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Alimentazione (nutrizione) - Wikipedia

Alimentazione (nutrizione)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici - Leggi il disclaimer



Indice

[modifica] Alimenti protettivi

Alcuni alimenti sono detti protettivi, indipendentemente dal loro valore plastico ed energetico, per la loro notevole importanza per il normale svolgimento dei processi metabolici. Essi sono: i cereali, i legumi, i prodotti ortofrutticoli, il latte, i formaggi, le uova, la carne in genere, i prodotti della pesca, che debbono la loro azione protettiva al contenuto di vitamine, elementi oligodinamici, aminoacidi e acidi grassi essenziali. Alcuni sono chiamati nervini, in quanto agiscono stimolando il sistema nervoso centrale e tramite questa azione influiscono sui processi di digestione e di assorbimento degli alimenti: , caffè, cacao, alcool, ecc. Altri sono detti condimenti: tra questi si trovano alcuni alimenti veri e propri (grassi, olii, sale, zucchero, miele ecc.), le sostanze aromatizzanti (aceto, prezzemolo, basilico, rosmarino, lauro, origano, ecc.) e le spezie (pepe, senape, cannella, noce moscata, chiodi di garofano, zafferano, peperoncino, ecc.) Dunque ci nutriamo di alimenti e viviamo di principi nutritivi che contengono: glucidi, protidi e lipidi che danno calorie, nonché acqua, minerali e vitamine che non danno calorie.

Il complesso delle demolizioni e trasformazioni alle quali vanno incontro nel processo digestivo gli olii, gli acidi grassi, il glicerolo, gli aminoacidi presenti negli alimenti come glucidi, semplici o complessi, o come lipidi, o come proteine, è detto catabolismo. Da prodotti intermedi e finali del catabolismo partono processi costruttivi o biosintetici detti anabolismo. Anabolismo e catabolismo nel loro insieme formano il metabolismo (trasformazione). Il metabolismo, per funzionare al meglio delle proprie prestazioni, in relazione all'età e all'attività, deve seguire delle linee guida generali ma fondamentali che riguardano la quantità e le proporzioni degli elementi nutritivi all'interno dei pasti. Le sostanze nutrienti indispensabili sono: proteine (per gli aminoacidi essenziali in esse contenuti), vitamine, minerali, acidi grassi polinsaturi. Queste sostanze devono essere presenti nell'alimentazione abituale. In assoluto non c'è l'alimento ideale che le contenga tutte nella giusta quantità e che sia quindi in grado di soddisfare da solo tutte le nostre necessità nutritive. Per cui il modo più semplice e sicuro per garantire adeguatamente l'apporto di tutte le sostanze nutrienti indispensabili, rimane quello di ricorrere ad un'ampia varietà possibile di scelta e alla più opportuna combinazione di alimenti. Variando sistematicamente e razionalmente la scelta dei cibi, può concorrere alla riduzione di uno dei più seri rischi, legati ad abitudini alimentari monotone: ingerire cioè ripetutamente e continuativamente, consumando sempre gli stessi alimenti, quelle sostanze estranee, in essi eventualmente presenti, così come composti nocivi naturalmente contenuti. La diversificazione delle scelte alimentari attenua o diluisce questi rischi potenziali, assicurando una maggiore protezione, anche attraverso un più completo apporto di vitamine e di elementi minerali. Per chi varia oculatamente l'alimentazione non c'è ragione di ricorrere a specifiche integrazioni della dieta con vitamine, proteine o altre sostanze nutrienti. Naturalmente ogni variazione deve essere praticata mantenendo l'equilibrio degli apporti nutritivi.

[modifica] I gruppi alimentari

Ogni scelta deve essere fatta nell'ambito di gruppi di alimenti che assicurino un equivalente apporto di sostanze nutritive indispensabili. Tali scelte vanno compiute variando il più possibile le combinazioni con gli alimenti degli altri gruppi.
Il gruppo delle carni, del pesce e delle uova fornisce soprattutto proteine, minerali, come ferro, zinco, rame, ecc. e vitamine del complesso B. I nutrizionisti consigliano di privilegiare le carni bianche e magre, come pollo, tacchino, coniglio. Il pesce, inoltre, ha chiaramente dimostrato una funzione protettiva e contenitiva del rischio di tumore al colon nochè di svariate patologie coronariche. Allo stesso modo é bene limitare l'apporto di carni rosse, specie se insaccate e moderare quello delle uova.

Il gruppo dei latticini comprende il latte, lo yogurt, i latticini e i formaggi. Oltre a fornire proteine e vitamine del complesso B, costituisce la principale fonte di calcio). I nutrizionisti cnsigliano di privilegiare il latte parzialmente scremato, i latticini e i formaggi meno grassi.

Il gruppo dei farinacei comprende pane, pasta e riso, altri cereali e patate. Costituisce la più importante fonte di amido e apporta vitamine del complesso B e proteine. Siconsiglia di prediligere i prodotti meno raffinati e più ricchi in fibra.

Il gruppo dei legumi secchi (anticamente chiamate "le proteine dei poveri") fornisce fibra, ferro, zinco, rame, ecc., nonché proteine che, combinandosi con quelle dei cereali, raggiungono un livellò di qualità paragonabile a quello delle più costose proteine animali. Sono infatti alimenti molto presenti nelle diete vegetariane e vegane.

I grassi da condimento, infine, vanno limitati specie il proprio stile di vita é sedentario. Sono da preferire, rispetto ai grassi animali, alcuni grassi di orgine vegetale e in particolare l'olio d'oliva.

