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Occupazione dell'etere - Wikipedia

Occupazione dell'etere

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Per occupazione dell'etere si intende il fenomeno tutto italiano per cui le frequenze radiotelevisive non sono state assegnate dall'Autorità amministrativa, ma di fatto occupate dai singoli impianti di trasmissione.

Le frequenze utilizzabili per le trasmissioni radiotelevisive via etere sono in numero finito e limitato, anche se, per la sua esatta determinazione, è aperto da anni un grande dibattito che coinvolge tecnici, giuristi e politici.

Indice

[modifica] Le premesse storiche del problema

Sin dagli anni cinquanta, all'affermarsi della televisione come rilevante mezzo di comunicazione di massa, la maggior parte dei paesi dell'Europa occidentale (a differenza, ad esempio, del sistema televisivo statunitense) propendeva per sostenere che la limitatezza dei canali utilizzabili per per le trasmissioni televisive giustificassero il regime di monopolio pubblico.

La Corte Costituzionale italiana nel 1960 ribadiva che sarebbe stato eccessivamente pericoloso concedere ai privati l'uso delle frequenze via etere, perché avrebbero potuto esercitare pressioni indebite sull'opinione pubblica, mentre, a differenza ad esempio della carta stampata, l'accesso non sarebbe potuto essere garantito a tutti.

[modifica] Il caso Telebiella e la televisione via cavo

I fautori di una televisione libera riuscirono a cogliere il punto debole di tale ragionamento: si stava diffondendo la possibilità tecnica di trasmettere via cavo coassiale e le affermazioni della limitatezza dell'etere nulla avrebbero avuto a che spartire.

Nel 1971 un gruppo di appassionati fondò a Biella la televisione Telebiella, che si riprometteva di trasmettere via cavo. Il motivo per ricorrere alla Corte Costituzionale fu volutamente ricercato: il pretore di Biella investito del ricorso contro le sanzioni a Giuseppe Sacchi, proprietario di Telebiella, sollevò la questione di Costituzionalità e si arrivò alla storica sentenza 256 del 1974.

[modifica] Le televisioni locali via etere

La successiva sentenza del 1976 allargò il concetto anche alle trasmissioni via etere di carattere locale. Dal punto di vista delle frequenze una tematica in chiave locale è enormemente più semplice: non ci si deve porre il problema di non sovrapporsi ad esempio, a tutte le frequenze usate ad esempio dalla Rai, ma solo a quelle concretamente usate nella zona.

Se invece il problema va visto sulla coesistenza di più televisioni nazionali, il pericolo di sovrapposizioni e di interferenze diventa più concreto e da tale pericolo ci si difende con una ridondanza di frequenze impegnate.

Il problema, inizialmente, secondo le indicazioni della Corte doveva, perciò riguardare solo le TV locali.

Lo sviluppo successivo prese una piega imprevista: in assenza di una regolamentazione, le frequenze divenivano proprietà di chi le occupava: non erano rari i casi di vero e proprio sabotaggio con il taglio materiale dei cavi di alimentazione dei ripetitori.

Un'altra questione dibattuta all'epoca fu quella se per l'effettivo utilizzo di una frequenza fosse necessaria la trasmissione di un programma oppure bastasse trasmettere un segnale con una immagine fissa, in genere il monoscopio, cioè quell'immagine che permetteva agli antennisti di regolare gli apparati di ricezione.

Nel 1990 si tentò un primo Censimento delle radiofrequenze. Dopo di esso, per 16 anni il fenomeno, pur essendo ben conosciuto, non ha sostanzialmente portato a rilevazioni ufficiali.

[modifica] La formazione di televisioni commerciali nazionali

Anche se la Corte Costituzionale aveva autorizzato le televisioni libere solo in ambito locale, il gruppo Fininvest ha impresso alla questione una svolta nei fatti, anticipando in questo le iniziative del legislatore.

Il punto di partenza è stata la costituzione della società Publitalia '80 che con una politica di marketing molto accorta ed aggressiva, ha sbaragliato la situazione di privilegio di partenza della Sipra, la società di pubblicità della Rai.

