Scandalo dei petroli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Lo scandalo dei petroli, altrimenti detto "scandalo dei 2000 miliardi", prese piede nell'autunno del 1980, per l'iniziativa di magistrati di Treviso e per l'iniziale inchiesta di un giornale locale di Treviso, allorché si parlò di una truffa all'erario per 2.000 miliardi di lire, attuata attraverso l'evasione dell'accisa prevista per la produzione dei prodotti petroliferi e l'immissione di ingenti quantitativi di carburante in una fitta rete di contrabbando.
Cessato il contrabbando nei primi anni ottanta, si segnalò un aumento considerevole dei consumi di benzina e gasolio, in controtendenza con gli altri paesi europei in cui si segnalavano forti contrazioni nel consumo dei prodotti petroliferi per la crisi delle economie occidentali colpite dagli aumenti del prezzo del petrolio. L'incremento della domanda di prodotti petroliferi dipese dal fatto che le grandi si erano viste richiedere dal mercato la benzina e il gasolio che prima arrivavano al consumo attraverso le aziende contrabbandiere.
Le indagini, iniziate nel 1978, coinvolsero 18 diverse magistrature, tra cui quella di Torino, di Venezia, di Milano e, come già ricordato, di Treviso. I diversi uffici giudiziari svolsero indagini coordinate, nel tentativo, tutt'altro che agevole, di ricostruire la dinamica dei fatti di contrabbando.
Risultò presto chiaro come questa cosiddetta truffa o scandalo fosse stato agevolato da disposizioni legislative che lo favorirono, da connivenze tra politici e uomini d'affari e tra alti funzionari e ufficiali incaricati del controllo.
Il 30 aprile 1987, il Tribunale di Torino chiude il procedimento condannando, in primo grado, gran parte dei petrolieri e dei membri della Guardia di Finanza indagati, ma negando la qualità di "registi" agli uomini politici coinvolti, tra cui Sereno Freato.