I gruppi costituiti da frutta e verdura, infine, rappresentano importanti fonti di fibra e di provitamina A, di vitamina C, di altre vitamine e dei più diversi minerali. Questi gruppi consentono la più ampia varietà di scelta e debbono essere sempre presenti in abbondanza sulla tavola, a cominciare possibilmente dalla prima colazione. Recenti studi hanno evidenziato come una dieta ricca di questi nutrienti garantisca livelli di salute mediamente più alti e incidenza di varie patologie (coronariche, tumorali) più bassa che nei soggetti che hanno un consuto ridotto e poco vario di questi alimenti.

[modifica] La piramide alimentare

Per comprendere la relazione quantitativa fra i vari gruppi alimentari, si è creato uno schema in aiuto dei dietologi. Studi ormai classici hanno individuato che una figura geometrica ben definita (la piramide) può schematizzare i cibi e le relative quantità che bisogna assumere per effettuare una corretta alimentazione. Il principio è semplice: la piramide viene divisa da quattro rette orizzontali che delimitano cinque aree, dalla base al vertice. Per ogni settore coincide una tipologia di alimento, e la sua relativa quantità. Si basa sul calcolo della densità energetica dei cibi e non solo sulla quantità.

Alla base della piramide e quindi dell'alimentazione troviamo gli alimenti che possono essere consumati in quantità maggiore. Salendo troviamo invece, quei cibi di cui bisogna diminuire il consumo se si vuole ottenere un effetto dimagrante. Primo piano (base) - La base dell'alimentazione deve essere la frutta e le verdure. Bisogna mangiarne tutti i giorni e più volte al giorno, variando sempre il tipo di frutto o ortaggio in modo da non tralasciare nessuna vitamina o minerale. Sono molto importanti anche le fibre contenute nella frutta e nella verdura. Secondo piano - Questo è il settore dei carboidrati, (pasta, riso, cereali). Ne vanno consumate almeno 4- 5 porzioni al giorno (per una porzione si intende una fetta di pane integrale o mezza tazza di cereali o di pasta) Terzo piano - Le proteine. Indipendentemente che si tratti di proteine vegetali o animali, ne vano consumate al massimo 3-4 porzioni al giorno (una porzione equivale a 100 grammi di pollo o di salmone, una tazza di latte o 1/3 di una tazza di legumi. Quarto piano - Appartengono a questa area i grassi. Tra gli "irrinunciabili" troviamo quelli contenuti nell'olio di oliva, e nella frutta secca. Sono concesse tre porzioni al giorno (una porzione è uguale a un cucchiaino di olio d'oliva o a sette mandorle). Quinto piano (vertice) - Qui si trovano i dolci: i cibi di questo tipo vanno limitati al massimo e comunque non più di 75 calorie giornaliere Questo sistema però è costruito su una base alimentare onnivora. Nel basarsi su una base vegetariana, la struttura e le relazioni si modificano.

[modifica] La piramide vegetariana

Vegetariani è meglio di onnivori? Sicuramente a questa domanda che da sempre vede schierate le due opposte correnti di pensiero nutrizioniste non è facile rispondere. Veramente sostituire una bistecca con un piatto di legumi è la stessa cosa? Non proprio, sicuramente è possibile sostituire alimenti di origine animale con altri di origine vegetale, ma non è così semplice come sembra, la carne infatti contiene principi nutrizionali insostituibili per il nostro organismo, che ci permettono di rimanere in buono stato di salute e che non sono presenti nelle fibre vegetali. Quando è utile? Specialmente in alcune delicate fasi della vita, la carne è molto importante, ad esempio nell'infanzia e durante la gravidanza. L'attività ormonale in questi momenti dello sviluppo del corpo cambia, ed aumenta notevolmente anche il fabbisogno di vitamine e altri principi utili all'attività degli enzimi, che in natura sono presenti solo nella carne. Tuttavia le fibre vegetali hanno rispetto alla carne numerosi vantaggi, e non si tratta di vantaggi "filosofici" o "economici", ma di vantaggi in termini di digeribilità, apporto di vitamine, regolazione degli zuccheri assorbiti dal corpo. studi in questo campo hanno inoltre messo in luce come un'alimentazione a base di vegetali previene il rischio di tumori all'intestino, al seno e ai genitali, oltre che l'arteriosclerosi e limitare i livelli di colesterolo. L'alimentazione vegetariana è veramente completa? L'alimentazione vegetariana se attenta ed equilibrata è globalmente completa, ma necessita di essere integrata con vitamine "B", ferro, zinco, calcio. Questi elementi si possono "recuperare" con integratori specifici e in alimenti come il grano integrale, i legumi e la frutta ricchi di proteine nobili e indispensabili per il nostro organismo.

[modifica] Le regole del mangiar sano

Se è vero che è importante alimentarsi in maniera corretta dal punto di vista qualitativo e quantitativo, è anche vero che bisogna prestare molta attenzione alla ripartizione calorica e dei nutrienti nell'arco della giornata. Come sempre, bisogna mangiare in maniera varia, cambiando possibilmente ogni giorno il menù

  • Distribuire i pasti in maniera razionale: prima colazione sostanziosa, pranzo non troppo ricco, cena leggera, eventualmente prevedendo due spuntini a base di frutta a metà mattina e a metà pomeriggio
  • Limitare l'uso dei grassi da condimento dando comunque la preferenza a quelli di origine vegetale ed in particolare all'olio di oliva
  • Moderare il consumo di carni e salumi (tre volte alla settimana), avendo cura di eliminare il grasso visibile e facendo attenzione ai cibi ad alto contenuto di colesterolo
  • Mangiare più frequentemente pesce (almeno due - tre volte a settimana), cucinato in modo semplice
  • Garantirsi un'adeguata assunzione di fibre vegetali (consumando ogni giorno una porzione di verdura cruda ed una di verdura cotta)
  • Ridurre il consumo di sale (in particolare se si soffre di ipertensione)
  • Ridurre il consumo di prodotti ad alto contenuto di zuccheri semplici (zucchero di canna, dolci, gelati, creme, succhi di frutta, bevande zuccherine)
  • Bere alcolici con moderazione, preferendo quelli a bassa gradazione (vino, birra) e limitandone l'assunzione al momento dei pasti (un bicchiere a pasto per le persone adulte)

