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Il Cile di Pinochet - Wikipedia

Il Cile di Pinochet

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Dopo il golpe del 1973 in Cile, Augusto Pinochet, capo della risultante giunta militare, iniziò immediatamente dei radicali cambiamenti sociali. Il nuovo regime si avviò a schiacciare le istituzioni rappresentative che avevano permesso al Cile (nelle elezioni presidenziali del 1970) di diventare la prima nazione al mondo con un capo di stato marxista democraticamente eletto [Roberts, 1995]. La duratura democrazia del Cile era ora una dittatura, e l'esperimento socialista si era concluso tragicamente.

Indice

[modifica] Soppressione della sinistra

A seguito della sua ascesa al potere, l'11 settembre 1973, Pinochet bandì formalmente i partiti di sinistra che avevano costituito la coalizione "Unità Popolare" del presidente deposto Salvador Allende. Egli espresse inoltre sdegno per il richiamo del Partito Cristiano Democratico del Cile ad un rapido ritorno alla democrazia civile. Comunque non mise al bando quest'ultimo partito.

Il governo di Pinochet fu caratterizzato dalla soppressione sistematica di tutta l'opposizione di sinistra. Le violenze peggiori occorsero nei primi giorni successivi al colpo di stato, con il numero di militanti di sinistra uccisi o "scomparsi" che raggiunse presto le migliaia. Successivamente alla sconfitta di Pinochet nel plebiscito del 1989, si scoprì che circa 3.000 persone erano state uccise o fatte sparire dal regime, con diverse altre migliaia che furono imprigionate e/o torturate. Mentre alcuni gruppi più radicali, come il "Movimento della Sinistra Rivoluzionaria", erano strenui sostenitori della rivoluzione marxista violenta, viene universalmente accettato che la giunta bersagliò deliberatamente anche gli oppositori politici non violenti.

Il Cile di Pinochet fu un partecipante chiave dell'Operazione Condor, una campagna di assassini e raccolta di informazioni, spacciata per controterrorismo, condotta congiuntamente dai servizi di sicurezza cileni assieme a quelli di Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, ed Uruguay nella metà degli anni '70. I governi militari di queste nazioni sostenevano di stare neutralizzando i "sovversivi" di sinistra, ma la loro definizione del termine era estremamente ampia, ed era noto che le loro operazioni erano indirizzate contro i dissidenti politici.

[modifica] Economia

L'economia cilena era ancora traballante nei mesi successivi al colpo di stato. Poiché la giunta militare non era particolarmente abile nel rimediare alle persistenti difficoltà economiche, Pinochet nominò un gruppo di economisti che erano stati educati negli Stati Uniti all'Università di Chicago. Dato il supporto finanziario ed economico da parte di Pinochet, degli USA e delle istituzioni finanziarie internazionali, Los Chicago Boys avvocarono delle politiche neoliberiste basate sul laissez-faire, sul libero mercato e sul conservatorismo fiscale, in netto contrasto con l'intensivo programma di nazionalizzazione ed economia pianificata centralmente, portato avanti da Allende. [Valdes, 1995]

La spesa pubblica venne tagliata. Le riduzioni cumulative ai fondi per la salute ammontarono al 60% tra il 1973 e il 1988. I tagli causarono indirettamente una crescita significativa di molte malattie e problemi di salute mentale prevenibili. Questi comprendono aumenti dei casi di tifo (121%), epatite virale, ed un aumento nella frequenza e gravità di disturbi mentali tra i disoccupati. [Contreras, 1986].

Il precedente calo degli aiuti esteri avutosi durante gli anni di Allende venne immediatamente invertito dopo l'ascesa di Pinochet; Il Cile ricevette 322,8 milioni di dollari statunitensi in prestiti e crediti nell'anno successivo al golpe [Petras & Morley, 1974]. Ci fu una considerevole condanna internazionale delle violazioni dei diritti umani da parte del regime militare, questione su cui anche gli USA espressero preoccupazione. Ma gli USA furono notevolmente più amichevoli con Pinochet di quanto non lo fossero stati con Allende, e continuarono a dare al Cile un sostanzioso supporto economico negli anni dal 1973 al 1979, mentre al tempo stesso esprimevano la loro opposizione alle repressioni della giunta in sedi internazionali come le Nazioni Unite. Gli USA andarono oltre la condanna verbale nel 1976, quando posero un embargo sulla vendita di armi al Cile, che rimase in vigore fino al ripristino della democrazia nel 1989. Presumibilmente, date le preoccupazioni internazionali circa la repressione interna cilena e la precedente ostilità statunitense e le azioni contro il governo Allende, gli USA non volevano essere visti come complici delle attività di "sicurezza" della giunta. Alcuni importanti alleati degli Stati Uniti, come Regno Unito, Francia e Germania Ovest, non bloccarono la vendita di armi, approfittando della mancanza della competizione USA. [Falcoff, 2003]