La disponibilità di mezzi finanziari ingenti dati dal flusso pubblicitario ha permesso alla Fininvest e poi alla sua società di settore Mediaset, di acquisire le società televisive di grandi editori come Rizzoli (Italia Uno, 1982) e Mondadori (Retequattro, 1984), ma soprattutto di acquistare da una serie di piccole televisioni locali le radiofrequenze scelte con criteri oculati, in modo da coprire l'intero territorio italiano.

La larghezza di mezzi e di vedute, unita all'indubbia capacità tecnica, ha portato in breve il gruppo Fininvest ad una straordinaria forza economica capace di competere direttamente con la RAI.

Una televisione del gruppo produceva un programma: lo stesso, registrato su nastro, veniva a distanza di 24 ore ritrasmesso dalle altre società del gruppo in simultanea sulle diverse radiofrequenze.

Quando un gruppo di magistrati aveva rilevato l'illegittimità di questo modo di eludere il divieto di trasmettere fuori dall'ambito locale, il 20 ottobre 1984 il governo presieduto da Bettino Craxi legittimò la questione nei termini di fatto in cui si era evoluta. Il Ministero ha tentato di dare un assetto organico alla questione facendola precedere da un censimento delle radiofrequenze per passare da un regime di Far west televisivo, ad uno disciplinato da atti amministrativi di concessione.

[modifica] L'irrisolto nodo Retequattro

Il tema centrale che ha bloccato qualsiasi soluzione al problema è stato dato dal fatto che la Corte Costituzionale ha dichiarato che uno stesso soggetto non può essere "padrone" di tre canali televisivi sugli otto riservati ai privati, ma solo 2. Ciò nonostante Retequattro ha continuato a trasmettere, ed anche quando al governo è salito Silvio Berlusconi, appoggiato alla Camera da una maggioranza vicina a Mediaset, non si è trovato il modo di legittimare questa situazione di fatto.

[modifica] L'Auditel e la copertura delle radiofrequenze

Un sistema di televisione commerciale, interamente basato sugli introiti pubblicitari mantenuti in crescita con le più aggiornate teniche di marketing ha spinto la televisione a cercare, innanzitutto, il consenso del pubblico, piuttosto che la qualità delle trasmissioni.

Questa ricerca spasmodica di consenso, indispensabile a sua volta per convincere gli inserzionisti della bontà del loro investimento, ha trovato nell'Auditel (gestito sostanzialmente in modo congiunto ed esclusivo da Publitalia '80 e da Sipra) uno strumento fondamentale e solo apparentemente neutrale ed obiettivo.

Come in ogni problema statistico il primo nodo è la formazione del campione. Esso è stato tratto con i criteri che garantiscono la rappresentatività dell'intero territorio italiano. Per una particolarità orografica italiana vi è una profonda differenza tra le mappe di copertura ad esempio della copertura del 90% del territorio e quella che garantisce la copertura di identica percentuale in termine di popolazione, per il concentrarsi della popolazione nelle città o al massimo nei fondovalle, salvo qualche località lanciata turisticamente.

Di fatto in Italia c'è, dal punto di vista di ricezione del segnale televisivo, una profonda assimetria tra la mappatura relativa al territorio piuttosto che alla popolazione: la Rai, perché impegnata dal disciplinare di concessione, e Mediaset per la politica seguita in sede di acquisizione dalle televisioni locali, sono i soli soggetti che coprono vaste aree di territorio, mentre i competitori riescono a coprire solo zone dove si addensa la popolazione.

Estrarre un campione basato solo sul criterio del territorio fa includere nel campione soggetti non raggiunti dalla concorrenza, falsando i dati.

[modifica] La soluzione prospettata dalla legge Gasparri

La riforma del sistema radiotelevisivo fissato dalla legge Gasparri ha affrontato in modo totalmente nuovo il problema: Mediaset e Rai rinunciavano ciascuna ad una rete per le trasmissione analogiche "in chiaro" per passare alla nuova tecnologia della televisione digitale terrestre. Le frequenze rese libere sarebbero state ridistrubuite per le trasmissioni con i nuovi standard che tecnicamente permettono un moltiplicarsi per 5 dei canali concretamente utilizzabili.

[modifica] Il Catasto delle frequenze

Il Ministero delle Comunicazioni, in sintonia con l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni hanno promosso un Catasto delle radiofrequenze per arrivare in tempi brevi ad un compiuto adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto, in base agli atti di autorizzazione.

[modifica] Voci correlate

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