[modifica] La dieta mediterranea

Una alimentazione equilibrata ha come obiettivo più benessere e più salute, senza tuttavia mortificare i sensi e il piacere della buona tavola. Queste linee-guida suggeriscono un modello di comportamento alimentare che potrà essere attuato facilmente rifacendosi alle più tipiche culture alimentari di un paese mediterraneo quale l'ltalia. Questo tradizionale modello alimentare, ritenuto oggi in tutto il mondo uno dei più efficaci per star bene, è anche uno dei più vari che si conoscano e si basa principalmente sul consumo di alimenti di origine vegetale, come pane, pasta, frutta, ortaggi, olio d'oliva e moderati consumi di alimenti animali, latte, formaggi poco grassi, pesce, carni magre, come pollame e coniglio. Di conseguenza, per gli italiani seguire questi consigli può essere più agevole, in quanto rappresenta la conservazione o il recupero di abitudini tradizionali e culture regionali già note e familiari. Le industrie devono tendere a produrre alimenti a minore densità energetica, a ridotto contenuto in grassi saturi, colesterolo e sale, ma, al tempo stesso, ricchi in nutrienti essenziali (come aminoacidi, vitamine e minerali) e più ricchi in amido e fibra. Ciò va perseguito anche nell'ambito delle scelte e della preparazione degli pasti da parte dei sistemi di ristorazione collettiva come refezioni scolastiche, mense aziendali e ristoranti in genere. Anche in casa, inoltre, come nella ristorazione collettiva, è indispensabile osservare scrupolosamente le buone regole dell'igiene in tutte le fasi della preparazione, della conservazione e della distribuzione, per evitare il pericolo di infezioni e tossinfezioni di origine alimentare.

[modifica] L'acqua

Vale la pena di spendere alcune parole sulla sostanza su cui si basa la vita, e che quindi, pur non facendo parte direttamente dei processi energetici, costituisce il sostrato fondamentale di tutti i processi biomeccanici. L'acqua è il costituente fondamentale di tutti gli esseri viventi, ed è presente nell'organismo umano adulto in quantità pari al 60% circa del peso corporeo. Alla nascita raggiunge il 75% circa. La sua mancanza porta a morte in tempi più brevi del digiuno. Perdite di acqua pari al 10% di quella costitutiva dell'organismo portano all'incapacità di attività fisiche organizzative. Libera o legata con altre molecole, l'acqua svolge diverse funzioni biologiche:

  • partecipa ai fenomeni digestivi facilitando il transito e la fluidificazione del chimo attraverso il tubo gastroenterico finché i nutrienti, in soluzione, passano attraverso la parete intestinale e vengono convogliati al sangue e alla linfa.
  • è il mezzo in cui hanno luogo le reazioni metaboliche; una volta avvenuto il metabolismo il sangue, che contiene circa il 92% di acqua, trasporta i prodotti residui catabolici dalle cellule agli organismi deputati all'escrezione: reni, polmoni, pelle.
  • consente il passaggio di sostanze dalle cellule agli spazi intracellulari e ai vasi e viceversa.
  • aiuta a regolare la temperatura corporea mediante la sudorazione e il vapor acqueo eliminato attraverso i polmoni.

L'acqua è suddivisa in 2 compartimenti: intracellulare che costituisce all'incirca il 50% del peso corporeo ed extracellulare che corrisponde al 20% del peso del corpo, di cui il 5% è l'acqua del sangue e il 15% è l'acqua interstiziale. La maggior parte dell'organismo è di origine esogena, viene cioè introdotta con le bevande e con gli alimenti. Una parte è di origine endogena, perché si forma nei processi ossido-riduttivi come ultimo prodotto catabolico. Essa è di g 0.6 per grammo di glucidi, g 1 per grammo di lipidi e g 0.4 per grammo di proteine. In media l'organismo produce ml 400 di acqua al giorno. Quando l'acqua introdotta e formatasi nell'organismo equivale a quella eliminata (urine, sudore, polmoni e pelle), l'individuo è in equilibrio idrico. Il fabbisogno di acqua non è costante ma varia con l'età; infatti il lattante deve assumere più acqua rispetto all'adulto, in rapporto al peso corporeo, perché le attività metaboliche e la superficie corporea sono relativamente più elevate Per l'adulto è consigliabile un'assunzione di acqua proporzionata all'apporto calorico della razione alimentare: 1 ml di acqua per Kcaloria. Per il bambino necessitano ml 1.5 di acqua per Kcaloria.

[modifica] Le malattie

Spesso delle malattie con aberrazioni di peso corporeo e/o comportamenti alimentari come:

vengono trattate come "malattie alimentari". In realtà si tratta di una serie di disturbi eterogeni, che causano obesità, anoressia, bulimia, ortoressia, sindrome metabolica. In breve, si tratta di sintomi di disturbi somatici e/o psichici a monte. Questi sintomi sono causati in ultimo di disregolazione cronica di appetito e/o sazietà, due funzioni biologiche elementari, influenzati da numerevoli fattori fisiologici, emotivi e cognitivi.

A lungo andare è condannato al fallimento ogni tentativo terapeutico che riduce la problematica ad appelli (cognitivi) di mangiare "meglio", "diverso", "di più" o "di meno". Questo è dimostrato di numerosi studi epidemiologici, che seguono per tanti anni i loro "campioni". Vedi p. es [1], [2], [3]

Per approfondire, vedi la voce Peso corporeo umano.

Un altro fattore incerto è la definizione di peso (e di comportamento) aberrante. Dal punto di vista di mortalità, per indici di peso corporeo tra ca. 18 e 40 kg/m2, i fattori di rischio sono minimi in confronto ad altri (distress, fumo, ...). Vedi p. es. [4], [5]

Per approfondire, vedi la voce Peso forma.

[modifica] L'obesità

L'obesità è una malattia complessa dovuta a fattori genetici, ambientali ed individuali con conseguente alterazione del bilancio energetico ed accumulo eccessivo di tessuto adiposo nell'organismo. Studi su famiglie e gemelli hanno sempre sostenuto l'ipotesi di un'influenza genetica, responsabile delle cosiddette anomalie metaboliche che faciliterebbero l'insorgenza dell'obesità in presenza di alta disponibilità di alimenti e cronico sedentarismo. Esistono poi fattori individuali che possono contribuire all'eccessiva introduzione di cibo: si tratta solitamente di comportamenti impulsivi o compulsivi secondari a depressione e\o ansia. Anche alcuni farmaci possono, se utilizzati a lungo, facilitare l'insorgenza dell'obesità. In molti paesi industrializzati colpisce fino ad un terzo della popolazione adulta, con un'incidenza in aumento in età pediatrica: rappresenta quindi, senza dubbio, l'epidemiaè di più vaste proporzioni del terzo millennio e, al contempo, la più comune patologia cronica del mondo occidentale. L'obesità costituisce un serio fattore di rischio per mortalità e morbilità, sia di per sé (complicanze cardiovascolari e respiratorie) sia per le patologie ad essa frequentemente associate quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, iperlipidemia, calcolosi della colecisti, osteoartrosi. La funzione fisiologica del tessuto adiposo è quella di depositare e mobilizzare energia. I trigliceridi costituiscono circa il 90% della cellula adiposa e il 65 % del tessuto adiposo; essi rappresentano la forma di deposito di energia a più alta concentrazione e più prontamente disponibile. In un soggetto adulto medio, il tessuto adiposo è in grado di contenere una quantità di energia che va dalle 100.000 alle 200.000 kcal e di mobilizzare rapidamente energia tramite una scissione chimica dei trigliceridi in glicerolo ed acidi grassi liberi. L'obesità deriva quindi da alterazione dell'assunzione, dell'utilizzazione e del deposito delle sostanze nutritive. Recentemente l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha fissato i nuovi criteri che permettono di classificare l'obesità in base al BMI (body mass index o Indice di Massa Corporea, ottenibile dal rapporto peso\altezza al quadrato-kg\m al quadrato): come limite superiore di normalità è stato fissato un valore di BMI di 24.9, mentre sono state definite Obesità di I, II e III grado quei valori di BMI compresi rispettivamente tra 25 e 29.9, fra 30 e 39.9 e maggiori di 40. Ciò premesso, va sottolineato che il messaggio da trasmettere è di puntare ad un obiettivo realisticamente perseguibile: si deve mirare non al raggiungimento del cosiddetto peso ideale, numero astratto espressione di calcoli che hanno solo valore statistico ma di quello cosiddetto "ragionevole", intendendo, con tale termine, il peso mantenuto senza sforzo dopo i 21 anni e che permette buone condizioni di salute fisica, psichica e sociale. È stato ormai ampiamente dimostrato che è sufficiente una riduzione del 10-15% del peso iniziale per indurre significativi miglioramenti di ipertensione, diabete e patologie cardiovascolari. Tuttavia il BMI, pur essendo molto utile nella pratica ambulatoriale per la sua semplicità, fornisce una valutazione alquanto approssimativa del reale contenuto in adipe del soggetto in esame, in quanto è in grado di valutare esclusivamente la massa totale, mentre il peso corporeo è condizionato non solo dalla massa adiposa, ma anche da quella magra. Prendiamo per esempio un atleta ed un impiegato di pari peso ed altezza: essi hanno quindi lo stesso BMI, ma hanno sicuramente una diversa composizione corporea, potendo essere il primo molto magro, per prevalenza della massa magra, e molto grasso il secondo per prevalenza della massa grassa Per determinare una corretta diagnosi clinica di obesità, quindi, occorre conoscere la composizione corporea, in modo da poter discriminare l'eccesso di adiposità, cioè l'obesità vera, dall'eccesso ponderale legato anche ad altri fattori non "grassi", quali l'ipertrofia muscolare dell'atleta, la ritenzione idrica, e la costituzione scheletrica. Questa valutazione selettiva è utile non solo in fase diagnostica iniziale, ma anche nello studio successivo degli effetti della terapia dimagrante sui vari distretti corporei. Sorvolando sulla terapia dietologica, è utile soffermarci su terapie cliniche, come quella farmacologica o chirurgica. attualmente i risultati migliori si ottengono dall'integrazione dei farmaci con la terapia dietetica-cognitivo-comportamentale.

[modifica] Il controllo del peso

In Italia poco meno della metà degli adulti oltre i 30 anni è in sovrappeso, e di questi un quinto è decisamente obeso. La tendenza in questa direzione si profila già tra i bambini e gli adolescenti. L'eccesso di peso nei sui vari gradi (sovrappeso, obesità media, obesità grave) è per lo più il risultato di abitudini alimentari squilibrate dal punto di vista energetico: troppe calorie introdotte rispetto a quelle necessarie. Mantenersi nei limiti del peso ideale contribuisce a vivere meglio e più a lungo. È perciò importante mantenere, o far rientrare, il peso nei limiti normali. Ciò consente di prevenire la comparsa di malattie a più larga diffusione, come diabete, ipertensione, cardiopatia coronarica, che costituiscono tra i 30 e i 60 anni, i rischi maggiormente associati all'obesità. L'eccesso di peso va combattuto, non soltanto sotto l'aspetto estetico e per una maggior efficienza fisica, ma in generale per la salute. L'unica via per prevenire o ridurre il sovrappeso e l'obesità è nell'equilibrare la propria alimentazione, avendo cura di soddisfare l'appetito con alimenti di più basso valore energetico e ricchi di fibre vetegali. Questo equilibrio alimentare viene ritenuto utile anche per una azione preventiva contro lo sviluppo di tumori. Nelle abitudini di vita deve trovare spazio anche un idoneo esercizio fisico che, oltre a far consumare più calorie, contribuisce al buon mantenimento delle funzioni cardiocircolatorie, respiratorie e del tono muscolare. Tuttavia mettersi a dieta è spesso una decisione sofferta perché tornano alla mente tutti i fallimenti dietetici precedenti e spesso si prova una dieta sperando che sia la volta buona e che sia l'ultima. Quella che ci farà dimagrire una volta per tutte. Così però non è, perché facendo una dieta "rigida", che ci impone uno schema fisso dal quale non bisogna assolutamente uscire, non si ottengono quasi mai i risultati sperati. Schema rigido, regole ferree e desiderio di cibo proibito, mettono a dura prova la nostra volontà. Nasce così la voglia di trasgressione, si perde il controllo e si entra in una fase di "non dieta" dove si ricomincia a mangiare o meglio a rimpinzarsi di cibo inutile. Si mangia senza controllo anche se ci si era ripromessi di non farlo più. Non ci si è riusciti e quindi ci si sente in colpa. I sensi di colpa sono il punto chiave da dove nascono i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità). L'esperienza dei sensi di colpa, ripetuta nel tempo, porta all'instaurarsi e al perpetuarsi di pensieri fallimentari, depressivi che spesso sono essi stessi causa di una eccessiva ricerca di cibo, che porta inevitabilmente ad un aumento di peso. Ecco allora che la dieta seguita dalla trasgressione porta ad un recupero di peso spesso maggiore dei chili persi. Aumento di peso che di per sé è grave, ma forse sono di gravità maggiore i danni che questo ulteriore fallimento crea a livello psicologico. Chi ha vissuto l'esperienza dei sensi di colpa sa bene come diventa sempre più difficile riprovare un'altra dieta. Nasce, allora, l'apparente accettazione del proprio aspetto fisico, dei propri chili di troppo; è questa apparente calma che nasconde travagli interiori e che porta all'appagamento del cibo, al mangiare senza controllo, alla "non dieta". La non osservanza di nessuna regola ci fa vivere meglio perché solo così, se non esiste la regola, non può esserci la trasgressione. Nella trasgressione tuttavia si può trovare la strada di uscita. La trasgressione va prevista, controllata e contenuta, non evitata. Se posso trasgredire, la dieta diventa non più uno schema fisso fine a sé stesso, ma uno strumento finalizzato a modificare lo stile di vita. Il programma dimagrante che diventa anche e principalmente di mantenimento è dato dalla regola che prevede la trasgressione. Si deve cioè imparare a controllare l'assunzione di cibo e rapportala solo alla fame vera e alla voglia di cibo. Il nostro corpo è in grado di comunicarci sia la fame come bisogno generico di cibo/energia, che la voglia di cibo come ricerca di specifici nutrienti. La voglia di zuccheri nella donna è spesso un bisogno di triptofano utile per la sintesi di serotonina. Il calo di serotonina che si ha nel periodo premestruale spiega la voglia, a volte incontrollabile, di cibi dolci quali la cioccolata. Il programma alimentare che prevede dieta e trasgressione apparentemente dà un dimagrimento di entità minore rispetto all'osservanza di una dieta da 800 calorie, ma nel lungo periodo, mentre la dieta da 800 calorie fatto perdere dei chili ma li ha fatti anche recuperare, Il programma basato sul controllo alimentare avrà dato non solo una perdita di peso più o meno importante ma anche e principalmente una educazione alimentare e comportamentale. Questo avrà modificato il nostro modo di pensare dietologico, che ci permetterà di non cadere nella trappola dei sensi di colpa che ci portano verso un'obesità psicogena cronica o peggio ancora verso I'anoressia e la bulimia, dove il vomito acquista un significato liberatorio sia del cibo che di quello che rappresenta. Vanno evitati dunque tutti i metodi dimagranti che tendono a colpevolizzare chi - suo malgrado - non riesce a "stare a dieta", va cercato viceversa chi può aiutarci ad acquisire un modo di pensare dietologico corretto, che è fatto di conoscenze scientifiche rapportate sempre e solo alle proprie esigenze metaboliche. Solo un nutrizionista esperto può insegnare a soddisfarle per sempre, perché solo così, è tornare in forma.

