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Villa Reale di Monza - Wikipedia

Villa Reale di Monza

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Villa Reale è uno dei monumenti più importanti della città di Monza.

La facciata della Villa reale di Monza.
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La facciata della Villa reale di Monza.

La villa nacque come simbolo del prestigio e della magnificenza della corte asburgica.
L'imperatrice Maria Teresa d'Austria ne decise l'edificazione e affidò tale compito al suo quarto figlio maschio, l'arciduca Ferdinando D'Austria, che in quel tempo risiedeva a Milano e desiderava una villa fuori città per trascorrere la stagione estiva e per andare a caccia.
I lavori ebbero inizio intorno al 1777 sotto la guida del Giuseppe Piermarini (1734-1808) protraendosi fino al 1780, quando, seppur non ancora completamente terminata per problemi economici, diventa a tutti gli effetti luogo di soggiorno per la famiglia ducale. La costruzione ricorda la pianta delle classiche ville romane: un corpo centrale e due ali che si dipartono ad angolo retto.

Delle due facciate la più importante è quella a levante che dà sui gradini.
L'ingresso principale della Villa, rivolto a ponente, dà invece su due vasti cortili.
Il cortile d'onore, compreso fra i due bracci, venne chiuso per il quarto lato da una cancellata di ferro a lance dorate, in seguito ad una sommossa popolare, durante la quale la folla giunse fino alla gradinata d'ingresso.
All'entrata della corte principale campeggiano due corpi laterali: quello del Teatro a sinistra e quello della Cavallerizza a destra.
Il viale grande era un tempo fiancheggiato da giardini di aranci, di altri frutti e fiori; dopo il 1900 ogni cosa fu però trascurata.

La vasta facciata della villa, fitta di finestre spartite da lesene, è adornata di uno scalone e di una terrazza, da cui si accede al vestibolo circolare, arricchito di colonne che danno un senso di maestà all'atrio.
Di fronte all'entrata c'è la grande sala del trono o sala degli arazzi, usata anche come salone da ballo; le pareti sono ricche di decorazioni, in alto corre una balaustra di legno, cui si accede dal secondo piano.

La villa è ricca di altre sale, di corridoi pieni di aria e di luce, di salottini decorati da stucchi ed affreschi, dovuto in massima parte all'Albertolli.
Le sale più importanti sono: la sala giapponese, il salone da pranzo (l'unico ambiente ancora originale e ben conservato), il salone della musica, la biblioteca della regina, l'armeria reale ed ancora una piccola sala del trono.
Nell'anticamera dell'appartamento de re, spicca un caminetto con piastrelle a fiori ed uno splendido pavimento di legno, coi suoi disegni di fiori, delicatamente colorati, opera di Giuseppe Maggiolini.
Salendo uno scalone di marmo bianco si accede al secondo piano nobile, qui troviamo una serie di sale ornatissime, sfarzose, ma tutte di epoca posteriore a quella del primo piano.

I primi che soggiornarono alla villa furono i loro costruttori, ossia gli arciduchi Ferdinando d'Austria e Maria Beatrice; abitarono per una ventina d'anni fino alla Rivoluzione Francese. Durante gli anni della rivoluzione la villa ospitò il principe Eugenio Beauharnais, che l'abbellì e l'arricchì di fabbricati nuovi.
Si deve a lui a Napoleone anche la creazione del famoso Parco di Monza; inoltre mise la villa in collegamento con Milano tramite un viale fiancheggiato da quattro filari di platani (l'attuale viale Cesare Battisti).

Nel 1813 ritornarono gli Austriaci e la villa fu chiusa.
Venne riaperta l'anno dopo per accogliere Giovanni d'Austria; in seguito vi soggiornò il viceré del Lombardo-Veneto, l'arciduca Rainieri, che vi rimase fino al 1848 (grazie alla sua passione per la botanica il patrimonio arboreo dei giardini si arricchirono notevolmente).

Durante la guerra di indipendenza vi soggiorno Radetzky con lo Stato Maggiore austriaco.
Dopo la sconfitta di Novara, il giovane re Vittorio Emanuele II affidò al conte Vimercati la direzione delle cacce reali nella villa, aprendo così la reggia ad un nuovo splendore.

Nel 1859 la villa diventa patrimonio dei Savoia e venne radicalmente trasformata soprattutto nell'impianto decorativo degli appartamenti dell'ala sud degli architetti Achille Majnoni, Luigi Tarantola e Villamarina secondo il gusto neo-barocco allora imperante.
Il re che amò di più la Villa Reale di Monza fu Umberto I di Savoia, tanto da considerarla la sua casa: riceveva principi ed imperatori.
Dopo il suo assassinio il 29 luglio 1900, nessun sovrano tornò più alla Villa, che venne così chiusa ed abbandonata.
Le serre vennero spogliate delle piante più preziose e dei fiori più rare; l'edificio viene via via spogliato di mobili e suppellettili, infine chiuso ed abbandonato.

