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Storia dell'Afghanistan - Wikipedia

Storia dell'Afghanistan

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La storia dell'Afghanistan, il suo sviluppo politico interno, le relazioni internazionali e persino la sua esistenza come stato indipendente sono stati largamente determinati dalla sua collocazione geografica al crocevia dell'Asia centrale, occidentale e meridionale. Nei secoli, onde di popoli migratori hanno attraversato la regione - descritta dallo storico Arnold Toynbee come un "carosello del mondo antico" - lasciandosi dietro un mosaico di gruppi etnici e linguistici. Nei tempi moderni, così come nell'antichità, immensi eserciti hanno attraversato questa regione dell'Asia, stabilendo temporaneamente il potere locale e spesso dominando l'antico Afghanistan.

Gran parte della storia dell'Afghanistan trascorse come parte dei più ampi avvenimenti che si svolsero nell'intero altopiano iraniano. Le popolazioni iraniche che arrivarono in Afghanistan hanno lasciato in eredità le loro lingue (Pashto, Dari, ecc.), come pure distinti tratti culturali che molti studiosi e storici come Sir Olaf Caroe, autore di The Pathans, descrive come distintamente iranici: "C'è in effetti un senso per cui tutto l'altopiano dal Tigri all'Indo è un unico paese. Lo spirito della Persia vi ha soffiato sopra, portando una consapevolezza di avere un unico bagaglio culturale, un'unica cultura, un unico modo di esprimersi, un'unità dello spirito percepita fino a Peshawar e a Quetta". Forse non è sorprendente che siano stati il passato iranico e le invasioni islamiche degli Arabi a definire il moderno Afghanistan, mentre il suo passato greco, quello legato ai nomadi dell'Asia centrale e quello buddista e zoroastriano sono scomparsi da lungo tempo.

Anche se per due millenni la zona è stata teatro di grandi imperi e di fiorenti commerci, i gruppi eterogenei dell'area non furono legati in una singola entità politica fino al regno di Ahmed Shah Durrani, che nel 1747 fondò la monarchia che governò il paese fino al 1973. Nel XIX secolo l'Afghanistan si trovò in mezzo alla potenza espansiva degli imperi russo e britannico. Nel 1900, Abdur Rahman Khan (l'"Emiro di Ferro"), guardando indietro ai suoi venti anni di governo e agli eventi del secolo trascorso, si chiese come il suo paese, che stava "come una capra tra questi due leoni [la Gran Bretagna e la Russia zarista], o come un chicco di grano in mezzo a due forti macine del mulino, [potesse] resistere in mezzo alle pietre senza essere ridotto in polvere?"

L'Islam ha giocato forse il ruolo chiave nella formazione della società afghana. Nonostante l'invasione mongola dell'odierno Afghanistan all'inizio del XIII secolo sia stata descritta come più somigliante "a qualche brutale cataclisma provocato dalle cieche forze della natura che a un fenomeno della storia umana", nemmeno un guerriero formidabile come Gengis Khan riuscì a sradicare la civiltà islamica; nel giro di due generazioni i suoi eredi sarebbero diventati musulmani. Un evento spesso non considerato, ma che ciononostante recitò un ruolo importante nella storia dell'Afghanistan (e nella politica dei suoi vicini e dell'intera regione fino ai giorni nostri) fu, nel X secolo, l'ascesa di una forte dinastia sunnita - i Ghaznavidi. La loro potenza impedì l'espansione dall'Iran verso est dello Sciismo, assicurando così che la maggioranza dei musulmani in Afghanistan e nell'Asia meridionale sarebbero stati sunniti. Successivamente potenti dinastie imperiali originarie dell'Afghanistan come i Ghoridi avrebbero continuato a fare dell'Afghanistan una delle principali potenze del Medioevo, come pure un centro culturale che produsse Ferdowsi, Al-Biruni e Khushal Khan Khattak, tra le innumerevoli figure di accademici e letterati.


Indice

[modifica] Il periodo pre-islamico dell'Afghanistan (prima del 642)

Alessandro Magno combatte contro Dario III (mosaico di Pompei, da un originale greco del III secolo a.C.
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Alessandro Magno combatte contro Dario III (mosaico di Pompei, da un originale greco del III secolo a.C.

Le prime notizie del periodo pre-islamico dell'Afghanistan risalgono alle invasioni ariane attorno al 2000 a.C. In seguito ci furono le fasi persiana, meda, greca, Maurya e bactriana della sua storia.

A seguito della sconfitta dell'impero persiano achemenide nel 328 a.C., Alessandro Magno entrò nel territorio dell'attuale Afghanistan per conquistare Bactria (l'attuale Balkh). Nei secoli successivi seguirono invasioni da parte di Sciti, Unni Bianchi e Turchi.

Durante la dominazione dei Kushan, l'Afghanistan e la regione di Gandhara diventarono importanti centri culturali. I Sassanidi e altre dinastie iraniane governarono gran parte dell'Afghanistan prima dell'arrivo degli invasori musulmani, mentre gli Shahi dominarono l'Afghanistan orientale dalla metà del VII secolo fino all'invasione turca del X secolo.

[modifica] La conquista islamica dell'Afghanistan (642-1747)

Nel 642 gli Arabi invasero l'intera regione e introdussero l'Islam. Come tutti gli altri paesi conquistati dagli Arabi, l'Afghanistan aveva governanti locali, tra cui l'impero cinese dei Tang, che aveva esteso la propria influenza fino a Kabul. Gli Arabo-Persiani del Khorasan controllarono l'area fino alla conquista da parte dell' Impero Ghaznavide nel 998. Mahmud di Ghazni (998-1030) consolidò le conquiste dei suoi predecessori e trasformò Ghazna (Ghazni) in un grande centro culturale e in una base per le sue frequenti scorrerie in India. La dinastia ghaznavide fu sconfitta nel 1146 dai Ghoridi; i Khan ghaznavidi continuarono a vivere a Ghazni con il nome di Nasher fino agli inizi del XX secolo, ma non riconquistarono il loro potere, un tempo vasto, se non circa 500 anni dopo, quando Ghilzai Mir Wais Khan Hotaki sconfisse i Persiani a Kandahar e si proclamò scià di Persia. Vari principi e governanti selgiuchidi tentarono parti del paese, finché lo scià Muhammad II dell'Impero Chorasmiano conquistò tutta la Persia nel 1205. Nel 1219 l'impero era caduto in mano ai Mongoli.

Sotto la guida di Gengis Khan, l'invasione si tradusse nel massacro della popolazione, nella distruzione di molte città, tra cui Herat, Ghazni e Balkh, e nella devastazione di fertili aree agricole. Dopo la morte di Gengis Khan nel 1227, una successione di piccoli capi e principi lottarono per la supremazia finché, alla fine del XIV secolo, uno dei suoi discendenti, Tamerlano, incorporò l'odierno Afghanistan nel proprio vasto impero asiatico. Babur, discendente di Tamerlano e fondatore dell'Impero Moghul in India all'inizio del XVI secolo, fece di Kabul la capitale di un principato afghano.

L'Afghanistan rimase diviso in tre parti tra il XVI e l'inizio del XVIII secolo. A nord si trovavano gli Uzbeki, a ovest la Persia e a est l'Impero Moghul. Gli Afghani, o più specificamente i Pashtun Ghilzai sotto Khan Nasher, insorsero contro il dominio persiano all'inizio del XVIII secolo. L'esercito persiano fu sconfitto e gli Afghani controllarono l'intera Persia dal 1719 al 1729. In quell'anno il persiano Nadir Shah sconfisse gli Afghani nella battaglia di Damghan. Prima della fine del 1730 avrebbe scacciato gli Afghani che ancora occupavano la Persia. Nel 1738 Nadir Shah conquistò Kandahar e occupò Ghazni, Kabul e Lahore. Dopo l'assassinio di Nadir Shah, i Pashtun Durrani divennero i principali dominatori dell'Afghanistan. Le rivalità e le ribellioni dei Ghilzai però non si arrestarono fino al XX secolo.

[modifica] L'Impero dei Durrani (1747-1826)

Nel 1747, Ahmed Shah Durrani, il fondatore dell'odierno Afghanistan, stabilì il suo dominio. Durrani, un Pashtun, fu eletto dalla prima Loya Jirga dopo l'assassinio del monarca persiano Nadir Shah, avvenuto nello stesso anno a Khabushan. Durante il suo regno, Durrani consolidò in un'unica nazione tribù, piccoli principati e province frammentate. Il suo potere si estendeva da Mashad a ovest fino al Kashmir e a Delhi a est, e dal fiume Amu Darja a nord fino al Mare Arabico a sud. Con l'eccezione di un periodo di nove mesi nel 1929, fino al colpo di stato marxista del 1978 tutti i governanti dell'Afghanistan provenivano dalla confederazione tribale pashtun dei Durrani, e a partire dal 1818 furono tutti membri del clan Mohammadzai di quella tribù.