[modifica] Terapia farmacologica

Il farmaco ideale per la terapia dell'obesità dovrebbe essere in grado di indurre perdita esclusiva di grasso corporeo senza causare effetti collaterali. Di fatto questo farmaco non esiste ancora ed è difficile ipotizzare che potrà esistere nel prossimo futuro. L'orientamento generale della ricerca farmacologica è indirizzato oggi alla ricerca di farmaci che possano agire sul dispendio energetico e\o sull'assunzione dei nutrienti con effetti selettivi sulla lipolisi (scissione dei grassi) e sull'assunzione di grassi e \o carboidrati. Le principali categorie di farmaci utilizzate sono: anoressizzanti (inducono modificazioni chimiche sul processo d'assorbimento dei lipidi), Serotoninergici (agiscono inducendo anoressia tramite la stimolazione del senso di sazietà), peptici (tutt'ora in fase di sperimentazione clinica, non è stato riconosciuto alcun uso di queste molecole nella pratica clinica per la terapia dell'obesità). Vi è infine la categoria degli ormoni, ma il loro impiego è stato bandito definitivamente per il loro effetto collaterale: gli ormoni tiroidei inducono perdita di peso anche per una significativa perdita di massa magra, vanificando la terapia. In conclusione possiamo affermare che non esiste ancora un farmaco che possa essere utilizzato a lungo termine, senza effetti collaterali e con un persistente effetto sul peso corporeo.

[modifica] Terapia chirurgica

Per i casi di obesità di alto grado, resistente a qualsiasi tipo di trattamento medico, è sempre più frequente e diffuso il ricorso alla terapia chirurgica, che ha assunto nel nostro Paese aspetti di vivace polemica circa la sicurezza e le indicazioni. Il grande obeso è un paziente ad altissimo rischio di morte precoce e di morte improvvisa, per le frequentissime complicanze cliniche associate all'eccessivo accumulo di tessuto adiposo. Il grande obeso, quindi, è un paziente che può avere effetti indesiderabili, ed a volte, inattesi, dalle terapie sia mediche che chirurgiche, che spesso devono necessariamente essere "aggressive o intensive". Le principali tecniche sono: bypass digiuno ileale (abbandonato da tempo per le gravi complicazioni), diversione bilio-pancreatica (ideata nel nostro paese, prevede l'accorciamento del tratto digestivo tramite by-pass tra sezioni di stomaco e intestino tenue), bypass gastrico (consiste nella creazione di una piccola tasca gastrica separata dalla restante porzione di stomaco mediante suture, al fine di restringerne la capacità), restrizione gastrica (Consiste in interventi che limitano l'eccessivo introito alimentare attraverso la ripartizione dello stomaco in due tasche, mediante la creazione di un bendaggio regolabile e reversibile).

[modifica] Anoressia

Per approfondire, vedi la voce Anoressia.

L'anoressia è il rifiuto di un modello di società, dove i rapporti umani vengono percepiti come innaturali. Infatti l'anoressica preferisce al rapporto con i coetanei la propria fantasia, che viaggia verso mete irrealizzabili (p.es. le può accadere di essere innamorata di un ragazzo inesistente). La ragazza avverte un bisogno forte di affermare la propria personalità, ma lo fa in maniera negativa, autodistruggendosi. Rifiuta il cibo per dimostrare di poter fare a meno di tutto (incluso l'affetto). Anoressica e bulimico sono incapaci di sopportare gravi emozioni o pesanti frustrazioni. All'origine di queste malattie vi è la necessità di comunicare in modo diverso, senza le parole, cioè digiunando o mangiando. Controllare il proprio corpo significa, per questi malati, controllare le loro ansie, l'ambiente che li circonda, di cui hanno paura. Ma si tratta di un'illusione (al pari della droga). La causa esatta di questo disordine non è conosciuta, ma gli atteggiamenti sociali nei confronti dei fattori di apparenza e dello sviluppo del corpo svolgono un ruolo nel relativo sviluppo. La circostanza interessa più frequentemente, solitamente le femmine nell'adolescenza o nell'età adulta giovane. Il vomito (spontaneo o auto-indotto) e l'uso inadeguato dei lassativi o dei diuretici sono comportamenti che possono accompagnare questo disordine. Di solito inizia con una dieta dimagrante senza controllo medico, oppure con una iniziale perdita di fame legata a un evento doloroso. Anche se il corpo è al di sotto del proprio peso ideale, la ragazza lo percepisce sempre "troppo grasso". In questo atteggiamento la ragazza può essere influenzata da spot pubblicitari (dove, per essere accettati, bisogna avere un corpo esile, agile...). Oppure può essere influenzata dall'idea di volere un corpo sottile e asciutto come tante top model. Normalmente vi sono problemi in famiglia: un padre estraneo alla vita della figlia, una madre possessiva, che induce nella figlia un forte senso di dipendenza (l'anoressica però rifiuta l'immagine del corpo materno). La ragazza teme l'apparire di quei segni corporei che segnalano l'identità femminile (seno, curve, ciclo mestruale...): in tal senso si può dire che l'anoressia esprime anche la paura di diventare adulta. Di qui l'esigenza di farsi crescere i capelli (per coprirsi) o di portarli cortissimi (per sembrare un maschio). Inizialmente la ragazza non rispetta più l'orario dei pasti, mangia poche cose a orari strani, spesso da sola. La ragazza può anche imporsi un ritmo di vita frenetico (attività scolastiche, sportive, domestiche), pur di perdere sempre più peso. Nel maschio la malattia può produrre allucinazione, delirio mistico e di onnipotenza, schizofrenia. La malattia coinvolge, col passare del tempo, tutto l'organismo: calo di temperatura e pressione e della massa muscolare, pelle disidratata e tesa, colorito giallo, occhi cerchiati e arrossati, fragilità ossea, dentaria e delle unghie, perdita di capelli e di sali (p.es. calcio e potassio), amenorrea, alterazioni cardiache ecc. La malattia viene accelerata non solo drastiche diete, ma anche da vomito volontario, abuso di diuretici, di lassativi e di farmaci anoressizzanti. La malattia diventa conclamata quando la ragazza perde più del 25% del proprio peso corporeo. Si può arrivare a pesare 28/30 kg, che è il limite della sopravvivenza. I sintomi e conseguenze possono così essere riassunti: Sintomi

