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Cattedrale di S. Giorgio (Ragusa) - Wikipedia

Cattedrale di S. Giorgio (Ragusa)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Antica chiesa madre della città prima del 1693, sorgeva all’estremità est dell'abitato, nei pressi dell'attuale Giardino ibleo, dove si trova ancora il grande portale quattrocentesco, di stile gotico-catalano, unica vestigia rimasta dell'antico tempio.

La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto e restarono in piedi parte della facciata, alcune cappelle e parte della Cappella maggiore, per cui venne costruito un ampio locale adiacente alla navata sinistra del vecchio tempio, in cui poter svolgere le funzioni. Nel secondo quarto del secolo XVIII, si decise di trasferire la chiesa nel sito della vecchia di S. Nicola, che fino al secolo XVI era stata la parrocchia dei fedeli di rito greco e successivamente, passata al rito latino, era divenuta "chiesa sacramentale" di S. Giorgio. Del progetto venne incaricato nel 1738 Rosario Gagliardi, architetto di Noto, uno dei protagonisti della ricostruzione barocca, di cui questo edificio è una delle opere migliori. La prima pietra fu posta il 28 giugno del 1739, come ricorda una lapide murata sul lato destro della scalinata, e tuttavia, come ricorda l'enigmatica iscrizione posta sul lato opposto, i lavori poterono cominciare solo nel 1744.

Al Vescovo venne intitolato l'altare del transetto destro che probabilmente è posto nel luogo in cui sorgeva l'altare maggiore dell'antica chiesa. Il progetto di Gagliardi, di cui si conservano le tavole originali, è caratterizzato dalla monumentale facciata "a torre" che ingloba il campanile nel prospetto e termina con una cuspide a bulbo, richiamando i tabernacoli lignei, seicenteschi, delle chiese cappuccine. La sua collocazione al termine di un'alta scalinata e la posizione obliqua rispetto alla piazza sottostante ne accentuano l'imponenza e gli effetti plastici, creati da una lieve convessità del partito centrale e dalla presenza delle colonne libere. Due coppie di volute fanno da raccordo tra i diversi livelli ospitando, rispettivamente, le statue di S. Giorgio e San Giacomo, in basso, e quelle di S. Pietro e S. Paolo, in alto. Sulla cuspide, sotto la croce, si legge la data 1775, che indica la conclusione dei lavori della facciata, avvenuta il 5 ottobre di quell'anno con la "salita" delle campane.

Nel primo ordine del partito centrale si apre un grande portale con cornice mistilinea, ricca di fregi e rilievi a motivi vegetali, mentre le porte lignee hanno una preziosa decorazione scultorea, in sei riquadri, con la raffigurazione di episodi del martirio di San Giorgio, opera dell'intagliatore palermitano Vincenzo Fiorello, che li realizzo nel 1793. L'interno, a croce latina, con le braccia chiuse da absidi semicircolari, e' sereno ed equilibrato e viene diviso in tre navate da dieci robusti pilastri in pietra, con un'ampia zoccolatura in pece. Gli intagli che decorano il cornicione e i capitelli dei pilastri furono realizzate tra il 1779 ed il 1781 dagli scultori Giambattista Muccio e Giorgio Nobile di Ragusa. Nell'incrocio del transetto con la navata centrale si eleva la cupola di gusto neoclassico, a doppia calotta, poggiante su due file di colonne. Secondo la tradizione sarebbe stata progettata e realizzata, nel 1820, dal capomastro ragusano Carmelo Cultraro, ispirandosi alla cupola del pantheon di Parigi, ma recenti studi e riscontri archivistici ne assegnano la paternita' all'architetto Stefano Ittar.

Nelle cappelle delle navate laterali si trovano tele dei migliori artisti del settecento siciliano: D'Anna, Tresca, Manno. Sopra le porte laterali sono conservati i due simulacri che vengono portati in processione per le strade , durante la festa patronale di San Giorgio: la statua del Santo a cavallo opera dello scultore palermitano Bagnasco, che la realizzò nel 1874, e la grande cassa-reliquiario in lamina d'argento sbalzata, opera del 1818 dell'argentiere palermitano Domenico La Villa. Sulla navata centrale prospetta il grande organo (1887) a 3368 canne, capolavoro della ditta "Serassi" di Bergamo, che lo volle chiamare "Organum maximum", in quanto sintesi della sua migliore arte organaria. Nell'adiacente sacrestia si conserva un resto della monumentale “ancona” in pietra calcarea che lo scultore Antonino Gagini aveva scolpito per la vecchia chiesa di San Giorgio tra il 1573 e il 1576. Dalle rovine della chiesa furono recuperate tre nicchie e quattro statue che, pur assemblate in modo alquanto scorretto, danno tuttavia una idea della magnificenza dell'opera originaria.

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