[modifica] L'influenza europea in Afghanistan (1826-1919)

Nel 1826 Dost Mohammed Khan conquistò il controllo di Kabul. Per tutto il XIX secolo lo scontro tra gli imperi britannico e russo, entrambi in espansione, in quello che fu chiamato il Grande Gioco, influenzò in maniera significativa l'Afghanistan. Le preoccupazioni britanniche per l'avanzata russa in Asia centrale e per la crescente influenza dell'impero zarista sulla Persia culminarono in due guerre anglo-afghane. La prima (1839-1842) si concluse con la distruzione di un'intera armata britannica; è perciò ricordata come un esempio della ferocia della resistenza armata contro qualsiasi dominatore straniero. La seconda guerra anglo-afghana (1878-1880) fu scatenata dal rifiuto dell'emiro Shir Alì di accettare l'invio di una missione britannica a Kabul. Questo conflitto portò l'emiro Abdur Rahman Khan sul trono afghano. Durante il suo regno (1880-1901), Britannici e Russi stabilirono ufficialmente i confini del moderno Afghanistan. I Britannici conservarono il controllo effettivo sulla politica estera di Kabul.

L'Afghanistan rimase neutrale durante la Prima guerra mondiale, malgrado l'incoraggiamento dei sentimenti anti-britannici da parte della Germania e la ribellione degli afghani lungo i confini dell'India britannica. Comunque la politica di neutralità perseguita dal re afghano non riscosse unanime popolarità nel paese.

Habibullah, figlio e successore di Abdur Rahman, fu assassinato nel 1919, probabilmente da alcuni membri della famiglia reale che si opponevano all'influenza britannica. Il suo terzo figlio, Amanullah, riconquistò il controllo della politica estera dell'Afghanistan dopo aver provocato nello stesso anno, con un attacco all'India, la terza guerra anglo-afghana. Durante il conflitto che ne seguì, gli Inglesi, ormai stanchi della guerra, rinunciarono al controllo sulla politica estera afghana stipulando nell'agosto 1919 il Trattato di Rawalpindi. In ricordo di questo avvenimento, gli Afghani celebrano il 19 agosto la loro Festa dell'indipendenza.

[modifica] Le riforme di Amanullah Khan e la guerra civile (1919-1929)

Negli anni successivi alla terza guerra anglo-afghana, re Amanullah (1919-1929) pose fine al tradizionale isolamento del suo paese. Stabilì relazioni diplomatici con gran parte delle principali nazioni e, dopo il suo viaggio del 1927 in Europa e in Turchia - durante il quale osservò la modernizzazione e la secolarizzazione promosse da Atatürk - introdusse diverse riforme tese a modernizzare l'Afghanistan. Alcune di queste, come l'abolizione del tradizionale velo islamico per le donne e l'apertura di un certo numero di scuole miste, rapidamente gli alienarono le simpatie di molti capi tribali e religiosi. Di fronte a una schiacciante opposizione armata, nel gennaio 1929 Amanullah fu costretto ad abdicare, dopo che Kabul era caduta in mano alle forze di Bacha-i-Saqao, un brigante tagiko.

[modifica] I regni di Nadir Shah e Zahir Shah (1929-1973)

A sua volta il principe Mohammed Nadir Khan, un cugino di Amanullah, sconfisse nell'ottobre dello stesso anno Bacha-i-Saqao e, con un considerevole sostegno da parte delle tribù pashtun, fu dichiarato re con il nome di Nadir Shah. Cominciò a consolidare il potere e a rigenerare il paese. Abolì le riforme di Amanullah Khan in favore di un approccio più graduale alla modernizzazione. Malgrado ciò, nel 1933 fu assassinato per vendetta da uno studente di Kabul.

Mohammad Zahir Shah, il diciannovenne figlio di Nadir Shah, salì al trono e regnò dal 1933 al 1973. Fino al 1946 Zahir Shah governò con l'assistenza dello zio Sardar Mohammad Hashim Khan, che mantenne il posto di primo ministro e continuò le politiche di Nadir Shah. Nel 1946 un altro zio di Zahir Shah, Sardar Shah Mahmud Khan, diventò primo ministro. Iniziò a sperimentare una maggiore libertà politica, ma tornò sui suoi passi quando vide che stava andando più in là di quello che aveva previsto. Nel 1953 fu rimpiazzato come primo ministro da Mohammed Daoud Khan, cugino e cognato del re. Daoud si mosse verso una relazione più stretta con l'Unione Sovietica e una maggiore ostilità verso il Pakistan. La controversia con il Pakistan però condusse a una crisi economica, perciò nel 1963 gli fu chiesto di dimettersi. Dal 1963 al 1973 Zahir Shah svolse un ruolo più attivo.

Nel 1964 il re Zahir Shah promulgò una costituzione liberale che dava vita a un parlamento bicamerale, di cui il sovrano nominava un terzo dei membri. Un altro terzo era eletto dal popolo, mentre il resto era selezionato indirettamente dalle assemblee provinciali. Anche se l'"esperimento democratico" di Zahir produsse poche riforme durature, permise la crescita di partiti estremisti non riconosciuti, sia di destra che di sinistra. Tra questi spiccava il Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA), comunista e con stretti legami ideologici con l'Unione Sovietica. Nel 1967, il PDPA si spaccò in due fazioni rivali: la fazione Khalq ("Popolo") capeggiata da Nur Muhammad Taraki e da Hafizullah Amin e sostenuto da elementi interni all'esercito, e la fazione Parcham ("Bandiera") guidata da Babrak Karmal. La spaccatura rifletteva le divisioni di classe, etniche e ideologiche all'interno della società afghana. Tuttavia, molti dei successivi presidenti e capi di stato sarebbero stati Ghilzai (Taraki, Amin, Najib, Mullah Omar), che ancora una volta avrebbero tentato di strappare il potere ai Durrani.

[modifica] Daoud e la Repubblica di Afghanistan (1973-1978)

Tra le accuse di corruzione e disonestà rivolte alla famiglia reale e la precaria situazione economica causata dalla grande siccità del 1971-1972, il 17 luglio 1973 l'ex primo ministro Mohammed Daoud Khan conquistò il potere con un colpo di stato militare. Zahir Shah fuggì dal paese, trovando alla fine rifugio in Italia. Daoud abolì la monarchia, abrogò la costituzione del 1964, e proclamò la repubblica, con lui stesso come presidente e primo ministro. I suoi tentativi di portare a compimento riforme economiche e sociali grandemente necessarie incontrarono scarso successo, e la nuova costituzione promulgata nel febbraio 1977 non riuscì a domare una cronica instabilità politica.

Mentre la disillusione cresceva, il 27 aprile 1978 il PDPA diede vita a un sanguinoso colpo di stato, che si concluse con il rovesciamento e l'assassinio di Daoud e di gran parte della sua famiglia. Nur Muhammad Taraki, segretario generale del PDPA, divenne presidente del Consiglio rivoluzionario e primo ministro dell'appena costituita Repubblica Democratica dell'Afghanistan, fortemente sostenuta dall'URSS.

[modifica] L'intervento sovietico in Afghanistan (1978-1992)

Il PDPA, partito socialista filo-comunista, mise in atto un programma di governo socialista che comprendeva l'abolizione dell'usura, il divieto dei matrimoni forzati, il riconoscimento del diritto di voto per le donne, la sostituzione delle leggi tradizionali e religiose con altre laiche e marxiste, la messa al bando dei tribunali tribali, e la riforma agraria. Gli uomini furono obbligati a tagliarsi la barba, le donne non potevano indossare il burqa, e fu proibito visitare le moschee. Il PDPA invitò l'Unione Sovietica a sostenere la modernizzazione delle infrastrutture economiche (in particolar modo le miniere di minerali rari e i giacimenti di gas naturale). L'URSS inviò anche degli appaltatori per costruire strade, ospedali e scuole e per scavare pozzi d'acqua; inoltre addestrò ed equipaggiò l'esercito afghano.

Queste riforme e il monopolio del PDPA sul potere furono accolti da una reazione violenta, in parte guidata dai membri della classe dirigente tradizionale. Si formarono molti gruppi, nel tentativo di ribaltare la dipendenza dall'Unione Sovietica; qualcuno faceva ricorso a mezzi violenti e al sabotaggio delle industrie e delle infrastrutture del paese. Il governo rispose con un pesante intervento militare e arrestò, mandò in esilio e giustiziò molti mujaheddin, "guerrieri santi dell'Islam".

Nel 1979 l'esercito afghano fu sopraffatto dal gran numero di incidenti, e l'Unione Sovietica inviò le sue truppe per schiacciare la rivolta e installare e sostenere un nuovo governo alleato di Mosca. Il 25 dicembre 1979 l'esercito sovietico entrò a Kabul. Questo fu l'inizio dell'occupazione, che si concluse solo nel 1989 con il completo ritiro delle truppe sovietiche nell'ambito degli accordi di Ginevra firmati nel 1988 da Afghanistan e Pakistan.

Per più di nove anni l'Armata Rossa condusse operazioni militari contro i mujaheddin afghani ribelli. La CIA statunitense, il Pakistan e l'Arabia Saudita sostennero finanziariamente la resistenza per il suo atteggiamento anti-comunista e, nel caso dell'Arabia Saudita, per la sua inclinazione islamista.

Osama bin Laden era uno dei principali organizzatori e finanziatori dei mujaheddin; il suo Maktab al-Khadamat (MAK, Ufficio d'Ordine) incanalava verso l'Afghanistan denaro, armi e combattenti musulmani da tutto il mondo, con l'assistenza e il supporto dei governi americano, pakistano e saudita. Nel 1988 bin Laden abbandonò il MAK insieme ad alcuni dei suoi membri più militanti per formare Al-Qaida, con lo scopo di espandere la lotta di resistenza anti-sovietica e trasformarla in un movimento fondamentalista islamico mondiale.

L'Unione Sovietica ritirò le sue truppe nel febbraio 1989, ma continuò ad aiutare il governo, guidato da Mohammad Najibullah. Continuarono anche massicci aiuti ai mujaheddin da parte della CIA e dell'Arabia Saudita. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, il governo Najibullah fu rovesciato il 18 aprile 1992, quando Abdul Rashid Dostum si ribellò e si alleò con Ahmad Shah Massoud per prendere il controllo di Kabul e proclamare la Repubblica Islamica dell'Afghanistan.

[modifica] Dai Talebani alla presidenza Karzai (dal 1992 a oggi)

Quando i mujaheddin vittoriosi entrarono a Kabul per assumere il controllo della città e del governo centrale, cominciarono le lotte intestine tra le diverse milizie, che avevano convissuto con difficoltà durante l'occupazione sovietica. Con la scomparsa del loro comune nemico, le differenze etniche, religiose, personali e di clan delle milizie tornarono in superficie, e la guerra civile continuò.

Fu costituito un Consiglio della Jihad islamica provvisorio, guidato prima per due mesi da Sibghatullah Mojadeddi, poi da Burhanuddin Rabbani. Ma i combattimenti tra le fazioni rivali si intensificarono.

Come reazione all'anarchia, al predominio dei signori della guerra nel paese e all'assenza di una rappresentanza pashtun nel governo di Kabul, sorse un movimento di studiosi di religiosi, molti dei quali erano ex mujaheddin. Entro la fine del 1998 i talebani avevano preso il controllo del 90 per cento del paese, confinando l'opposizione in un piccolo angolo, prevalentemente abitato da tagiki, nel nord-est e nella valle del Panshir. L'opposizione formò l'Alleanza del Nord, che continuò a ricevere il riconoscimento diplomatico all'interno delle Nazioni Unite come il legittimo governo dell'Afghanistan.

In risposta agli attentati dell'11 settembre 2001, gli Stati Uniti e una coalizione di alleati lanciarono una riuscita invasione dell'Afghanistan per abbattere il governo dei talebani. Sotto l'egida dell'ONU, le fazioni afghane si riunirono a Bonn e scelsero un'autorità provvisoria di 30 membri, guidata da Hamid Karzai. Dopo sei mesi di governo, l'ex re Zahir Shah convocò una Loya Jirga, che elesse presidente Karzai e gli diede l'autorità di governare per altri due anni. Il 9 ottobre 2004 Karzai fu confermato capo dello stato nelle prime elezioni presidenziali dirette della storia dell'Afghanistan.

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