  • perdita del peso di 25% o più grande
  • intolleranza fredda
  • costipazione
  • periodo mestruale, assente
  • atrofia muscolo-scheletrica
  • perdita del tessuto grasso
  • pressione sanguigna bassa
  • cavità dentali
  • predisposizione aumentata all'infezione
  • pelle macchiata o gialla
  • capelli asciutti, perdita dei capelli
  • depressione (può essere presente)

conseguenze sotto l'aspetto clinico:

  • iperattività nel comportamento della persona
  • gonfiore e dolori addominali dovuti all'eccessivo dimagrimento
  • sensazione di freddo, specie alle estremità
  • riduzione del ritmo cardiaco, fino a giungere alla brachicardia, ovvero ad un rallentamento molto forte dei battiti del cuore
  • ipotensione, ovvero pressione sanguigna bassa, sia per la massima (sistolica) sia per la minima (diastolica)
  • crescita di una peluria diffusa, il cosiddetto languo
  • ipotonia dell'apparato dirigente (stipsi), ovvero un funzionamento rallentante di tutti gli organi della digestione
  • la formazione di petecchie, ossia di piccole emorragie esterne
  • ulteriori effetti, come la mancanza di mestruazioni nelle donne (condizione reversibile), caduta dei capelli, pelle secca e squamosa, mani gialle all'interno per variazione della carotenemia, ossia del contenuto del carotene nell'organismo, ed infine osteoporosi (irreversibile)

[modifica] Comportamenti tipici dell'individuo anoressico

  • Per combattere la fame durante i "pasti" (ridotti in realtà a modesti spuntini) mangia il più lentamente possibile, interrompe i pasti non appena sente un senso di gonfiore anche minimo, o li consuma nello stesso orario, nello stesso posto e possibilmente da sola.

A volte anche la disposizione dei bicchieri e della posateria deve avere un preciso ordine, per evitare di perdere il controllo e di mangiare più di quanto stabilito in partenza.

  • Per combattere la fame tra un pasto e l'altro assume bevande molto calde che in effetti calmano un po' la fame. Anche l'uso di spezie può servire allo scopo.
  • Mette in atto quella che si chiama "alimentazione vicaria", cioè sviluppa il desiderio di veder mangiare gli altri. Forte è quindi la voglia che i genitori, i fratelli mangino magari proprio ciò che lei si è proibita. È frequente inoltre che tali pazienti collezionino ricette di cucina o preparino da mangiare agli altri. Tutto ciò provoca loro piacere e sollievo.
  • Nei momenti in cui la fame si fa più intensa compie delle vere e proprie "abbuffate virtuali", vale a dire immagina di mangiare grandi quantità di cibo, magari osservando per ore la vetrina di un negozio alimentare o guardando i cibi disegnati sulle ricette di cucina. I sogni tipici di un'anoressica riguardano sostanzialmente il cibo.
  • Per superare il senso di colpa per aver mangiato, conta minuziosamente le calorie ingerite o che avrebbe dovuto ingerire. Subito dopo i pasti intraprende una frenetica attività fisica (corre, cammina, balla) col preciso intento di smaltire quanto ingerito. Ciò fa diminuire enormemente il senso di colpa derivato dall'aver ingoiato quantità ritenute sempre troppo esagerate.
  • Se ritiene di aver mangiato troppo ricorre a mezzi di compenso come sputare il cibo, indursi il vomito, usare lassativi e diuretici in quantità.
  • Per evitare di aumentare di qualche chilo... meglio dire etto, attua un autentico controllo sul proprio corpo e sulle proprie forme. Si guarda spesso allo specchio, si prova vestiti della taglia desiderata, controlla continuamente il proprio peso sulla bilancia, si tocca il corpo per sentire le ossa (segno che le cose "stanno andando bene"). Si accorge se il cinturino dell'orologio stringe più del solito.
  • Per evitare le critiche e la disapprovazione dei familiari tende a nascondere il più possibile il proprio comportamento. È questa un'ulteriore lotta in quanto i genitori, prima o dopo insospettiti dall'atteggiamento della figlia, inizieranno a spiarla e controllarla in ogni movimento.

Lei usa quindi per lo più vestiti larghi, con l'intento di nascondere la propria condizione fisica, racconta molte bugie su quanto ha mangiato e su quanto pesa. Nasconderà e getterà via il cibo anziché mangiarlo.

  • Per evitare le critiche e la disapprovazione di amici e parenti evita il più possibile i contatti sociali, sia per non dover mangiare con loro (sarebbe "costretta" a mangiare di più) sia per eludere le considerazioni sul suo aspetto.
  • Infine la grande fonte di soddisfazione di ogni ragazza anoressica è mantenere il proprio peso o calare un po' ogni giorno. Se qualcosa va bene, se ottiene un successo, se riceve un complimento, tutto viene attribuito al suo corpo magro. L'umore pertanto è direttamente proporzionale al peso e al controllo sul corpo.

Diversamente diventa triste e ipercritica e si considera un fallimento se aumenta di un etto. La sua autostima e il valore come persona dipendono quindi esclusivamente dal suo corpo.


Si distinguono nell'anoressia momenti differenti, caratteristici di una malattia in evoluzione:

  1. Inizialmente le fatiche dovute alla restrizione alimentare vengono "rinforzate" (cioè elogiate e approvate) dai genitori, dai parenti e dagli amici, e ciò procura una grande gratificazione e soddisfazione personale, soprattutto se il disagio e la sofferenza di partenza erano considerevoli. In un secondo momento lo stress e le fatiche della restrizione vengono sostituiti da un maggior senso di energia e da un generale stato di benessere. Questo sembra essere un meccanismo biologico essenziale per la conservazione della specie: infatti nei momenti di carestia è necessario che qualsiasi animale o essere umano faccia fronte a tale emergenza con un innalzamento dell'umore e di vitalità, per sopportare meglio la difficoltà e mettersi alla ricerca di nuovo cibo.
  1. Quando termina lo stato di benessere dovuto alla perdita di peso, la mente viene via via invasa da pensieri ossessivi riguardanti il cibo. Anche questi pensieri nascono dall'istinto naturale, che governa la persona sino a quando non trova cibo per alimentarsi e quindi sopravvivere. Tale desiderio di nutrirsi è così intenso che la persona diventa sensibile a ogni odore, profumo e stimolo riguardante il cibo, e tutto il resto viene messo in secondo piano. Nasce così la paura di ingrassare e di perdere il controllo, e in effetti il rischio di abbuffate esiste, e per questo in tale fase si accentuano i rituali ossessivi e le regole rigide elencate in precedenza. L'umore diviene depresso, irritabile, ansioso, e genitori e parenti che circondano la ragazza cominciano a criticarla con insistenza.
  1. Si accentuano sempre più le emozioni negative; vengono anche compromesse le funzioni delle attività mentali superiori come la concentrazione, la memoria, la capacità di giudizio critico. Se nella seconda fase è ancora possibile studiare e ottenere buoni risultati a scuola, in questa ci si trova nell'impossibilità di seguire una normale attività sia scolastica che lavorativa. Quando la perdita di peso è particolarmente accentuata, l'iperattività viene incrementata. Frequenti sono inoltre i disturbi del sonno.

Infine, per una percentuale di ragazze che vanno incontro alla morte, nei mesi che precedono questo tragico evento scompare l'ossessione per il cibo e compare un profondo stato di depressione e di astenia. A questo punto le capacità logiche e critiche sono a tal punto compromesse che la ragazza non si rende più conto di cosa sta succedendo, e solo se obbligata e fisicamente costretta a mangiare è possibile un recupero. Dalla descrizione fatta si può comprendere come man mano che il dimagrimento si fa più severo la mente viene invasa sempre più dalla paura di perdere il controllo e di ingrassare. Questo pensiero diventa col tempo l'unica legge che governa la mente di queste ragazze, al punto che diventa impraticabile ogni tentativo di convincerle a un trattamento se non quando toccano il fondo. Dopo la guarigione molte ragazze hanno affermato che solo nella fase iniziale la capacità di comprensione sia intatta e il pensiero orientato verso un forte desiderio di dimagrire, mentre dalla seconda fase in poi la lucidità di ragionamento è compromessa. Questo fa capire che la motivazione al trattamento dovrebbe iniziare quanto prima, nella seconda fase almeno, altrimenti solo un forte processo di costrizione può far desistere una ragazza dal perseverare.

[modifica] Bulimia

Per approfondire, vedi la voce Bulimia.

È frequente che l'anoressica alterni lunghi digiuni a grandi abbuffate, dalle quali però si libera rimettendo tutto, oppure prendendo ingenti quantità di lassativi e diuretici. Bulimia significa mangiare senza fame, senza uno scopo preciso: l'unica motivazione è quella di placare uno stato di ansia (come il latte calma il neonato). Il bulimico vive la sua condizione con un senso di colpa. Infatti quando è in compagnia non cade mai in questi eccessi. Il suo aspetto fisico è normale, o comunque non così magro come nell'anoressica. Il bulimico ha un'immagine fortemente negativa di sé. Non prende mai delle decisioni. Ancor più dell'anoressica, non ammette la propria malattia. La crisi possono avere una frequenza media di 2 a settimana, per un periodo che va dai 3 mesi in poi. Spesso la bulimia è la diretta conseguenza di una drastica dieta (al pari di una crisi di astinenza da droghe pesanti).

[modifica] Alcuni dati sulla bulimia e sull'anoressia

Nel 1988 sono stati, in Italia, circa 55.000 i casi di anoressia, mentre i casi di bulimia (una variante dell'anoressia) sono stati circa 70.000. Oggi l'anoressia colpisce circa lo 0,5% dei giovani tra i 14 e i 20 anni (il 90% dei quali sono ragazze).

L'inizio della malattia avviene, in genere, tra i 12 e i 18 anni. La bulimia invece può svilupparsi tra i 12 e i 35 anni (1-2% della popolazione giovanile).

Benché la maggior parte delle adolescenti possa attraversare degli "episodi anoressici", la malattia vera e propria colpisce ragazze che hanno un'età tra i 18 e i 25 anni.

Mortalità delle anoressiche: 15% (per insufficienza cardiaca o renale o per le infezioni).

Maschi anoressici: l su 50.000 fra i 18 e i 28 anni. Maschi bulimici: l su 80.000 fra i 15 e i 24 anni.

L'anoressia è conosciuta a livello scientifico da tre secoli: il primo trattato medico è stato pubblicato a Londra nel 1694. Tuttavia, questa malattia esiste da secoli, e quasi sempre è stata vissuta come forma di protesta nei confronti dell'ambiente sociale.

Il Ministero della Sanità non ha ancora riconosciuto anoressia e bulimia come malattie sociali. Il primo Congresso multidisciplinare su queste malattie si è tenuto a Montecarlo (maggio 1993)

[modifica] Voci correlate

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