Nel 1921 la Villa fu data in concessione ai Comuni di Monza e Milano e visse nuovi momenti di fervore sia con l'allestimento della "Biennale delle Arti Decorative ed Industriale Moderne" (fino al 1929) sia con l'istituzione dell'ISIA (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche), scuola d'arte di respiro europeo attiva fra il 1922 ed il 1943.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale fu occupata da truppe e senzatetto che perpetrarono numerose spoliazioni, mentre a partire dall'immediato dopo guerra fino al 1990, divenne sede dell'annuale "Mostra Internazionale dell'arredamento".
Nel 1996 la villa ed i giardini sono passati in concessione gratuita ai Comuni di Monza e Milano.

Agli inizi del Duemila la villa incominciò ad essere considerata come uno dei principali monumenti della Lombardia. Infatti si provvide al suo restauro completo per potervi aprire un futuro museo al suo interno e cercando di riportare gli arredi originali delle sue stanze, che sono stati dispersi nel tempo in ministeri o istituzioni pubbliche romane o in ambasciate all'estero; di molti non si sa nemmeno quale sia stata la destinazione, facendo pensare ad una possibile sottrazione da parte di privati.
Il Serrone della Villa ospita mostre temporanee artistico-storiche.
A fianco del Serrone, è presente un ampio roseto, che ospita annualmente un concorso internazionale sulla rosa.

Indice

[modifica] La cappella

L'estremità dell'ala sinistra del palazzo è occupato dalla cappella reale, anch'essa costruita su disegno del Piermarini.
La pianta è a croce greca, con la volta a crociera sorretta da due fasce diagonali, che si spezzano per dar luogo ad un lucernario con cristalli giallo oro.
Sopra i lati dell'altare maggiore, dominato dalla tela di Maria Immacolata, attribuita alla scuola dell' Appiani, si affacciano le due piccole balconate delle tribune reali.
In fondo alla cappella, in una tribuna balconata, è installato l'organo, costruito nel 1825 dai fratelli Serassi, famosi organari bergamaschi.
All'interno della chiesa sono conservati preziosi parametri sacri per le liturgie: un pallio, un tappeto ricamato dalle arciduchesse d'Austria, una stupenda pianeta ricamata in oro ed un "apparato" liturgico ricavato da un manto prezioso donato da Guglielmo di Prussica alla regina Margherita.

Fino al 1810 nella cappella officiarono i Frati Minori di San Francesco, del vicino convento delle Grazie.
In seguito, con la soppressione delle comunità religiose, voluta da Napoleone, la cura della cappella fu affidata al clero diocesano.

Nel 1968 gli stucchi della cappella furono restaurati .

Ogni domenica la cappella è aperta al pubblico.

[modifica] Il teatro

Alla sinistra del cortile d'onore della Villa si trova l'ingresso al teatrino di corte.
Fu creato per volere di Eugenio de Beauharnais e progettato dal discepolo di Piermarini, Luigi Canonica. L'ambiente è di forma circolare ma di piccole dimensioni; spiccano il palco reale foderato di damasco rosso con qualche fregio d'orato ed il loggione da cui si ha la completa visione del sipario.

All'interno vi è una tela del famoso pittore Andrea Appiani che rappresenta Bacco giovinetto inghirlandato di fiori trascinato sopra un caprone da un gruppo di putti attraverso le ombre fantastiche di un fitto bosco.

Quando la Villa fu chiusa nel 1900, il teatrino fu adibito a magazzino.
Nel 1927 incominciarono i restauri agli affreschi. Anche se solo nel 1970 fu approvato un progetto vero e proprio di restauro, i lavori durarono cinque anni.

Il teatrino della Villa Reale, riportato al suo antico splendore, offre brillanti serate artistiche: concerti, balletti e rappresentazioni teatrali.

[modifica] La pinacoteca

Fu ordinata dal pittore monzese Erme Ripa nell'autunno del 1935 ed è situata nell'ala nord della Villa al piano rialzato; vi si accede sia dal cancello adiacente alla cappella reale, sia dai giardini, salendo per una scalinata lungo il fianco settentrionale.

Vi sono raccolte opere della scuola lombarda dal 1500 al 1800.
Alcune sale sono dedicate ai pittori monzesi: Emilio Borsa, il pittore del Parco; Pompeo Mariani, celebre soprattutto per le sue marine; Eugenio Spreafico, il pittore del paesaggio brianzolo; Mosè Bianchi, valente paesaggista e ritrattista.
Compaiono anche opere di pittore contemporanei fra cui Raffaele De Grada, Achille Funi ed Aligi Sassu; dipinti ed incisioni di Anselmo Bucci; bronzetti e dipinti dello sculture monzee Eugenio Baroni.

[modifica] La rotonda

Alle spalle del teatrino, dove si trovano i fabbricati dei rustici, una costruzione detta la "Rotonda" collega le serre agli appartamenti reali per mezzo di due porte mobili, coperte da specchi.
Fu voluta da Ferdinando in occasione del suo ventesimo anniversario di matrimonio.
È una sala circolare, mirabilmente decorata con stucchi. Sulla volta e nelle lunette si vede una serie di affreschi raffiguranti il mito di Amore e Psiche; l'autore di queste opere sono del pittore Appiani, soprannominato "Pittore delle Grazie".

L'arciduca Ferdinando usava questo luogo come sala da caffè e da conversazione.
Spesso, se vi erano ospiti che non conoscevano le meraviglie di quel luogo, ad un suo segreto cenno, faceva scomparire gli specchi e la parete, che rimaneva completamente aperta, offriva uno spettacolo fiabesco: o di fiori e piante rare o di un sontuoso banchetto, o di una festa.

Dopo il 1900, il lungo abbandono in cui restò la Villa pesò molto sulla Rotonda.
Un primo restauro ci fu nel 1938, ma dopo la Rotonda venne chiusa al pubblico ed iniziò un nuovo declino.
Solo con l'inizio del Duemila la Rotonda riacquistò il suo antico splendore e grazie alle mostre temporanee del Serrone, a volte, è possibile ammirarla.

[modifica] La biblioteca per i ciechi

Nel 1942 fu trasferito a Monza, nei fabbricati dell'ala destra della Villa Reale, il patrimonio librario della Biblioteca Nazionale per i ciechi, fondata a Genova nel 1928, ed è l'unica nel suo genere in Italia.

Agli inizi i libri erano scritti in alfabeto Braille a mano, in parte dai detenuti del carcere di Genova ed in parte dai ciechi che lavoravano sotto dettatura.
Nel 1951 si ebbero le prime macchine dattilografiche a scrittura in rilievo, che alleviarono la fatica della trascrizione sulle apposite tavolette.
Ora si è riusciti a realizzare una apparecchiatura elettronica, che ha notevolmente aumentato la produzione editoriale in Braille.

La Biblioteca è a disposizione di tutti i ciechi.
I libri vengono spediti in prestito ed anche venduti allo stesso prezzo di copertina dei libri normali per consentire ai non vendenti l'acquisto di volumi alle medesime condizioni di ogni altro cittadino.

[modifica] I giardini reali

Nei giardini il Piermarini, pur mantendo l'impianto del giardino all'italiana, inserì elementi tipici del giardino all'inglese.
La ricchezza delle visuali, la studiata disposizione del verde, delle acque, dei viali dimostrano come l'architetturra di un palazzo possa essere valorizzata dall'impiego decorativo del verde.
Nei 40 ettari di giardino circa si possono trovare: un placido ruscello, un masso che invita a sedere per gustare la vista del laghetto, poggi rocciosi e prati verdi con lo sfondo di alberi dalle forme e dalle tonalità diverse.
Sopra la sponda più elevata del lago sorge un tempietto ionico e poco più oltre si intravede la "biblioteca" dalla quale è possibile spaziare lo sguardo sui colli della vicina Brianza.
Qui sono stati appositamente raccolti ruderi antichi, provenienti da Milano e dal castello di Trezzo, dal viceré Rainieri, il quale fece costruire anche una porta gotica, fuori l'orto botanico, a mezzodì della Villa (via Boccaccio).

I giardini reali si componevano di tre parti: il giardino all'inglese, l'alberato con l'orto botanico ed il frutteto.
La collezione completa delle piante coltivate nei giardini si componeva di ben 15.200 specie, di cui alcune molto rare appena introdotte in Europa.
Nei giardini erano allevate in semilibertà svariate razze di cervi, camosci, daini ed antilopi.

La cura dei giardini era affidata a Luigi Villoresi, che vi profuse la sua intelligente genialità e la sua appassionata attività. Mirabile la xiloteca, da lui ornata, per la quale aveva fatto raccogliere non solo un saggio del tronco, della corteccia, delle radici, delle foglie, ma persino della cenere del tronco bruciato di ogni specie di pianta, che si trovavano nei giardini.

Nel 1820 il viceré Rainieri fondò una scuola di giardinaggio dove accoglieva alcuni giovani da istruire tutto a sue spese.
Fu lui ad offrire ai Monzesi la possibilità di godere delle bellezze e della frescura dei suoi giardini privati. Da allora, tranne brevi periodi, questi sono aperti al pubblico.

Da segnalare che ogni anno, nella settimana del 24 giugno in occasione della festa del patrono di Monza (San Giovanni Battista) i giardini reali ospitano uno spettacolo pirotecnico molto famoso.

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