San Giorgio al Velabro
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San Giorgio al Velabro è una chiesa che sorge a Roma nella piazzetta della Cloaca Massima, luogo in cui la leggenda narra il ritrovamento dei gemelli Romolo e Remo da parte della lupa, nei pressi dell'arco di Giano Quadrifronte.
Indice |
[modifica] Cenni storici
Le origini di questa chiesa antichissima non sono ben note, ma pare che debbano risalire al secolo VI, anche se alcune fonti datino la sua costruzione ancor più anteriormente. In quel secolo, però, San Gregorio Magno (570) la innalzò a diaconia cardinalizia.
Nel secolo successivo Leone II (682-684) la restaurò e vi unì il culto di San Sebastiano. Ricaduta in rovina, Gregorio IV (827-849) la restaurò dalle fondamenta, aggiunse il portico e la fece decorare di mosaici oggi scomparsi.
Nel 1295 Bonifacio VIII ne fece titolare il cardinale Giacomo Stefaneschi che invitò Giotto a dipingerne l'abside e l'adornò di nuove decorazioni.
Nel 1705 il cardinale Imperiali fece rifare il soffitto.
Finalmente nel 1819 Pio VII concesse la chiesa alla Pia Unione del Fanciulli, governata da monsignor Satolli, che trovando la chiesa molto malandata, la restaurò, conservandole la forma primitiva.
[modifica] Il nome
Il titolo di Velabro le viene dalla località paludosa dove fu eretta, detta appunto dai Romani velabrum (a vehendis ratibus) etimologia che nel medio evo fu arbitrariamente cambiata in vellum aureum.
Nel secolo XVI veniva anche detta San Giorgio alla fonte.
Per approfondire, vedi la voce Velabro. |
[modifica] Il portico
La chiesa è preceduta da un portichetto sorretto da 15 colonne sul cui architrave si leggono i seguenti versi che vi furono incisi nel secolo XIII:
Stephanus ex Stella, cupiens captare superna |
Stefano della Stella, uomo di rara eloquenza |
Iscrizione importante perché ci parla di un restauro del secolo XIII e della origine che allora si dava alla parola Velabrum. I pilastri angolari di questo portico sono del secolo VII.
[modifica] L'interno
È a tre navate, divise da 15 colonne di marmo scanalato, di pavonazzetto e granito bigio. Il soffitto fu dipinto da Francesco Avalli. L'altar maggiore è una costruzione paleo-cristiana del vii secolo, quando ancora il prete officiava con la faccia rivolta ai fedeli. Nell'abside: affresco del Salvatore fra San Giorgio e San Sebastiano, opera primitivamente attribuita a Giotto che l'avrebbe eseguita nel 1298, ma che l'Hermanin rivendica a Pietro Cavallini. L'affresco è molto restaurato. Nella navata di sinistra: frammenti del paliotto e di un recinto presbiteriale, opera bisantina dell'epoca di Leone II e di un pluteo tempo di Gregorio IV.
Questa chiesa è aperta e officiata nel giorno del santo titolare (23 aprile) e il primo mercoldi di quaresima.
[modifica] L'attentato
Nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1993, alle ore 00.08, la chiesa fu oggetto di un attentato, un'esplosione dovuta ad un'auto bomba parcheggiata nei pressi della facciata, carica di circa 100 kg di esplosivo, che ha causato il crollo quasi totale del portico stante la chiesa.
L'esplosione ha provocato inoltre l'apertura di una larga breccia sul prospetto principale e dissesti statici alle strutture murarie della chiesa e all'annesso convento dei Padri Crocigeri.
Contemporaneamente vi fu un'altra esplosione a San Giovanni in Laterano. Complessivamente i due attentati provocarono 22 feriti. Entrambi gli attentati saranno addebitati a Cosa Nostra, inquadrati in quel periodo che fu definito dagli inquirenti "la stragi del '93".
Per approfondire, vedi la voce Cosa Nostra. |
[modifica] La ricostruzione
Il restauro ha riguardato in primis la ricostruzione del portico, completamente distrutto dall'esplosione. Si è verificato che era possibile il recupero di uno degli archi in mattoni collocati originariamente sulla trabeazione del portico, che era crollato a terra, quasi integro. L'arco è stato ricollocato nella propria sede originaria sulla campata centrale del portico attraverso una complessa opera di consolidamento e di ingabbiatura. Si sono quindi recuperati tutti gli elementi d'ornato, capitelli ionici, fasce decorate dei pilastri, trabeazione marmorea, e si è ricomposto un lacerto di affresco altomedievale, scoperto negli anni '20.
Nell'opera di ricostruzione sono stati utilizzati, per le superfici esterne del portico, tutti i mattoni di recupero; all'interno si sono impiegati mattoni nuovi fatti a mano dello stesso tipo e dimensione di quelli antichi, sui quali è stata posta la data della loro collocazione.
Anche le coperture a tetto della chiesa la cui fatiscenza aveva provocato copiose infiltrazioni d'acqua già prima dell'attentato, sono state accuratamente restaurate. Nel campanile si sono effettuati rinforzi con l'aggiunta di catene e si è proceduto alla pulitura e alla reintegrazione delle parti mancanti.
L'interno della chiesa è stato restaurato, provvedendo alla ricostruzione della breccia aperta dalla bomba sulla facciata e alla ricomposizione e alla originaria ricoilocazione dei reperti di età classica ed alto-medievale, particolarmente significativi per la storia del monumento.
Il restauro dell'affresco absidale e il rifacimento del tetto hanno completato l'intervento, eseguito dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma