dei Nativi d'America.
  • Ambrose, Stephen E. Cavallo Pazzo e Custer, Milano, Rizzoli, 1978
  • Barnett, Louise, Custer: l'ultimo eroe, Milano, Rizzoli, 1999 ISBN 88-17-86031-X
  • Custer, George Armstrong, La mia vita nelle Pianure. Esperienze personali tra gli indiani Milano, Mursia, 1991 ISBN 88-425-1078-5
  • Frost, Lawrence A. L'album del generale Custer, Firenze, Vallecchi, 1976
  • Leighton, Margaret, L'ultima carica di Custer, Milano, Mondadori, 1971
  • Miller, David Humphreys, La fine del generale Custer, come raccontano gli indiani, Milano, Rizzoli, 1966

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