Homo floresiensis
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Uomo di Flores Stato di conservazione: Fossile |
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Classificazione scientifica | |||||||||||||||||||||
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L'Homo floresiensis, dal nome dell'isola indonesiana di Flores sulla quale sono venuti alla luce i suoi resti, è una specie di ominidi vissuta fino a 18.000 anni fa e che è stata scoperta da un gruppo di ricercatori australiani e indonesiani nel settembre del 2003.
Probabilmente ha convissuto con l'Homo sapiens sapiens. I tratti di questo ominide sono a metà tra quelli dei primi ominidi e il moderno Homo sapiens. Era alto poco più di un metro, e con una capacità cranica di 380 cm3, molto inferiore non solo rispetto ai suoi contemporanei ma anche a tutti gli ominidi conosciuti che hanno preceduto l'Homo sapiens, compresi gli scimpanzé e i gorilla. Con riferimento alla scarsa altezza, gli scopritori dei fossili di Homo floresiensis ribattezzarono informalmente hobbit i membri di questa specie estinta.
Indice |
[modifica] Reperti
Il 27 ottobre 2004, sulla rivista scientifica Nature, Peter Brown, Mike Morwood, T. Sutikna, R. P. Soejono, Jatmiko, E. Wayhu Saptomo e Rokus Awe Due descrivono la scoperta di una nuova specie umana, Homo floresiensis. La scoperta è avvenuta nel 2003 in una caverna della località Liang Bua, sull'isola di Flores.
Il reperto principale è costituito dal cranio (foto) non del tutto fossilizzato forse appartenuto a una donna, vissuta circa 18.000 anni fa (altri ritrovamenti indicano un periodo tra i 95.000 e 18.000 anni per gli esemplari di questa specie). L'aspetto insolito del ritrovamento è il fatto che la donna non supera il metro di altezza, risultando l'essere umano adulto più piccolo conosciuto. Gli scienziati spiegano questa peculiarità con il fatto che a volte, in natura, gli esseri viventi che abitano spazi ristretti, come le isole, hanno la tendenza ad evolversi in forme di dimensioni molto più ridotte, fenomeno chiamato nanismo insulare (o, a volte, molto più grandi come le tartarughe delle Galápagos o delle Seicelles).
La causa possibile dell'estinzione della specie di Ebu (questo il nomignolo dato alla donna di Flores), secondo una prima interpretazione, è sopravvenuta probabilmente a causa di un'eruzione vulcanica, che ha fatto estinguere anche gran parte della fauna che costituiva la fonte di sostentamento degli ominidi. Vista la data della scoperta, è molto probabile che questa specie abbia incontrato non solo i primi abitanti dell'Australia e Nuova Guinea ma anche gli Austronesiani arrivati a Flores almeno 40.000 anni fa.
[modifica] L'incidente
Nell'aprile del 2005 la rivista scientifica Nature pubblica una notizia sconcertante: i resti di Ebu si sono misteriosamente rovinati. Il paleoantropologo indonesiano Teuku Jacob, dell'Università Gadjah Mada di Yogyakarta, aveva preso in prestito i resti per studiarli, restituendoli poi al proprietario: il Centro per l'Archeologia di Giacarta. Qui, però, l'archeologo Michael Morwood, dell'Università del New England in Australia, a capo del team che ha rinvenuto le ossa, scopre che la parte sinistra del bacino è "fracassata" (a suo dire), oltre alla presenza di rotture e perdite su varie altre ossa e sul cranio. Inoltre la seconda mascella di Homo floresiensis trovata, non ancora descritta in alcuna pubblicazione, si sarebbe spezzata mentre se ne prendeva il calco.
Teuku Jacob declina ogni responsabilità, dichiarando di avere scattato delle foto prima di spedire i fossili, foto che attestano l'integrità dei reperti. Indipendentemente dalle responsabilità, Michael Morwood ribadisce che i resti erano troppo fragili per poter essere sottoposti ad un simile trasporto.
[modifica] Discussioni
È stato suggerito potesse trattarsi di un discendente dell'Homo erectus (o di un suo sconosciuto progenitore, comune all'Homo erectus e all'Homo floresiensis), che, capitato per caso sull'isola e restato in seguito isolato, avrebbe subito un'evoluzione separata, caratterizzata dal fenomeno del nanismo insulare, conosciuto in diversi casi per le specie animali.
La piccolezza del cervello (solo 380 cc) e il rapporto tra massa cerebrale e massa corporea lo rende più prossimo anche all'australopiteco (vissuto 3,2 milioni di anni fa). La presenza di lobi frontali sviluppati, indipendentemente dalle dimensioni, sembra comunque rendere possibile che l'industria litica abbastanza raffinata trovata insieme ai resti scheletrici, sia opera di questo ominide, e ci sono dati che provano un suo utilizzo del fuoco e la caccia di animali di grande taglia.
In altri scavi dell'isola sono stati rinvenuti utensili di pietra datati a 800.000 anni fa, che potrebbero essere attribuiti all'antenato dell'Homo floresiensis.
La sua presenza contemporanea a quella dell'Homo sapiens in epoca relativamente così recente contrasta con le teorie creazionistiche.
[modifica] La tesi della microcefalia
L'appartenenza dei resti scheletrici rinvenuti ad una specie separata del genere Homo è stata molto discussa: secondo Teuku Jacob, si tratterebbe di un individuo della nostra stessa specie malato di microcefalia. In effetti, questa tesi pare ormai confermata. Da Le Scienze:
- Scavi successivi nello stesso sito hanno portato alla luce altri scheletri, anch’essi di statura ridotta, ma dal cranio normale. Secondo Eckhardt, che è primo firmatario di un articolo in proposito apparso sull’ultimo numero on line dei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), dunque, “LB1 non è un membro normale di una nuova specie, ma un membro anormale della nostra specie. LB1 appare differente se pensiamo in termini di caratteristiche europee, per il semplice fatto che è un esempio di una popolazione non europea, ma austromelanesiana; per di più, si trattava di un individuo che soffriva di un disturbo dello sviluppo, affetto in particolare da microcefalia.”
In base a tali sviluppi, la questione sembra definitivamente risolta.
[modifica] Voci correlate