Sotto Pinochet, gli stanziamenti per l'esercito e la difesa interna crebbero del 120% dal 1974 al 1979. A causa della riduzione nella spesa pubblica, decine di migliaia di dipendenti pubblici vennero espulsi da impieghi in altri settori dello stato. [Remmer, 1989]

Le politiche economiche sposate dai "Chicago Boys" e implementate dalla giunta causarono inizialmente gravi danni ai settori più poveri della società cilena. Tra il 1970 e il 1989 ci furono ampi tagli nei redditi e nei servizi sociali. Gli stipendi decrebbero dell'8%, I risparmi delle famiglie erano il 28% di quello che erano stati nel 1970 e i budget per educazione, salute e alloggi erano scesi di oltre il 20% in media [Sznajder, 1996]. Il massiccio incremento nelle spese militari e i tagli nei finanziamenti ai servizi pubblici coincisero con la diminuzione dei salari e il costante aumento della disoccupazione, che era in media del 26% negli anni 1982-1985 [Petras and Vieux, 1990] arrivando a punte del 30%.

Le politiche di Pinochet portarono ad una sostanziale crescita del Prodotto Interno Lordo, in contrasto con la crescita negativa vista nell'ultimo anno dell'amministrazione Allende. Il 20% più ricco dei percettori di reddito in conclusione fu quello che guadagnò di più da tale crescita, ricevendo l'85% dell'incremento [Schatan, 1990]. Anche il debito estero crebbe sostanzialmente sotto Pinochet, salendo del 300% tra il 1974 e il 1988.

Le politiche di Pinochet vennero lodate internazionalmente per essere riuscite a trasformare l'economia cilena e aver portato ad un "miracolo economico". Il primo ministro britannico Margaret Thatcher accreditò Pinochet per una prosperosa economia della libera impresa, e ridimensionò il mancato rispetto dei diritti umani da parte della giunta, condannando una "sinistra internazionale organizzata che è in cerca di vendetta".

A seguito del ripristino della democrazia cilena e durante le amministrazioni succesive al regime di Pinochet, l'economia cilena ha prosperato, ed oggi la nazione è cosiderata una storia di successo tra i paesi latino-americani. La disoccupazione era all'8,5% nel 2003, con un tasso di povertà stimato al 20,6% nel 2000, entrambe cifre basse per quella regione [1]. I sostenitori delle politiche economiche di Pinochet sostengono che le tre amministrazioni successive contribuirono a questo successo mantenendo e continuando le riforme iniziate dalla giunta, ma il legame tra le politiche di Pinochet e il boom degli anni '90 rimane soggetto a controversie.

La "variazione cilena" viene ancora vista da molti come un potenziale modello per nazioni che non riescono ad ottenere una crescita economica significativa. L'ultima di queste è la Russia, per la quale David Christian avvertì nel 1991 che "un governo dittatoriale che presiede sulla transizione al capitalismo sembra uno degli scenari più plausibili, anche se questo significa un alto prezzo in termini di violazioni dei diritti umani" [Christian, 1991].

[modifica] Bibliografia

  • David Christian (1991). "Perestroika and World History", Pubblicato in Australian Slavonic and East European studies Macquarie University (Sydney, Australia).
  • Falcoff, Mark (2003). "Cuba: The Morning After", p. 26. AEI Press, 2003.
  • Petras, J., & Vieux, S. (1990). "The Chilean 'Economic Miracle"': An Empirical Critique", Critical Sociology, 17, pp. 57-72.
  • Roberts, K.M. (1995). "From the Barricades to the Ballot Box: Redemocratization and Political Realignment in the Chilean Left", Politics & Society, 23, pp. 495-519.
  • Schatan, J. (1990). "The Deceitful Nature of Socio-Economic Indicators". Development, 3-4, pp. 69-75.
  • Sznajder, M. (1996). "Dilemmas of economic and political modernisation in Chile: A jaguar that wants to be a puma", Third World Quarterly, 17, pp. 725-736.
  • Valdes, J.G. (1995). Pinochet's economists: The Chicago School in Chile, Cambridge: Cambridge University Press.

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