Vincenzio Russo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vincenzio Russo (Palma Campania, 16 giugno 1770 - Napoli, 19 novembre 1799) fu uno dei principali interpreti del giacobinismo italiano.
[modifica] Biografia
Laureato in medicina a Nola e in giurisprudenza a Napoli, aderì ai principi giacobini di Robespierre ed entrò nelle società segrete Club rivoluzionario e Società patriottica. In queste sedi, egli evidenziò la necessità della lotta armata e rivoluzionaria da attuare contro lo stato borbonico per dare potere e diritti ai più deboli. Queste idee "protocomuniste" gli costarono l'esilio.
L'entusiasmo causatogli dalla Rivoluzione Francese lo convinse a fuggire prima a Milano, poi in Svizzera ed infine a Roma, dove sostenne la Repubblica Romana grazie all'alleanza con i francesi. In questo periodo egli fu protagonista della vita culturale della capitale, animando l'attività dei circoli democratici, con ardenti conferenze e scrivendo sui nuovi giornali.
Fu tra coloro che spinsero i francesi a proclamare la repubblica anche in Campania, e nella neoproclamata Repubblica Napoletana egli collaborò al Monitore napoletano, il giornale diretto da Eleonora Pimentel Fonseca e scese spesso a parlare fra il popolo. La Repubblica aveva però i giorni contati. Le armate "Sanfediste" guidate dal cardinale Fabrizio Ruffo, al servizio dei Borbone, sostenute in particolare dagli inglesi e appoggiate dalla sollevazione dei "lazzari" (anche detti lazzaroni, ovvero la plebe fedele al re), passarono al contrattacco. Russo venne preso con le armi in mano il 13 giugno e giustiziato il 19 novembre 1799, a soli 29 anni: venne infatti impiccato in Piazza del Mercato, a Napoli. Da quel momento, egli divenne un martire del giacobinismo italiano.
[modifica] Pensieri politici
Nel sistema politico-sociale enunciato nei Pensieri politici, opera principale di Vincenzio Russo pubblicata a Roma nel 1798, egli vagheggiava l'ideale di una repubblica contadina forte di giustizia e di barbarie, il cui l'egualitarismo andava persino oltre quello di Louis Saint-Just, indicando nell'usufrutto a termine di un pezzo di terra di proprietà della comunità, e non nella piccola proprietà ereditaria, lo strumento per garantire a ciascuno l'indipendenza. Consultando nelle cose stesse della verità, Russo stabilì il limite della proprietà legittima nel solo soddisfacimento dei bisogni primari, il fondamento della legge nell'identificazione di questa con il "calcolo" di ciascuno e quello dell'uguaglianza nell'indipendenza del singolo.